SIENA. L’acqua non si vende. Fuori l’acqua dal mercato, fuori i profitti dall’acqua. Con queste parole d’ordine è partita anche a Siena la raccolta delle firme per un referendum contro la privatizzazione dell’acqua.
Un tema, questo, che sta già oggi diventando di grande importanza.
L’acqua è ormai diventata un affare economico consistente per chi arriva a metterci le mani sopra, troppo spesso a discapito degli utenti, ovvero della collettività.
Il referendum prevede tre quesiti. Il primo punta ad abrogare l’articolo 23 bis della legge 133 del 2008 che impone per la gestione di ogni servizio pubblico una partecipazione del privato di almeno il 40%. Una percentuale che nei fatti consegna, secondo i promotori del referendum, al mercato i servizi idrici.
Il secondo quesito riguarda la forma di gestione e le procedure di affidamento del servizio idrico integrato. L’obiettivo è l’abrogazione del Codice dell’ambiente che prevede "l’affidamento ad una società per azioni".
Il terzo quesito riguarda i profitti. Si chiede di abrogare l’articolo del codice dell’ambiente che consente al gestore di caricare sulla bolletta il 7% “come pura e semplice remunerazione del capitale investito”.
Un referendum che potrebbe raggiungere in poco tempo il numero delle firme necessarie, (500 mila) visto che a pochi giorni dall’inizio della campagna sono già state raccolte 100 mila adesioni.
“Non ce lo aspettavano, molta gente nel fine settimana ha sottoscritto la richiesta di referendum” sottolinea Andrea Borgna del comitato promotore di Siena di cui fanno parte numerose associazioni.
Acqua bene comune. Anche a Siena si firma per il referendum
di Augusto Mattioli