Davanti al Consiglio di Amministrazione tutte le "rimostranze" dei dipendenti
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Sotto gli occhi del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Siena, domani mattina (25 febbraio) sarà posto uno scenario di quelli che nessun cda – di ente pubblico o privato – vorrebbe mai vedere.
“L’ateneo con il buco intorno”, come in modo tristemente ironico hanno lamentato i dipendenti in protesta, potrebbe vedere dolorosamente allargarsi la voragine dei debiti a suo carico. Attraverso uno stillicidio di cause “e concause” che, al momento, si possono “definire” senza soluzione di continuità
Oltre alle spese fuori bilancio – come già detto, inezie legate ad una gestione superficiale del bene università – ci sarà da affrontare il tema dei contenziosi di lavoro. Ben 23 contenziosi di lavoro sono stati presentati all’Università di Siena e oltre 80 sono i pre-contenziosi che potrebbero ancora sfociare in cause vere e proprie.
Si tratta di una somma parziale (quella richiesta dai dipendenti in causa) di 1 milione 10mila 877 euro. Somma parziale in quanto la maggior parte dei contenziosi sono indicati con un vaolre indeterminato.
Nello specifico: il primo contenzioso è quello mosso dai collaboratori esperti linguisitici. La causa collettiva fondata sul contratto collettivo integrativo firmato nel 2006 verte sul pagamento dello stipendi del mese di maggio 2010. L’udienza di appello è prevista nel 2013. Ma i collaboratori linguistici non si sono fermati e chiedono, sempre tramite contenzioso, il pagamento degli stipendi per il periodo (giugno – dicembre 2010).
Ci sono poi le diffide mosse per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro da determinato a indeterminato.
La causa “esempio” di una collaboratrice dell’Università davanti al Giudice del Lavoro – causa andata a buon fine per la dipendente – avrebbe aperto la strada ad una serie di pari cause. Nella sentenza si ingiunge alla Pubblica Amministrazione di trasformare il rapporto di contratto a tempo indeterminato ed ha aggiunto, a carico dell’ente pubblico, anche gli oneri di liquidazione e risarcimento danni. Le “informali impugnazioni” di fine rapporto allo stato attuale, sono 89 e l’Ateneo dovrà tenere conto di un eventuale avvio di procedure anche da parte di questi dipendenti. Ovviamente l’Università potrà impugnare la sentenza e allontanare così, di qualche tempo, l’eventuale ingente esborso. E magari sperare anche in un ribaltamento della sentenza.
Anche alcuni dipendenti di E.P. (elevata professionalità) hanno fatto ricorso contro l’Ateneo per ottenere il pagamento della retribuzione legata agli incarichi ricevuti e non ancora liquidati. Cifre di poco conto, queste ultime. Nulla a che vedere con il carico “gravoso” di quelle che l’Università potrebbe sborsare se perdesse la causa con i 25 tecnico amministrativi stabilizzandi che hanno contestato all’Università l’interruzione del rapporto di lavoro ed hanno notificato all’ateneo un ricorso giurisdizionale per ottenere una sentenza costitutiva del rapporto di lavoro a tempo ideterminato.
Problemi anche con gli specializzandi di area medica alcuni dei quali, forti di una sentenza della Corte di Appello di Genova, potrebbero presto muovere una richiesta di risarcimento per vedersi riconosciuti il diritto ad essere indennizzati.
Poco contenti di come è stato gestito il loro contratto di lavoro anche alcuni professori a contratto i quali hanno chiesto di essere pagati per il loro operato all’interno dell’ateneo. Senza sconti o omissioni di sorta. La procedura è ancora in fase pre-giudiziale.
Tra i dirigenti, oltre all’ex da Loriano Bigi che ha chiesto i suoi stipendi arretrati (oltre 100mila euro) pare sia in vista di una nuova azione legale: quella dell’Architetto Gianni Neri, il quale avrebbe inviato un sollecito legale per vedersi linquidate le indennità di risultato per gli anni in cui ha svolto l’incarico di Dirigente dell’area edilizia.
Per chiudere il poco incoraggiante quadro ci sono anche alcuni pre-pensionamenti non andati proprio a buon fine… ed un rapporto travagliato con i sindacati sfociato in una prima azione legale (vinta dall’ateneo in primo grado) legata alla mancata attivazione delle procedure per le Peo e, forse, in una seconda azione – al momento solo minacciata – che riguarderebbe il mancato pagamento dell’accessiorio al personale tecnico.
Quello che salta agli occhi è il numero, ancora più delle cifre, dei contenziosi. Un numero che pone numerosi dubbi. Delle due l’una: o si tratta di un “assoalto ad una diligenza che non porta tesori” oppure qualcosa nell’operazione di “sfrondamento” dei dipendenti non è andata come doveva.