Il presidente della Provincia di Siena, Simone Bezzini, interviene sul Ddl
SIENA. “La riforma delle Province sta diventando una barzelletta tutta italiana, peccato non ci sia niente da ridere. Se la riforma del ministro Delrio dovesse andare in porto entro l’anno, cosa tutta da vedere, i cittadini si ritroveranno con un assetto istituzionale insensato, palesemente incostituzionale, dannoso per i territori e lesivo della democrazia. E’ una beffa, una mera operazione di facciata che oltretutto, come ha sottolineato la Corte dei Conti, genererà inizialmente risparmi del tutto irrisori e una successiva lievitazione dei costi sia nella fase di trasferimento di personale e funzioni ad altri enti, che nella mancata generazione di economie di scala”. E’ preoccupato il presidente della Provincia di Siena, Simone Bezzini, commentando l’ennesima fase di stallo che le Province italiane si trovano a vivere ormai da anni, paralizzate dall’incapacità dei governi di realizzare una riforma seria dell’architettura delle autonomie.
“Qui non si tratta di difendere poltrone, sia chiaro. L’Italia ha profondamente bisogno di una riforma condivisa delle autonomie locali. Ma che sia una riforma legittima ed efficace, chiara e documentata in termini di impatto sui costi. La pensano così illustri costituzionalisti, tra cui Valerio Onida, che si sono fatti promotori di un appello rivolto alle commissioni Affari costituzionali e ai gruppi parlamentari di Camera e Senato per tracciare una linea di riforma che abbia «un approccio coerente e di sistema, senza strappi, senza operazioni di pura immagine, destinate a produrre danni profondi e duraturi sulla nostra democrazia locale». Le città metropolitane e i nuovi enti che usciranno dal Ddl ‘svuota-province’ avranno comunque titolarità su settori chiave per lo sviluppo dei territori, è inaccettabile che il loro governo sia affidato a istituzioni non elette e controllate dai cittadini perché allora sì che andremmo a creare nuove zone d’ombra, un sottobosco difficilmente controllabile di interessi”.
“Da una recente ricerca del Censis sulle modalità di governo dell’«area vasta» – rincara Bezzini – emerge con chiarezza che la dimensione territoriale provinciale è centrale per lo sviluppo dei territori perché è a questo livello che si registra una capillare distribuzione di popolazione, imprese e servizi, distretti industriali, rurali e poli di attrazione turistica. Frammentare le funzioni di area vasta tra Regione e Comuni non è sensato ed è pure antieconomico: la gestione delle scuole superiori, per esempio, rischia di rivelarsi un caos con il passaggio delle competenze da 107 province a 1.300 comuni. Secondo l’Upi, conti alla mano, con il piano Delrio lo Stato pagherà almeno 2 miliardi di euro di maggiori costi, a fronte di 32 milioni di risparmi. Le Province oggi rappresentano l’1,3% della spesa pubblica, farle passare come il male del Paese è una presa in giro degli italiani”.
“A ben guardare – sottolinea Bezzini – c’è un altro grave rischio insito nella riforma e poco messo in luce nei dibattiti, la marginalizzazione dei territori a scapito delle città metropolitane, che diventeranno i veri centri propulsivi dello sviluppo, i catalizzatori delle risorse, i decisori delle strategie. Le dieci aree metropolitane avranno addirittura funzioni più estese, e poteri maggiori, rispetto alle attuali Province, che diverranno di fatto ‘gusci vuoti’ in territori di ‘serie B’. Un disegno che tradisce e mortifica la storia della provincia di Siena, che finora ha visto i singoli territori svolgere ruoli da protagonisti, con peculiarità manifatturiere, agricole e turistiche e una tradizione di governo di area vasta che ha determinato coesione sociale e sviluppo economico. Per una provincia marginale si prospettano forti limiti per lo sviluppo futuro e questo è un tema che dovrebbe interessare tutti”.
“Per questo torno nuovamente ad appellarmi a tutti i soggetti istituzionali e non presenti sul territorio senese, affinché su questi temi e sullo sviluppo futuro delle Terre di Siena nasca rapidamente una discussione seria e non demagogica. Oggi c’è grande indifferenza, ma se la riforma venisse approvata sarà molto difficile, in futuro, garantire uno sviluppo del nostro territorio adeguato alle sue capacità e potenzialità”.