di Jolanta Burzynska*
SIENA. E' noto da tempo, e non solo ai psicosomatologi, che – nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare – la depressione peggiora la prognosi, riducendo notevolmente la sopravvivenza. Finora rimaneva incerta la correlazione fra la depressione e l'aumento degli attacchi cardiaci nelle persone sane. A fugare i dubbi contribuiscono due lavori scientifici presentati al Congresso della Società europea di cardiologia tenutosi in questi giorni a Monaco di Baviera. Tutti è due documentano una maggiore probabilità di ammalarsi di una cardiopatia per le persone sofferenti di disturbi ansioso-depressivi.
Il primo, è uno studio italiano coordinato da Alejandro Macchia del Consorzio Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro (Chieti). L'indagine consisteva nell'osservazione per tre anni di 105.588 persone di età superiore a 30, delle quali 1.129 (1,1%) seguivano una terapia antidepressiva e nessuno aveva precedenti problemi di cuore, ne presentava altri fattori di rischio per la cardiopatia (fumo, colesterolo alto, ecc.). Gli autori hanno osservato nelle persone depresse, rispetto ai non depressi, la probabilità nettamente superiore di andare incontro ad un problema cardiovascolare che comportava la necessità di un trattamento farmacologico, o di un intervento chirurgico, oppure portava al decesso. Ad un rischio particolarmente elevato, incrementato del 212%, risultavano esposti i depressi più giovani, di età 30-50. Per la fascia 50-60 il rischio aumentava del 50% e per gli ultrasessantenni del 39%. Non vi erano differenze significative fra uomini e donne.
Il secondo lavoro, presentato da M.F. Sinner dell'equipe dell'Ospedale Universitario di Monaco di Baviera illustrava i risultati dello studio che prendeva in esame l'influenza dell'ansia e della depressione sulla variabilità della frequenza cardiaca. Il valore “variabilità della frequenza cardiaca” (HRV) viene usato come indicatore della buona capacità del cuore di adattarsi agli stimoli ambientali interni ed esterni all'organismo. HRV varia normalmente in risposta ai fattori come il ritmo del respiro, gli stati emozionali, i cambiamenti della temperatura o della pressione ed è controllata dal sistema nervoso autonomo. Il valore basso di HRV indica una cattiva prognosi negli pazienti infartuati, aumenta la probabilità di morte improvvisa nei malati di cuore. Gli scienziati tedeschi misuravano, con il metodo Holter ECG applicato per 24 ore, i valori di HRV nei 544 soggetti, uomini e donne, di età compresa fra 55 e 79 anni, di cui 113 affetti da ansia patologica e 82 depressi. Nella valutazione statistica dei risultati è stata esclusa l'influenza di eventuali fattori di rischio diversi, perciò quello che emerge è una diminuzione significativa della variabilità della frequenza cardiaca nelle persone ansiose o depresse, sane di cuore.
Le conclusioni di queste ricerche indicano i disturbi ansioso-depressivi come i fattori di rischio per l'insorgenza di malattie cardiache, insieme ad altre patologie più note come il diabete, l'ipertensione o l'obesità. L'ansia patologica e la sindrome depressiva meritano perciò la massima attenzione sia da parte dei medici che dei malati stessi.
* medico psicoterapeuta