SIENA. Si chiama bioterapia e rappresenta una nuova arma per sconfiggere il cancro. Agisce potenziando le difese immunitarie dell’organismo del paziente per poter meglio vincere la neoplasia. Uno studio italiano (“NIBIT M1”) la sperimenterà contro il melanoma, un tumore della pelle particolarmente aggressivo e in costante crescita che ogni anno nel nostro Paese fa registrare 7000 nuovi casi e 1500 decessi. La ricerca è condotta dal NIBIT, il Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori, costituito nel 2004 con la finalità di riunire in rete i più importanti centri italiani che si occupano di questo tipo di trattamento, ed è realizzata grazie alla partnership con Bristol-Myers Squibb (BMS). “NIBIT M1” utilizzerà ipilimumab, un nuovo anticorpo monoclonale di BMS, associandolo alla fotemustina, un chemioterapico standard per il melanoma. È la prima volta al mondo che viene realizzata una sperimentazione di questo tipo, una via tutta italiana contro questo tumore, presentata oggi a Milano in un incontro con la stampa. “Finora ipilimumab è stato studiato prevalentemente in monoterapia con ottimi risultati – spiega il prof. Michele Maio, direttore dell’Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena-Istituto Toscano Tumori e coordinatore dello studio -. Le potenzialità di questa nuova molecola sono enormi e la stiamo utilizzando anche nel cancro della prostata e del polmone. Dal 4 giugno scorso BMS l’ha resa disponibile per uso compassionevole per i pazienti affetti da melanoma anche in Italia. Quanto già emerso dai trial internazionali evidenzia che siamo di fronte al primo significativo passo in avanti nella lotta contro questa neoplasia, che negli ultimi 30 anni non ha fatto registrare alcun progresso. Il nostro studio arruolerà 84 pazienti colpiti da melanoma in fase metastatica, includendo sia quelli mai trattati prima sia quelli già sottoposti in precedenza a una terapia”. “NIBIT M1” è uno studio cooperativo e multicentrico e coinvolge 8 centri italiani. “Con il nostro Network – sottolinea il prof. Giorgio Parmiani, presidente del NIBIT e direttore dell’Unità di Immuno-Bioterapia del Melanoma e Tumori Solidi dell’Istituto Scientifico Fondazione San Raffaele – vogliamo favorire l’interazione scientifica e operativa dei ricercatori pre-clinici e clinici impegnati nella definizione di nuovi studi per combattere il cancro con un approccio immuno-biologico. In particolare l’immunoterapia rappresenta una forma di bioterapia: quest’ultima comprende tutti quei trattamenti che inducono modificazioni nel nostro organismo per favorire una forte reazione contro il tumore, senza distruggere direttamente le cellule malate. ‘NIBIT M1’ è il primo studio clinico al mondo destinato a valutare in maniera prospettica nuovi criteri di risposta clinica, quelli caratteristici dell’immunoterapia. Un approccio che nei prossimi 5 anni potrà cambiare in maniera significativa le modalità di valutazione della efficacia delle terapie biologiche in oncologia. Ed il melanoma rappresenta il candidato ideale per la sua applicazione”.
“Con questo studio – continua il professor Maio – vogliamo valutare l’efficacia clinica dell’aggiunta di ipilimumab alla fotemustina impiegata come trattamento standard. Inoltre, valuteremo l’efficacia del trattamento anche in pazienti con metastasi cerebrali che di norma sono esclusi dalle sperimentazioni cliniche. Per fare questo utilizzeremo anche nuovi criteri per l’analisi della risposta al trattamento identificati proprio sulla base delle risposte cliniche alla bioterapia del cancro. Ad esempio al contrario di quanto avviene con i criteri convenzionalmente utilizzati per la chemioterapia, l’iniziale progressione di malattia non significherà più il fallimento del trattamento e la necessità di interromperlo in quanto la risposta clinica potrebbe essere osservata anche proseguendo il trattamento stesso e quindi in fasi più tardive”.
