Confermato il giudizio negativo sul riordino
P { margin-top: 0.18cm; margin-bottom: 0.18cm; direction: ltr; color: rgb(0, 0, 0); text-align: justify; }P.western { font-family: “Arial”,sans-serif; font-size: 10pt; }P.cjk { font-family: “Times New Roman”,serif; font-size: 10pt; }P.ctl { font-family: “Arial”,sans-serif; font-size: 10pt; }A:visited { color: rgb(128, 0, 128); }A.western:visited { }A.cjk:visited { }A.ctl:visited { }A:link { color: rgb(0, 0, 255); }
SIENA. Si avvicina un passaggio decisivo nel percorso di riordino delle amministrazioni provinciali. Entro il prossimo 30 settembre, se il quadro normativo non subirà ulteriori variazioni, si terranno le elezioni degli organi delle nuove Province da parte di sindaci e consiglieri comunali. Un passaggio che dovrebbe rappresentare una sorta di spartiacque tra vecchio e nuovo sistema.
Pur confermando il giudizio negativo sul processo di riordino degli enti provinciali, credo che, di fronte a una legge entrata in vigore, tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali debbano impegnarsi per applicarla al meglio nell’interesse dei cittadini, rendendo quindi proficuo il riassetto in atto.
Per questo serve la massima consapevolezza sui rischi e sulle opportunità che ruotano attorno alla vicenda delle Province.
Partiamo dai rischi.
Dopo il taglio ai finanziamenti da parte dello Stato, che non ha eguali in altri comparti della pubblica amministrazione, se non vi sarà un recupero di risorse e l’allentamento del patto di stabilità i bilanci delle amministrazioni provinciali sono condannati al dissesto e la paralisi dei servizi sarà inevitabile, con conseguenze pesantissime per i territori. Già oggi è sotto gli occhi di tutti il ridimensionamento dell’attività manutentiva di strade e scuole. Insomma, in assenza di una correzione di rotta sul versante finanziario, le nuove province rischiano di nascere già morte. Inoltre, Governo e Regioni devono fare al più presto chiarezza sulle funzioni attribuite ai nuovi enti e devono dare agli stessi la possibilità di mettere in atto percorsi di riorganizzazione tesi a superare la fase di precarietà. In particolare, occorre che venga discusso con la Regione Toscana quale ruolo debbano avere i territori nella costruzione delle politiche di sviluppo e attraverso quali strumenti. Tale questione è strettamente legata al riassetto delle funzioni in materia di agricoltura, turismo, formazione, lavoro (solo per fare alcuni esempi), che deve trovare risposte in tempi rapidi per evitare ritardi che possono produrre ricadute negative rilevanti. In questo quadro, particolare attenzione dovrà essere posta ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni con i compiti svolti dalla Unioni dei Comuni e a scongiurare la disparità tra i territori posti nelle aree metropolitane e quelli posti nelle nuove Province.
Se poi vogliamo che “la montagna non partorisca il topolino” bisogna provare a riflettere anche sulle opportunità che il percorso di riordino può generare.
In primo luogo la legge apre la possibilità di integrazione di alcuni servizi (es. stazione unica appaltante, ecc.) che potrebbero essere implementati sul piano locale. La nuova Provincia potrebbe diventare il luogo dove collocare tutta l’attività di progettazione e gestione dell’intero reticolo viario, il luogo dove collocare (qui servono anche correttivi normativi) tutte le attività di difesa del suolo, di bonifica, di forestazione, superando quell’eccesso di frammentazione che caratterizza questi comparti. Ragionamenti analoghi potrebbero essere fatti per altri servizi al fine di produrre economie di scala e semplificazioni in grado di far costare meno la macchina pubblica e liberare risorse da destinare alle manutenzioni, o per alleggerire la pressione fiscale sui cittadini.
In secondo luogo, il nuovo ente potrebbe diventare quella cabina di regia di cui si sente tremendamente il bisogno di fronte ai processi di frammentazione in atto. La disgregazione politica, istituzionale e territoriale può indebolire fortemente le Terre di Siena fino a farle diventare un’area marginale. Occorre che vi sia un luogo in grado di esprimere un punto di vista condiviso sulla programmazione regionale, definire un parco progetti per attrarre finanziamenti europei, interloquire con gli strumenti che a vario livello si occupano di sviluppo. Ciò è indispensabile se si vogliono affrontare le sfide che la crisi pone di fronte alle nostre comunità.
In terzo luogo, vorrei ricordare che a fronte delle drammatiche difficoltà sulla parte corrente del bilancio cui prima ho fatto riferimento, vi è invece sul lato delle risorse per investimenti una consistente dotazione di finanziamenti attratti da varie fonti per opere da realizzare sulla viabilità, sulle scuole e sulla difesa del suolo. Si tratta, se verranno confermati gli impegni della Regione per la Cassia, di una dote da circa 100 milioni di euro che, patto di stabilità permettendo, potrà essere in grado di portare a soluzione carenze infrastrutturali storiche e dare una boccata d’ossigeno all’economia locale. Su questa materia c’è un lavoro già impostato che deve essere portato avanti senza soluzione di continuità.
I dubbi sono tanti, ma credo che il territorio debba accettare la sfida del cambiamento evitando di subire passivamente i processi riformatori in atto. I prossimi mesi saranno decisivi al fine di provare a ridisegnare la governance istituzionale.
Su tutto questo deve crescere la consapevolezza di tutti gli attori in campo.
Simone Bezzini – presidente della Provincia di Siena