L'analisi del 2011 è impietosa. Una classe dirigente in crisi che si ostina a non cambiare rotta
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di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Nell’ultimo giorno dell’anno – un ricco 2011 che certo non ci ha annoiato – guardare a quanto è avvenuto negli ultimi 365 giorni nella città del Palio risulta di grande utilità per capire cosa ci riserva questo 2012 alle porte.
Gli anni non si susseguono a caso. Quanto vissuto l’anno precedente non si cancella stappando lo spumante allo scoccare della mezzanotte. E, in virtù di questa logica schiacciante e non confutabile, il 1° gennaio ci troverà forse stanchi per i bagordi della sera prima ma senza dubbio uguali a noi stessi, con la vita che abbiamo costruito ora dopo ora, giorno dopo giorno.
Cosa ha riservato questo 2011 ai senesi?
Trascurando la nuova Giunta Ceccuzzi – una “continuità” con la vecchia Cenni che era più prevedibile – le vere novità hanno riguardato le colonne portanti della società senese. L’Università, la Banca, la Fondazione, l’ospedale.
Se il Comune continua a reggere sotto le continue sollecitazioni telluriche è solo grazie ad una ostinazione senza precedenti, mista a continui tentativi di ristabilire un equilibrio politico che, da solo, non potrà certo essere la panacea a tutti i mali che affliggono la città. Ma questo ancora non si è capito. O non si vuole capire.
Gli indagati a vario titolo nei due filoni di inchiesta dell’Ateneo – buco e elezione del rettore – sono venuti fuori solo qualche settimana fa. Migliaia e migliaia di pagine di intercettazioni per cercare di scoperchiare una pentola colma di ogni tipo di abusi e inciuci. I magistrati sembra che abbiano potuto constatare che la secolare istituzione universitaria era praticamente utilizzata come un mezzo per rinsaldare amicizie, per rinforzare il proprio potere, per fare favori ad amici, per “osannare” i baroni e le eminenze grigie che, dai palazzi del centro – e pure in qualche villa fuori città – stabilivano chi doveva essere messo dove. Proprio come in un gioco di scacchi. Ma molto meno nobile!
In questo gioco erano chiamati tutti. Dai dirigenti ai docenti, dai tecnici amministrativi fino ai sindacalisti. Già, proprio a quelli. A quelli che, in poche parole, erano chiamati a tutelare i lavoratori, la struttura portante dell’Università. Quelli che – e riconosco la mia scarsa lucidità nel guardare il mondo così com’è oggi – avrebbero dovuto fare da paladini della “rettitudine” di chi amministrava. Balle! Questi personaggi – non tutti ovviamente, ma una piccola parte che risulta oggi sospesa dagli incarichi – hanno abbandonato il ruolo di “controllori” per una manciata di “favori” e per qualche privilegio che era loro concesso proprio per “addolcirli”. Un fiume di soldi pubblici finito forse anche nelle tasche di alcuni sotto gli occhi di chi doveva controllare e non ha controllato.
Non escludiamo che, tra le persone indagate, ci siano quelle che hanno semplicemente fatto finta di non vedere per non essere “mandate a casa” o “emarginate”. Ma, ci domandiamo, la gravità di un comportamento, sebbene sottoposta ad una scala di valori, rende una persona meno “responsabile”?
La magistratura è a lavoro anche su altre vicende. Da Ampugnano – con l’illustre Giuseppe Mussari tra gli iscritti – alla nota vicenda collegata alla Polizia Provinciale e agli “abusi d’ufficio” di qualche dipendente. Un quadro che appare logoro, poggiato ancora su rapporti di tolleranza se non di connivenza. Una coltre che sovrasta la città e che, ormai, le impedisce di respirare.
