Assente Livio Berruti, il convegno ha discusso del ruolo dei veterani dello sport
di Diego Fionda
SIENA. Entra nel vivo la prima edizione di Sport Siena Week, la settimana di eventi che la città ha voluto dedicare allo sport in ogni sua forma. Un’occasione per accogliere importanti manifestazioni e dare la possibilità a tutti gli appassionati di praticare diverse tipologie di sport, ma anche un’occasione per discutere di sport in quanto fattore fondamentale della nostra società. Così, mentre i partecipanti della Terre di Siena Ultramarathon erano impegnati nella 50, 32 e 18 km di questa mattina (2 Marzo), presso Palazzo Patrizi prendeva il via la tavola rotonda intitolata ‘Il doping come problema sociale: il ruolo dei veterani dello sport’. Un evento curato dalla sezione Mario Celli di Siena dell’Unione Nazionale Veterani dello Sport, in collaborazione con il Coni provinciale di Siena, il Master in ‘Operatore delle società sportive’ del Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali dell’Università degli Studi di Siena e la rivista ‘Progressus’, e che ha visto la partecipazione straordinaria di Michele Maffei, campione mondiale di sciabola nel 1971 e vincitore di una medaglia d’oro nella gara a squadre delle Olimpiadi di Monaco del 1972, nonché vincitore di tre medaglie d’argento sempre nella stessa competizione di Città del Messico 1968, Montréal 1976 e Mosca 1980. Non ha potuto partecipare al convegno, invece, l’altro ospite d’eccezione annunciato all’interno del programma di Sport Siena Week: il campione olimpico e primatista mondiale dei 200 metri delle Olimpiadi di Roma del 1960, Livio Berruti. Alla tavola rotonda di questa mattina hanno partecipato, inoltre, il presidente nazionale dell’Unvs, Gian Paolo Bertoni, la docente di Istituzioni di diritto e procedura penale dell’Università degli Studi di Siena, Elisabetta Antonini, lo psicologo e psicoterapeuta Giovanni Scalera, il delegato provinciale del Coni, Roberto Montermini, il responsabile anti-doping Antonino Costantino, la presidente della sezione Unvs di Siena, Luciana Francesconi, ed il presidente del Panathlon Club Siena, Alfredo Barlucchi. L’incontro è stato moderato da Giacomo Zanibelli dell’Università di Siena.
Il convegno di questa mattina è stato ideato con il chiaro intento di riflettere sul problema del doping nello sport ad ogni livello e sul ruolo che le vecchie generazioni di sportivi possono ricoprire nella lotta contro questo male. Una riflessione che ha voluto distaccarsi dall’ambito medico, solitamente al centro di questo dibattito, per focalizzare l’attenzione sul danno sociale ed umano che il doping crea nel mondo dello sport. Non è certo un mistero, infatti, che il fenomeno di atleti professionisti ed amatoriali che decidono di ricorrere a mezzi illegali per emergere stia diventando sempre più grande in questi ultimi anni ed eventi come quello di oggi vengono considerati sempre più importanti per riuscire a comprendere al meglio questo problema e cercare di trovare delle soluzioni che possano limitarne i danni. Tante le questioni affrontate dai relatori nel corso della mattinata: dall’importanza di tornare ad educare le nuove generazioni alla correttezza ed allo spirito genuino dello sport, alla necessità di dare una svolta decisiva alla lotta contro il doping nelle istituzioni italiane; dalla riflessione sul cambiamento che gli interessi economici e l’esasperazione del successo e della rivalità hanno causato nel concetto di sport, alla necessità di evitare luoghi comuni quando emergono casi di doping e di cominciare ad interrogarsi sul contesto nel quale si inseriscono, riflettendo quindi sulle cause che spingono le persone verso questa scelta ed i personaggi che la rendono possibile. Uno degli ultimi a prendere la parola è stato proprio Michele Maffei, che ha voluto sottolineare l’importanza di questo evento: “La lotta contro il doping deve essere portata avanti in modo graduale – ha spiegato – e non attraverso le azioni eclatanti ed isolate che aiutano a creare solo indignazione nell’opinione pubblica per poi cadere nel dimenticatoio, senza risolvere il problema. Eventi come questo convegno sono spesso considerati inutili, ma è proprio dalle nostre riflessioni che si deve ripartire. Il nostro ruolo di educatori può essere fondamentale nella lotta al doping, perché ci permette di aiutare le nuove generazioni a comprendere questi concetti fondamentali”.