Più che il cibo possono la mente... e i glicocorticoidi
di Jolanta Burzynska*
SIENA. Offuscato solo un po’ dalla crisi economica, l’argomento “alimentazione e forma fisica” diventa il tema preferito delle trasmissioni televisive e dei settimanali, come ogni anno di questa stagione. Fra poche settimane, alcuni di noi – crisi permettendo – andranno al mare per sottoporsi alla famigerata “prova del costume” e la scelta di una dieta efficace e rapida diventa davvero urgente. Le più gettonate quest’anno sembrano tisanoreica, Dukan, mediterranea, zona, dissociata e, fra le più contestate, il metodo di Lemme. Pur stressando fortemente il nostro corpo, tutte le diete funzionano, finché le seguiamo. Questo è il punto: perché tutti gli anni ricominciamo da capo, spesso con qualche chilo in più? Secondo Pierre Dukan, succede che dopo aver perso i chili di troppo ci diamo alla “pazza gioia”, la motivazione viene meno e i cibi di cui ci siamo privati diventano una specie di ricompensa per i sacrifici sopportati. Il nostro corpo, per il puro istinto di sopravvivenza, accumula tutto quello che introduciamo per paura che ci possa venire in mente di sottoporlo ad un altro periodo di carestia (leggi: dieta). Per questo motivo infatti, le fasi più difficili e importanti del metodo Dukan sono quelle di consolidamento e di stabilizzazione..
Le basi fisiologiche delle ricadute possono trovare la spiegazione nelle difficoltà a gestire lo stress, con un meccanismo descritto da Robert Sapolsky (Perché alle zebre non viene l’ulcera?, 2006). Alcune persone in preda alle situazioni stressanti perdono l’appetito, altre si abbuffano soprattutto di carboidrati. La differenza sta nei delicati equilibri ormonali. Quando ci capita un evento stressante, o pensiamo anche soltanto che ci possa accadere, il cervello rilascia CRH (corticotropin releasing ormone), che stimola l’ipofisi, la quale induce la produzione di glucocorticoidi da parte delle ghiandole surrenali. CRH diminuisce l’appetito, ma la sua azione si esaurisce in pochi secondi. I glicocorticoidi invece, che fra gli altri effetti hanno quello di stimolare l?appetito selettivamente “per i cibi ricchi di amidi, zuccheri e grassi”, rimangono in circolo per ore dopo che l’evento stressante si è esaurito. Secondo Sapolsky, il rapporto fra lo stress e il cibo dipende dal fattore scatenante (stressor) e dalla risposta dell’organismo. Per esempio l’individuo cronicamente stressato dalla routine quotidiana (lavoro insoddisfacente, difficoltà economiche, relazioni conflittuali, ecc.) avrà i livelli di glicocorticoidi perennemente innalzati con conseguenze disastrose sulla dieta. Se oltretutto questa persona non riesce a rilassarsi, a gestire efficacemente lo stress, potrebbe usare il cibo come una “medicazione” per lenire le emozioni negative come l’ansia, la depressione, l’angoscia, le delusioni e i dispiaceri della vita.
Considerando che, mantenere un regime alimentare ridotto è di per se un fattore stressante, prima di iniziare un’ennesima dieta, sarebbe utile imparare a gestire meglio lo stress e le emozioni negative, diventare più consapevoli del nostro corpo e dei suoi bisogni. Potremmo affrontare l’estate meno frustrati e, forse, più in forma!
*medico psicoterapeuta