Passiamo poi alla questione Mps. Come per le inchieste sull’ateneo, abbiamo dovuto aspettare il dopo elezione per conoscere in parte la verità sulla condizione del terzo polo bancario italiano. Siamo passati dalle dichiarazioni politiche di chi sosteneva l’intoccabilità della quota del 51 per cento della Fondazione – con relativo pauroso indebitamento dell’azionista di maggioranza assoluta alla sottoscrizione della ricapitalizzazione – a quelle più recenti che, molto semplicemente, garantiscono il controllo della banca anche con un più modesto 30 per cento.
In questo caso la discontinuità – di opinione – è stata l’unica strada possibile.
Adesso gli scenari sono catastrofici: si parla di una Fondazione nelle mani dei creditori, di una banca in seria difficoltà, di una sfiducia dei mercati che lascia sgomenti.
Mps, banca dal 1472 – come campeggia anche sugli alberini di Natale in alcune agenzie fuori Siena – è ad una svolta epocale. Dolorosa.
Eppure, invece della ricerca di soluzioni – ammesso e non concesso che ce ne siano – si cercano sostituti alla leadership. Si cercano nuovi presidenti e provveditori, nuovi direttori amministrativi… E il termine “nuovo” è un eufemismo. Si è tornati a respirare l’aria dei conflitti politici nei salotti della città. Gli interessi di “partito” stanno tirando funi attaccate – ancora – al collo di una città asfittica e impoverita. E chi ha dominato la città negli ultimi decenni – e ci riferiamo a quelli che non si vedono e non a quelli che si vedono – spera di continuare a farlo, magari con qualche aiuto romano, con nuove forze da inglobare. Nuovi inciuci da fare.
Tuttto questo mentre i senesi restano a guardare.
L’Osservatorio nato qualche mese fa attacca manifesti per richiamare l’attenzione della città. Ma la città resta in silenzio.
Ci si gode l’atmosfera natalizia, le luminarie, l’aria frizzante di un principio d’inverno che non ha destato grossi tremori.
Sembra tutto surreale. Anche gli indignati sono a riposo, come se l’indignazione – portata all’esasperazione da questi pochi, occulti governanti della città – si potesse permettere di andare in ferie.
Cosa c’è sotto l’albero di Natale dei senesi? (Ammesso che ci sia ancora un albero)
Cosa accadrà nel 2012? Forse non è poi tanto un mistero…
E le stelle stanno a guardare!
Gli anni non si susseguono a caso. Quanto vissuto l’anno precedente non si cancella stappando lo spumante allo scoccare della mezzanotte. E, in virtù di questa logica schiacciante e non confutabile, il 1° gennaio ci troverà forse stanchi per i bagordi della sera prima ma senza dubbio uguali a noi stessi, con la vita che abbiamo costruito ora dopo ora, giorno dopo giorno.
Cosa ha riservato questo 2011 ai senesi?
Trascurando la nuova Giunta Ceccuzzi – una “continuità” con la vecchia Cenni che era più prevedibile – le vere novità hanno riguardato le colonne portanti della società senese. L’Università, la Banca, la Fondazione, l’ospedale.
Se il Comune continua a reggere sotto le continue sollecitazioni telluriche è solo grazie ad una ostinazione senza precedenti, mista a continui tentativi di ristabilire un equilibrio politico che, da solo, non potrà certo essere la panacea a tutti i mali che affliggono la città. Ma questo ancora non si è capito. O non si vuole capire.
Gli indagati a vario titolo nei due filoni di inchiesta dell’Ateneo – buco e elezione del rettore – sono venuti fuori solo qualche settimana fa. Migliaia e migliaia di pagine di intercettazioni per cercare di scoperchiare una pentola colma di ogni tipo di abusi e inciuci. I magistrati sembra che abbiano potuto constatare che la secolare istituzione universitaria era praticamente utilizzata come un mezzo per rinsaldare amicizie, per rinforzare il proprio potere, per fare favori ad amici, per “osannare” i baroni e le eminenze grigie che, dai palazzi del centro – e pure in qualche villa fuori città – stabilivano chi doveva essere messo dove. Proprio come in un gioco di scacchi. Ma molto meno nobile!
