Elevata dispersione e tariffe in aumento. 7 delle 10 città più costose sono toscane
ROMA. Ancora in aumento il costo dell’acqua: +6,6% rispetto al 2013 e +52,3% rispetto al 2007. Nel 2014 una famiglia italiana ha speso in media € 355 per il servizio idrico integrato, ma ormai in molte zone del Paese più di quanto si spenda in media per l’energia elettrica (€ 513 annui). Le regioni centrali si caratterizzano per tariffe più alte con 468 euro annuali. Le principali variazioni rispetto al 2013 si riscontrano nell’area settentrionale (+6,8%), segue l’area centrale (+6,3%) e quindi quella meridionale (+3,1%). Fra i capoluoghi di provincia, le città più care sono le toscane: Firenze, Pistoia e Prato con € 563 euro, seguono Grosseto e Siena con € 562. Il primato positivo va ad Isernia (€120, tariffa invariata rispetto all’anno precedente); segue Milano con i suoi €136 (ed un aumento dell’8,7%). I maggiori incrementi rispetto all’anno precedente si registrano a Latina e Cuneo (+17%).
L’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva ha realizzato per il decimo anno consecutivo un’indagine sui costi sostenuti dai cittadini per il servizio idrico integrato nel corso del 2014. A livello regionale il triste primato va alla Toscana: la spesa media in un anno è di €526, con una variazione del 5,6% rispetto al 2013; inoltre, sette delle dieci città più costose sono capoluoghi toscani, la cui spesa è aumentata rispetto al 2013. Non sono da meno le altre regioni centrali: le Marche (€451), con una variazione del 5,1%, e l’Umbria (€ 439) con una variazione del 4,3%. Più virtuose le regioni del nord: delle 10 città più economiche, cinque di esse sono capoluoghi delle regioni settentrionali.
Il commissario europeo Vĕra Jourová per la Giornata europea del consumatore ha affermato in maniera chiara che è urgente mettere al centro delle politiche la figura dei cittadini-consumatori, rafforzandone i diritti ed aumentando i luoghi della partecipazione.
Nell’ambito dei servizi idrici, nel nostro paese, abbiamo anche ulteriori traguardi: garantire la fornitura di acqua potabile in tutte le aree del paese, ridurre il dato sulla dispersione idrica che rimane elevatissimo, ovvero garantire a tutti l’accessibilità e la qualità nell’erogazione del servizio. Coinvolgere i cittadini nella definizione e nella valutazione del servizio, applicando il comma 461 dell’art.2 delle Legge Finanziaria per il 2008, può rappresentare un atto di coraggio da parte delle amministrazioni ed un’assunzione di responsabilità da parte di cittadini ed organizzazioni di consumatori, per considerare la qualità e l’efficienza “un bene comune”, afferma Tina Napoli, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva.
Prendendo in considerazione le singole componenti del servizio idrico integrato, la tariffa più alta per il servizio di acquedotto è applicata nella città di Reggio di Calabria (€355) con una spesa di oltre 39 volte superiore a quella riscontrata nella città di Aosta (€9). Depurazione e fognatura costano complessivamente di più a Carrara (€ 298), circa 6 volte di più rispetto a Cremona (€49). La quota fissa più elevata è a Gorizia (€99), 28 volte superiore a quella di Milano (€3,50).
Non è migliore il dato sulla dispersione idrica: in Italia in media il 37% dell’acqua immessa nelle tubature va sprecata, in aumento di tre punti percentuale rispetto al 2013. Il problema è particolarmente grave nelle aree meridionali del Paese, contraddistinte da perdite ben al di sopra della media nazionale: spiccano in negativo Calabria (60%) e Basilicata (58%).
Non va meglio al centro: nel Lazio c’è una dispersione idrica del 60% e in Abruzzo con il 53%. Relativamente più virtuose la Valle d’Aosta con il 20% di dispersione, Marche e Trentino Alto Adige con il 26%.
Nonostante il quadro poco confortante, si riscontra la presenza di agevolazioni tariffarie nel 56% dei casi. La situazione resta però molto disomogenea nelle diverse aree del Paese e le misure risultano essere spesso poco incisive. Gli aventi diritto vengono individuati in base alla soglia dell’indicatore Isee nel 79% dei casi; per quanto riguarda l’entità dell’agevolazione, nel 31% dei casi è uguale per tutti gli aventi diritto e in un ulteriore 31% è stabilita in base alla numerosità del nucleo familiare. Infine, per quanto riguarda la tipologia di agevolazione, nel 39% dei casi si configura come contributo forfettario.