Inaugurata in Svizzera una casa di cura contro la dipendenza
di Paola Dei
SIENA. Inaugurata in Svizzera la prima clinica per i Dipendenti della Comunicazione al Museum fur Kommunikation dove fino ad ora si potevano osservare le evoluzioni storiche dei moderni apparecchi che ci permettono di comunicare in tutto il Mondo. Aspetto positivo rispetto a ciò che erano costretti a fare i nostri avi per poter dare una notizia all’altro capo del Mondo. A questo proposito è particolarmente interessante sapere che il più antico evento della comunicazione risale ad Agamennone che comunicò alla moglie Clitennestra la sua vittoria su Troia attraverso dei segnali luminosi. Di certo da allora di strada la comunicazione ne ha fatta tanta, sia su filo, che su altri mezzi ancora più evoluti ma l’evoluzione è arrivata a degli eccessi che ci vedono 24 ore su 24 con il cellulare alla mano, con il televisore sempre acceso, con Internet utilizzata per un numero di ore improbabile. La dipendenza da questi strumenti comunicativi e tecnologici è simile al “Burn Out” con tutta una sintomatologia correlata che a lungo andare puà procurare danni sia al SNC che ad altri organi dei quali spesso non siamo più in grado di renderci conto.
“Attenzione, comunicare nuoce” è il titolo dell’iniziativa promossa dalla Direttrice del Museo Jaqueline Strauss e dal curatore Ulrich Schenk. «Comunicare, di per sé, è un aspetto fondamentale della vita, come bere o mangiare», ci spiega la direttrice del museo, Jacqueline Strauss. «Ma se ci ingozziamo o se mangiamo sempre la stessa cosa, la nostra salute ne risente. Lo stesso vale per la comunicazione. Oggi siamo bombardati di informazioni e abbiamo un accesso privilegiato ai mezzi di comunicazione e alle nuove tecnologie, ma spesso ci lasciamo travolgere da questa sovrabbondanza. Diventiamo schiavi della comunicazione o dei mezzi di comunicazione. È una sindrome paragonabile al burn-out di cui però non si parla molto». Da qui l’idea di una clinica dove viene misurato lo stato di dipendenza o repulsione dai nuovi media e dal flusso di informazioni da essi generate. Ma, considerato che è impossibile eliminare la i moderni mezzi di comunicazione o tornare indietro nel tempo qual’è la soluzione ipotizzabile epr il terzo millennio e per non farci travolgere da Internet e Co? E qual’è il giusto tempo di esposizione a qualunque tipo di comunicazione?
«Ognuno di noi ha un rapporto particolare con i media e le nuove tecnologie, le reazioni agli stimoli sono diverse e per questo è fondamentale permettere al visitatore di prendere coscienza dei limiti e dei rischi che una cattiva comunicazione comporta e offrirgli un’oasi di benessere dove potersi rilassare», prosegue Jacqueline Strauss. Nella clinica diversi colori offrono a tipologie diverse di dipendenza rimedi personalizzati.
In un angolo del museo si trovano infatti alcune cabine di ristoro, personalizzate a seconda del profilo comunicativo di ogni visitatore. La saletta verde per chi è sano come un pesce, mentre quella gialla per chi è stanco della pubblicità nella cassetta delle lettere o su internet. La rossa è destinata ai malati “gravi” che hanno bisogno di qualche attimo di meditazione in più, sdraiati su enormi cuscini neri e accompagnati da una voce femminile che li invita a chiudere gli occhi e a dimenticare ogni pensiero. Ci sono poi utili suggerimenti su come utilizzare Internet o resistere all’invasione dei cellulari o su come guardare e selezionare i programmi TV.
«Parafrasando lo scrittore statunitense Clay Shirky direi che il problema principale non è tanto la sovrabbondanza di informazioni, ma la nostra incapacità di filtrarle», ammette il curatore Ulrich Schenk. «La soluzione più semplice, dunque, è imparare a selezionare maggiormente le informazioni che riceviamo e quelle che decidiamo di trasmettere agli altri».
Ed è proprio questo un’altro degli aspetti interessanti del problema, ciò che altri spettatori passivi del nostro inquinamento acustico o messaggistico sono costretti a subire proprio come accade ai fumatori passivi. Quante volte parliamo al cellulare con un tono di voce che che supera la soglia limite e quante volte ci rendiamo conto di suoni impercettibili perché troppo sommersi da suoni forti e da rumori assordanti.
Kundera, il grande scrittore de L’insostenibile leggerezza dell’essere, afferma che comprenderemo cosa è il silenzio quando saremo in grado di sentire il rumore di un granello di sabbia che cade in un bicchiere di cristallo.
E se facessimo un sondaggio di certo le risposte sarebbero sconcertanti e allora perché non concedersi una passeggiata in mezzo alla neve dove il silenzio è quasi mistico o davanti all’immensità del mare e perché non leggere quel libro che mai ci si è decisi ad acquistare perché manca il tempo e perché non osservare il cielo e per una volta buttare via il cellulare o almeno spegnerlo….