Il melanoma rappresenta il 4% dei tumori della pelle ma è responsabile dell’80% dei decessi per cancro della cute. Un paziente su cinque sviluppa la forma aggressiva e avanzata della malattia, con una prognosi infausta, caratterizzata da una sopravvivenza mediana di circa 6 mesi. La sua incidenza è cresciuta ad un ritmo superiore a qualsiasi altro tipo di tumore, ad eccezione delle neoplasie maligne del polmone nelle donne, con un aumento di 10 volte negli ultimi cinquant’anni. E colpisce persone sempre più giovani, di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Non emergono significativi miglioramenti nel trattamento della malattia da 30 anni. “Con ipilimumab – afferma il prof. Maio – assistiamo a una svolta, perché questo anticorpo ha un meccanismo d’azione ‘rivoluzionario’. Agisce, infatti, al livello delle cellule del sistema immunitario, attraverso un meccanismo che rimuove i ‘blocchi’ della risposta immunitaria antitumorale. L’Italia ha svolto un ruolo essenziale nello sviluppo clinico della molecola: è l’unica terapia che ha dimostrato di migliorare in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza delle persone colpite da melanoma metastatico”. Una ricerca presentata all’ultimo congresso americano di oncologia (ASCO), che si è svolto a Chicago lo scorso giugno, ha messo in luce i risultati straordinari ottenuti grazie a ipilimumab: la sopravvivenza a un anno è quasi raddoppiata, passando dal 25% al 46%. Alla luce di questi dati, l’ente regolatorio americano per i farmaci (FDA) ha sottoposto ipilimumab a una procedura di controllo prioritario: un meccanismo riservato solo a quelle molecole che offrono importanti avanzamenti terapeutici. Anche in Europa BMS ha avviato le procedure per l’approvazione. “Il nostro studio – conclude il professor Parmiani – è la naturale continuazione di importanti trial internazionali ed è la conferma dell’eccellenza raggiunta dalla ricerca scientifica italiana, in grado di farsi valere grazie alla qualità del lavoro svolto”.
“Con questo studio – continua il professor Maio – vogliamo valutare l’efficacia clinica dell’aggiunta di ipilimumab alla fotemustina impiegata come trattamento standard. Inoltre, valuteremo l’efficacia del trattamento anche in pazienti con metastasi cerebrali che di norma sono esclusi dalle sperimentazioni cliniche. Per fare questo utilizzeremo anche nuovi criteri per l’analisi della risposta al trattamento identificati proprio sulla base delle risposte cliniche alla bioterapia del cancro. Ad esempio al contrario di quanto avviene con i criteri convenzionalmente utilizzati per la chemioterapia, l’iniziale progressione di malattia non significherà più il fallimento del trattamento e la necessità di interromperlo in quanto la risposta clinica potrebbe essere osservata anche proseguendo il trattamento stesso e quindi in fasi più tardive”.
Il melanoma rappresenta il 4% dei tumori della pelle ma è responsabile dell’80% dei decessi per cancro della cute. Un paziente su cinque sviluppa la forma aggressiva e avanzata della malattia, con una prognosi infausta, caratterizzata da una sopravvivenza mediana di circa 6 mesi. La sua incidenza è cresciuta ad un ritmo superiore a qualsiasi altro tipo di tumore, ad eccezione delle neoplasie maligne del polmone nelle donne, con un aumento di 10 volte negli ultimi cinquant’anni. E colpisce persone sempre più giovani, di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Non emergono significativi miglioramenti nel trattamento della malattia da 30 anni. “Con ipilimumab – afferma il prof. Maio – assistiamo a una svolta, perché questo anticorpo ha un meccanismo d’azione ‘rivoluzionario’. Agisce, infatti, al livello delle cellule del sistema immunitario, attraverso un meccanismo che rimuove i ‘blocchi’ della risposta immunitaria antitumorale. L’Italia ha svolto un ruolo essenziale nello sviluppo clinico della molecola: è l’unica terapia che ha dimostrato di migliorare in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza delle persone colpite da melanoma metastatico”. Una ricerca presentata all’ultimo congresso americano di oncologia (ASCO), che si è svolto a Chicago lo scorso giugno, ha messo in luce i risultati straordinari ottenuti grazie a ipilimumab: la sopravvivenza a un anno è quasi raddoppiata, passando dal 25% al 46%. Alla luce di questi dati, l’ente regolatorio americano per i farmaci (FDA) ha sottoposto ipilimumab a una procedura di controllo prioritario: un meccanismo riservato solo a quelle molecole che offrono importanti avanzamenti terapeutici. Anche in Europa BMS ha avviato le procedure per l’approvazione. “Il nostro studio – conclude il professor Parmiani – è la naturale continuazione di importanti trial internazionali ed è la conferma dell’eccellenza raggiunta dalla ricerca scientifica italiana, in grado di farsi valere grazie alla qualità del lavoro svolto”.