Hanno artecipato il professor Bruno Frediani, direttore del Dipartimento Scienze Mediche e UOC Reumatologia AUO Siena e Maria Grazia Cusi, Direttore UOC Microbiologia e virologia AUO Siena
SIENA. Il tema del Covid-19 al centro del Talk Show dal titolo “Scienza, ricerca e innovazione futura – i virus come nascono e come in futuro dovremo difenderci” condotto da Viola Carignani, giornalista di RadioSiena Tv, e che ha visto la preziosa partecipazione del professor Bruno Frediani, direttore del Dipartimento Scienze Mediche e UOC Reumatologia AUO Siena e Maria Grazia Cusi, Direttore UOC Microbiologia e virologia AUO Siena.
Si è parlato di tanti aspetti che ruotano attorno al Covid: dalla sua genesi, ancora incerta, alle cure già sperimentate e quelle che invece potrebbero arrivare a breve.
“Uno dei pochi aspetti positivi di questa pandemia è che ha unito il nostro gruppo di lavoro anche da un punto di vista umano – esordisce la dottoressa Cusi – nel momento di massimo disagio abbiamo saputo fare squadra per il bene di tutti. Non abbiamo ancora certezze assolute sulla genesi del virus, se sia uscito da un laboratorio cinese o sia stato un naturale passaggio di specie che poi è arrivato all’uomo. Si tratta di un virus meno mutevole di quello della classica influenza, ma nella sua semplicità è difficile da sconfiggere. Il vaccino al momento è l’arma più efficace che abbiamo, non tanto per prevenire i contagi ma per scongiurare le forme più gravi della malattia e per ridurre la circolazione del virus, visto che i vaccinati solitamente sono meno contagiosi dei non vaccinati. Chiaramente l’efficacia dei vaccini si riduce con il passare del tempo e per questo diventa fondamentale la terza dose dopo un periodo di 6-8 mesi e probabilmente di coperture successive anche negli anni a venire.”
Chi con il Covid-19 ha avuto a che fare fin dalle prime battute nelle corsie dell’ospedale è il professor Bruno Frediani.
“All’inizio, in seguito ai primi ricoveri, abbiamo visto grande timore nei pazienti e grande incertezza nei colleghi – ammette – ed è per questo che la collaborazione di esperti specialisti di varie materie è stato importante per capire quale potesse essere il percorso di cura più efficace. Dovevamo trasmettere tranquillità ai pazienti, nascondendo le nostre incertezze, di fronte ad un virus pressoché sconosciuto e prendere decisioni rapide perché tempo da perdere non c’era. Oggi sappiamo più cose, ma quello che è incredibile è che continuano ad esserci persone, anche tra i pazienti ricoverati, che negano l’esistenza del virus, motivandola con le loro teorie. La comunicazione medica è sempre fondamentale: noi abbiamo il compito di spiegare ai pazienti cosa facciamo e cosa ci aspettiamo che accada”.
La situazione adesso è migliore rispetto a qualche mese fa, anche se la “bolla covid” continua ad essere, purtroppo, aperta.
“Tutti gli Under 60 ricoverati sono non vaccinati – prosegue Frediani – mentre tra gli over 65 diciamo che il 50% sono non vaccinati ed il 50% vaccinati, ma tra questi ultimi il decorso della malattia è più semplice e soprattutto lascia meno strascichi post guarigione”.
All’orizzonte sembrano esserci nuovi farmaci che possono aiutare di molto la lotta contro il Covid, come i monoclonali ed altre cure che sono in fase di sperimentazione.
“I monoclonali sono utili in una fase molto precoce della malattia – conclude Frediani – perché bloccano la riproduzione del virus, ma non curano la polmonite. Però attenzione. Occorre essere chiari su una cosa: qualunque cura possa esserci messa a disposizione non ci esimerà dal fare il vaccino, che resta l’arma più efficace in nostro possesso per combattere questa pandemia”.