SIENA. Scoperta in Francia nel 1930 ma già utilizzata dagli antichi romani a fini estetici, la carbossiterapia è stata perfezionata al policlinico Santa Maria alle Scotte, dove dal 1998 viene studiata ed impiegata anche in ambito medico. In particolare si tratta di una metodica messa a punto dagli specialisti dell’U.O.C. Chirurgia Plastica, diretta dal professor Carlo D’Aniello, che sfrutta le proprietà dell’anidride carbonica per curare vari tipi di lesioni cutanee e vascolari.
“Con la carbossiterpia – afferma il professor Cesare Brandi – è possibile trattare, in maniera complementare ad altre terapie, le ulcere che si possono formare nei tessuti a causa di un’insufficiente ossigenazione”.
Il 2% della popolazione italiana soffre di tali patologie, in particolare di piaghe da decubito che, da sole, colpiscono una buona percentuale dei lungo-degenti, soprattutto anziani.
“Il trattamento – spiega Brandi – consiste nell’iniettare anidride carbonica per via sottocutanea, mediante aghi sottilissimi, nella zona interessata dalla lesione. Questo provoca una vasodilatazione che permette un apporto maggiore di sangue e quindi anche di ossigeno”. Con questa tecnica si curano le ferite difficili, ovvero le lesioni croniche e con problematiche di trattamento. Tra queste si annoverano le ulcere vascolari e diabetiche, le lesioni post traumatiche e la piaghe da decubito.
“L’impiego della carbossiterapia – conclude Brandi – richiede l’utilizzo di macchinari certificati e di personale medico qualificato. Da alcuni anni abbiamo attivato l’ambulatorio per le ‘ferite difficili’, a cui si accede prenotando tramite CUP, dove viene impiegata, con ottimi risultati, anche la carbossiterapia. Contemporaneamente è stato costituito il Gruppo Internazionale per lo Studio della Carbossiterapia, che riunisce i centri italiani ed esteri che utilizzano questa metodica, con lo scopo di garantire il trattamento nel rispetto degli standard previsti. Stiamo inoltre portando avanti uno studio multicentrico volto a sviluppare le potenzialità terapeutiche della carbossiterapia nel trattamento delle ferite difficili”.
“Con la carbossiterpia – afferma il professor Cesare Brandi – è possibile trattare, in maniera complementare ad altre terapie, le ulcere che si possono formare nei tessuti a causa di un’insufficiente ossigenazione”.
Il 2% della popolazione italiana soffre di tali patologie, in particolare di piaghe da decubito che, da sole, colpiscono una buona percentuale dei lungo-degenti, soprattutto anziani.
“Il trattamento – spiega Brandi – consiste nell’iniettare anidride carbonica per via sottocutanea, mediante aghi sottilissimi, nella zona interessata dalla lesione. Questo provoca una vasodilatazione che permette un apporto maggiore di sangue e quindi anche di ossigeno”. Con questa tecnica si curano le ferite difficili, ovvero le lesioni croniche e con problematiche di trattamento. Tra queste si annoverano le ulcere vascolari e diabetiche, le lesioni post traumatiche e la piaghe da decubito.
“L’impiego della carbossiterapia – conclude Brandi – richiede l’utilizzo di macchinari certificati e di personale medico qualificato. Da alcuni anni abbiamo attivato l’ambulatorio per le ‘ferite difficili’, a cui si accede prenotando tramite CUP, dove viene impiegata, con ottimi risultati, anche la carbossiterapia. Contemporaneamente è stato costituito il Gruppo Internazionale per lo Studio della Carbossiterapia, che riunisce i centri italiani ed esteri che utilizzano questa metodica, con lo scopo di garantire il trattamento nel rispetto degli standard previsti. Stiamo inoltre portando avanti uno studio multicentrico volto a sviluppare le potenzialità terapeutiche della carbossiterapia nel trattamento delle ferite difficili”.