Il fenomeno è provocato da un anomalo accumulo di acqua nei tessuti
di Antonio Vona*
SIENA. Molte persone, soprattutto fra le donne, soffrono di ritenzione idrica. Si tratta di un anomalo accumulo di acqua all’interno dei tessuti: le gambe, le caviglie, spesso anche le mani si rigonfiano di liquido, aumentano le borse sotto gli occhi, ridotti a volte a piccole fessure, come dopo un match di pugilato. La ritenzione idrica può assumere anche connotati di rilievo, coinvolgendo gran parte del corpo e dando una sensazione sgradevole di pienezza e facendo persino salire l’ago della bilancia di qualche chilo.
Questo fenomeno può essere ciclico, facendosi sentire, per esempio, di mattina oppure prima del ciclo, ma può essere anche costante e ostinato: più che trattarlo con i diuretici bisogna invece ricercare la causa che lo sostiene.
Oltre a quelle prettamente patologiche, che coinvolgono principalmente i reni, e che determinano un corollario di ipertensione, possono esserci anche cause che in un modo o nell’altro di rifanno ad alcuni aspetti dell’alimentazione: a volte la ritenzione di notevoli quantità di acqua può essere una necessità dell’organismo, una strategia che esso si trova a dover mettere in atto pur di diluire e sciogliere sostanze alimentari, tossine, persino farmaci, che non riesce a smaltire efficacemente per altre vie.
Consideriamo, come esempio, l’eccesso di sale: per comprendere cosa succede basta pensare alla facilità con cui il sale di cucina assorbe l’umidità. La stessa cosa fa nell’organismo: ogni molecola di sale può trattenere intorno a sé numerose molecole di acqua, e l’abitudine al gusto un po’ troppo salato può determinare la ritenzione di due o tre litri di acqua ed un conseguente aumento di peso, cellulite e ipertensione indotta.
Un altro eccesso alimentare da evitare è quello delle proteine, ma solo se protratto per lunghi periodi: il loro metabolismo comporta la produzione di scorie molto tossiche, ammoniaca in particolare, che l’organismo deve immediatamente trasformare in altre sostanze più tollerabili e solubili in acqua: ne deriva immancabilmente un valore elevato dell’azotemia, un iperlavoro per i reni e un considerevole volume di acqua trattenuta. L’alternativa a questo lavorìo è un grave stato di intossicazione generalizzata: si verifica con l’esaurimento della funzionalità renale.
Anche l’intolleranza verso uno o più alimenti, spesso a causa degli additivi che questi contengono, può essere responsabile di una spiccata ritenzione idrica: si tratta, in genere, di alimenti presenti quotidianamente sulla nostra tavola e per i quali, il più delle volte, non ci si accorge nemmeno di avere sviluppato intolleranza. Il fatto è che, a contatto con le mucose intestinali, questi alimenti si comportano da tossine, e, venendo nonostante tutto assimilati, inondano l’intero organismo. Il quale deve allora procurarsi notevoli quantità di acqua per tentare di lavare via tali veleni. Se la fonte di intossicazione è quotidiana la ritenzione si aggrava.
Un contributo sostanzioso all’instaurarsi di una ritenzione idrica proviene dal sistema linfatico quando, per una molteplicità di cause spesso riferibili alle condizioni dell’intestino, non riesce a liberarsi dei liquidi che esso stesso ha drenato dai vari distretti dell’organismo.
Una conseguenza, forse un po’ sottovalutata, della ritenzione idrica è che, nel tempo, si possono creare difficoltà nella solubilità dei lipidi: quando l’ambiente idrico corporeo diviene troppo sbilanciato rispetto a quello lipidico, diventa molto più difficile dimagrire, in quanto, come tutti sappiamo, i grassi non si sciolgono nell’acqua. L’unico modo che all’organismo rimane per sciogliere i lipidi, almeno nelle quantità indispensabili alle numerose funzioni che essi svolgono, è di produrre certe sostanze lipoproteiche, che hanno affinità sia per i grassi, sia per l’acqua, e con esse trasportarli laddove i grassi servono; sapete di quali sostanze stiamo parlando? Di varie sostanze, tra cui il colesterolo, quello ‘cattivo’.
* Biologo nutrizionista