"Altre sono le ricette per lo sviluppo. Dal tursismo alla cultura""
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“Si deve agire con tempestività per dare risposte alle tante emergenze. In Italia l’area del disagio occupazionale riguarda ormai 9 milioni di persone, consumi sono tornati ai livelli del 2000 e gli investimenti pubblici a quelli del 2003 e dove – già solo nel primo trimestre di quest’anno – hanno chiuso i battenti più di 40mila imprese”.
“Il nostro territorio non è esente da questi problemi – dice Confcommercio – Quindi siamo certi che la battaglia per evitare l’aumento di un ulteriore punto dell’Iva vedrà insieme tutta la nostra comunità, istituzioni comprese, per dire no alle previsioni già in programma dal parte del governo Monti e che attualmente il governo Letta sembra confermare”.
“In una fase in cui la crisi economica la fa da padrona va sostenuta la domanda interna e vanno sostenuti i consumi – fa notare Confcommercio – L’inasprimento dell’Iva non potrà che riflettersi sui prezzi all’utente finale, facendoli aumentare. Il che influenzerà il consumo, che diminuirà ulteriormente, perché minore è la capacità di spesa e minori sono le entrate a disposizione delle persone”.
“Con l’aumento dell’Iva si colpisce il consumo in modo indiscriminato, si colpiscono tanto più le fasce più deboli e si va a minare ulteriormente il quadro economico locale. In questa fase francamente non ne sentiamo il bisogno”.
“Sono ben altre le ricette da seguire – sostiene Confcommercio – Ricette che in alcuni casi rappresentano scelte che il governo dovrebbe fare, e che da Siena possiamo sostenere. E ricette che in alcuni casi possono risultare indirizzi utili anche a livello locale. C’è la pressione fiscale da ridurre attraverso una bonifica della spesa pubblica adottando la metodologia dei costi e dei fabbisogni standard e avanzando nell’azione di contrasto e recupero di evasione ed elusione. Insieme servono dismissioni decise di patrimonio immobiliare pubblico. Ed ancora, serve una riforma della pubblica amministrazione perché questa sia davvero efficace ed efficiente, servono liberalizzazioni e semplificazioni. Serve allo sviluppo, anche del nostro territorio, una nuova capacità di investimento degli enti locali rivedendo profondamente il Patto di stabilità interno procedendo anche nell’azione di sblocco del pagamento dei crediti delle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Quello che sicuramente non serve è un ulteriore aumento dei carichi fiscali di famiglie ed imprese; non dimentichiamo che oltre all’IVA a breve ci sarà il debutto della TARES”.
“E poi va valorizzata la risorsa turistica, a livello nazionale e locale, dal “combinato disposto” tra turismo e cultura – continua Confcommercio – Il turismo merita, anche sul piano della governance, di essere ascritto tra le grandi questioni del nostro Paese. Genera oggi circa il 9% del Pil italiano e avrebbe tutte le potenzialità per raddoppiare il suo contributo. Ma non si può certamente pensare di fare tutto questo se sul turismo non si investe davvero. Perché questo settore non è un campo d’azione residuale che, grazie alla storia e alla natura del paese, può vivere di rendita. O, dove al peggio, calare dall’alto provvedimenti come la tassa di soggiorno che, nel caso del Comune di Siena, è servita per produrre un avanzo di amministrazione (vero sig. ex Commissario?) senza che un euro sia tornato al settore, come la legge imporrebbe.”
“Urgente affrontare il nodo del costo del lavoro che ha visto nuovi recenti incrementi anche su istituti, quali l’apprendistato, che si volevano promuovere – aggiunge Confcommercio – Tra l’altro, la riduzione della flessibilità in entrata su cui si è intervenuti a gamba tesa, sottovalutando il nostro allarme, ha prodotto risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Il terziario di mercato è stato l’unico grande settore negli ultimi anni capace di creare occupazione. Ma occorre un’agenda che riconosca il ruolo delle nostre imprese e che traduca questa consapevolezza in politiche dedicate all’innovazione, all’export, alle aggregazioni di rete, al risparmio energetico”.
“Infine il credito – conclude l’associazione – Alcune centinaia di aziende hanno trovato negli ultimi due anni risposta in uno strumento prettamente locale qual è la FISES, però le esigenze riguardano migliaia di aziende di tutte le dimensioni e di tutti i settori. E’ inutile nascondersi dietro i fili di paglia, la crisi del Monte ha avuto riflessi pesanti sul credito alle imprese, con una strozzatura degli affidamenti che ha messo e mette a rischio anche aziende sane entrate in crisi di liquidità. Siamo stufi di sentire solo promesse vuote da campagna elettorale e battibecchi fasulli tra le forze politiche che continuano a mantenersi privilegi e prebende sulle spalle dei cittadini. O tutti i livelli di governo, da quello centrale fino alla più piccola comunità, iniziano a fare qualcosa di tangibile per invertire il trend della crisi o il nostro Paese rischia di perdere quel minimo di coesione sociale che ancora (per poco) resiste”.