Il 60 per cento dei bambini trattati risulta guarito
SIENA. La nuova cura per il retinoblastoma, il tumore dell’occhio più diffuso nei bambini, la prima in Italia di questo tipo e messa a punto a Siena, funziona. I risultati dello studio sperimentale sono stati presentati oggi e sono molto promettenti: in due anni, su
38 bambini trattati, circa il 60% sono guariti, salvando così gli occhi dall’enucleazione. L’importante risultato è stato realizzato grazie alla collaborazione della dottoressa Doris Hadjistilianou, responsabile del centro retinoblastoma dell’U.O.C. Oftalmologia, e del dottor Carlo Venturi, direttore dell’UOC NINT – Neuroimmagini e Neurointerventistica del policlinico Santa Maria alle Scotte, con il supporto di un team multidisciplinare formato da pediatri, genetisti, patologi, biochimici e neuroradiologi.
“E’ una nuova opportunità terapeutica – spiega Hadjistilianou – che si aggiunge a quelle tradizionali e che può permettere di evitare l’enucleazione dell’occhio attraverso una tecnica di chemioterapia selettiva in arteria oftalmica, eseguita dal neurointerventista
e che abbiamo studiato presso lo Sloane Kettering Centre di New York. Prima dell’intervento i pazienti vengono accuratamente selezionati, in base alle caratteristiche cliniche della malattia, dall
Da giugno 2008 a novembre 2010 sono state effettuate 142 procedure di somministrazione su 38 pazienti per un totale di 41 globi oculari. Alcuni bambini infatti avevano entrambi gli occhi colpiti da retinoblastoma
’oculista”. Questa tecnica, approvata dal Comitato Etico, è una metodica angiografica di microcateterismo.
“Attraverso un catetere sottilissimo e flessibile, che viene introdotto all’altezza dell’inguine nell’arteria femorale – spiega in dettaglio Venturi – possiamo arrivare sino all’arteria oftalmica da cui origina l’arteria centrale dell’occhio, e somministrare selettivamente una sostanza chemioterapica attiva ed efficace, con minima invasività oculare, che aggredisce il tumore e che ha bassissima tossicità per la retina”. Da giugno 2008 a novembre 2010 sono state effettuate 142 procedure di somministrazione su 38 pazienti per un totale di 41 globi oculari. Alcuni bambini infatti avevano entrambi gli occhi colpiti da retinoblastoma. Il progetto è stato portato avanti su due tipologie di pazienti: bambini alla prima diagnosi (con malattia in stadio avanzato) e bambini già sottoposti ad altre
terapie senza successo (trattamenti focali o chemioterapia sistemica). A 6 mesi dalla fine del trattamento si è ottenuta una guarigione dalla malattia in 18 occhi, con il 60 % di successo nel totale dei bambini. Per quanto riguarda i bambini alla prima diagnosi e non sottoposti ad altre terapie la percentuale di guarigione a 6 mesi è di circa il 43%.
Per quanto riguarda il gruppo di bambini che già si erano sottoposti ad altre terapie senza successo la percentuale di guarigione a 6 mesi sale al 75%. In considerazione della vascolarizzazione dell’occhio, alimentato dalla sola arteria oftalmica, la somministrazione locale di chemioterapici, ripetibile ed a dose ridotta, può potenziarne l’attività e l’efficacia riducendo nello stesso tempo le complicanze tipiche dell’infusione sistemica tradizionale. “Il ruolo dell’oculista esperto in oncologia oculare – commentano Hadjistilianou e Venturi – è quindi fondamentale per diagnosi, stadiazione, impostazione terapeutica e valutazione della risposta del tumore alle terapie. Allo stesso tempo la complessità dell’intervento e la precisione di particolari micro-manovre all’interno dell’occhio sono frutto della competenza del neurointerventista”. Poter risparmiare gli effetti collaterali della chemioterapia
sistemica e ridurre i cicli di terapie e l’ospedalizzazione è un notevole miglioramento della qualità della vita per i piccoli pazienti. Il “primato continentale” senese nell’attuazione della nuova terapia è legato alla fortunata presenza, all’interno dell’ospedale, di due reparti di alta specializzazione, quello oftalmologico e quello neurointerventistico, da anni punti di riferimento nazionali ed internazionali. Le nuove terapie per il retinoblastoma sono anche uno dei recenti programmi di ricerca di interesse di Siena Biotech, società strumentale della Fondazione Monte dei Paschi.
“Vogliamo essere un ponte tra la ricerca di base e la clinica – ha commentato Alessandro Padova, Direttore del Dipartimento di Chimica Medicinale di Siena Biotech – unendo le eccellenze scientifiche presenti sul territorio senese. Con l’Università e l’Azienda
Ospedaliera, porteremo avanti un nuovo studio sulla malattia per sperimentare alcune molecole che hanno già dato risultati promettenti in altri tumori”. Risulta fondamentale quindi non solo la capacità di mettere insieme e far crescere un team ma venire incontro anche alle esigenze del paziente e saperlo accogliere. In questo è stato fondamentale il supporto dell’AIGR – Associazione Italiana dei genitori dei Bambini affetti da Retinoblastoma, una onlus nata nel 1997 grazie allo sforzo congiunto di medici
dell’Oftalmologia del policlinico Santa Maria alle Scotte e dei genitori di bambini affetti da retinoblastoma, che vivono giornalmente i timori, le ansie, i disagi della lotta contro la malattia. “La Fondazione Monte dei Paschi – ha concluso Flavio Vezzosi, presidente della onlus – già da alcuni anni, sostiene le nostre attività con grande sensibilità e attenzione per la malattia, i piccoli pazienti e le loro famiglie”. Il contributo della Fondazione è stato fondamentale anche perché ha consentito ad una giovane ricercatrice di approfondire attività scientifiche, di ricerca e aggiornamento relative allo studio sperimentale.