In questo gioco erano chiamati tutti. Dai dirigenti ai docenti, dai tecnici amministrativi fino ai sindacalisti. Già, proprio a quelli. A quelli che, in poche parole, erano chiamati a tutelare i lavoratori, la struttura portante dell’Università. Quelli che – e riconosco la mia scarsa lucidità nel guardare il mondo così com’è oggi – avrebbero dovuto fare da paladini della “rettitudine” di chi amministrava. Balle! Questi personaggi – non tutti ovviamente, ma una piccola parte che risulta oggi sospesa dagli incarichi – hanno abbandonato il ruolo di “controllori” per una manciata di “favori” e per qualche privilegio che era loro concesso proprio per “addolcirli”. Un fiume di soldi pubblici finito forse anche nelle tasche di alcuni sotto gli occhi di chi doveva controllare e non ha controllato.
Non escludiamo che, tra le persone indagate, ci siano quelle che hanno semplicemente fatto finta di non vedere per non essere “mandate a casa” o “emarginate”. Ma, ci domandiamo, la gravità di un comportamento, sebbene sottoposta ad una scala di valori, rende una persona meno “responsabile”?
La magistratura è a lavoro anche su altre vicende. Da Ampugnano – con l’illustre Giuseppe Mussari tra gli iscritti – alla nota vicenda collegata alla Polizia Provinciale e agli “abusi d’ufficio” di qualche dipendente. Un quadro che appare logoro, poggiato ancora su rapporti di tolleranza se non di connivenza. Una coltre che sovrasta la città e che, ormai, le impedisce di respirare.
Passiamo poi alla questione Mps. Come per le inchieste sull’ateneo, abbiamo dovuto aspettare il dopo elezione per conoscere in parte la verità sulla condizione del terzo polo bancario italiano. Siamo passati dalle dichiarazioni politiche di chi sosteneva l’intoccabilità della quota del 51 per cento della Fondazione – con relativo pauroso indebitamento dell’azionista di maggioranza assoluta alla sottoscrizione della ricapitalizzazione – a quelle più recenti che, molto semplicemente, garantiscono il controllo della banca anche con un più modesto 30 per cento.
In questo caso la discontinuità – di opinione – è stata l’unica strada possibile.
Adesso gli scenari sono catastrofici: si parla di una Fondazione nelle mani dei creditori, di una banca in seria difficoltà, di una sfiducia dei mercati che lascia sgomenti.
Mps, banca dal 1472 – come campeggia anche sugli alberini di Natale in alcune agenzie fuori Siena – è ad una svolta epocale. Dolorosa.
Eppure, invece della ricerca di soluzioni – ammesso e non concesso che ce ne siano – si cercano sostituti alla leadership. Si cercano nuovi presidenti e provveditori, nuovi direttori amministrativi… E il termine “nuovo” è un eufemismo. Si è tornati a respirare l’aria dei conflitti politici nei salotti della città. Gli interessi di “partito” stanno tirando funi attaccate – ancora – al collo di una città asfittica e impoverita. E chi ha dominato la città negli ultimi decenni – e ci riferiamo a quelli che non si vedono e non a quelli che si vedono – spera di continuare a farlo, magari con qualche aiuto romano, con nuove forze da inglobare. Nuovi inciuci da fare.
Tuttto questo mentre i senesi restano a guardare.
L’Osservatorio nato qualche mese fa attacca manifesti per richiamare l’attenzione della città. Ma la città resta in silenzio.
Ci si gode l’atmosfera natalizia, le luminarie, l’aria frizzante di un principio d’inverno che non ha destato grossi tremori.
Sembra tutto surreale. Anche gli indignati sono a riposo, come se l’indignazione – portata all’esasperazione da questi pochi, occulti governanti della città – si potesse permettere di andare in ferie.
Cosa c’è sotto l’albero di Natale dei senesi? (Ammesso che ci sia ancora un albero)
Cosa accadrà nel 2012? Forse non è poi tanto un mistero…
E le stelle stanno a guardare!