di Jolanta Burzynska*
SIENA. E' la domanda che ci poniamo aspettando l'inaugurazione della mostra “Arte, genio, follia”, che potremo visitare dal 31 gennaio al 25 maggio al complesso museale di Santa Maria della Scala. Saranno esposte oltre 300 opere, tra dipinti e sculture, provenienti dai più importanti musei d'Europa. I capolavori di Van Gogh, Munch, Ernst, Guttuso, Ligabue e di molti altri artisti, che durante la loro vita hanno incontrato la sofferenza psichica, serviranno ad illustrare il rapporto fra la creatività e le malattie mentali.
Un legame fra genialità e pazzia era già noto agli antichi. Un esempio importante è il poeta latino Tito Lucrezio Caro che impazzito, vittima di una passione amorosa, riesce comunque a completare la sua grande opera De rerum natura, approfittando degli intervalli di lucidità. L'affermazione di Seneca che "non è mai esistito ingegno senza un poco di pazzia" non è stata finora smentita. Persino gli studi psicologici del XX secolo hanno dimostrato che circa il 25-30 per cento dei grandi scienziati ha avuto qualche disturbo psichico, dalla schizofrenia alla depressione, alla paranoia. Le stesse patologie, oltre a ossessioni, anoressia e asocialità, hanno attanagliato molti artisti: scrittori, musicisti, pittori. Ne erano affetti personaggi come Rilke, Kafka, Goethe, Rousseau, Proust, Van Gogh, Schumann, Wolf, Pavese. Anche Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, soffriva di fobia sociale, che teneva sotto controllo assumendo droghe che "gli scioglievano la lingua". Lo psichiatra francese Philippe Brenot ne parla nel suo saggio Geni da legare (Piemme, 2000) dove afferma che il 72% degli scrittori soffre, o ha sofferto, di depressione, tanto che un comportamento bizarro, estroso, diverso, è diventato quasi un appannaggio dell'immagine di un artista.
Accettata questa realtà gli studiosi si posero il seguente problema: era il talento a portare, attraverso la sofferenza della creazione artistica, allo squilibrio mentale? Oppure la follia costituiva invece la condizione necessaria alla realizzazione di un capolavoro?
Una risposta potrebbe arrivare dalle neuroscienze. Gli studi finora condotti dagli psicologi delle Università di Toronto e di Harvard permettono infatti di identificare una delle basi biologiche di creatività. Si tratta di una caratteristica del cervello animale chiamata "inibizione latente" e consiste nella capacità inconscia di filtrare gli stimoli provenienti dall'ambiente in modo che quelli considerati inutili, in base alle esperienze passate, vengano ignorati e silenziati. Le persone più creative dimostrano i livelli più bassi di inibizione latente. Questo vuol dire che vengono a contatto con un flusso di stimoli ambientali molto maggiore degli altri. La bassa capacità di filtrare gli stimoli era già da tempo conosciuta come un fattore legato alla psicosi. Le ricerche di Jordan Peterson e collaboratori condotte sugli studenti di Harvard dimostrano invece che questo fattore, associato ad un quoziente intelettivo elevato, ad una buona memoria operativa, alla capacità di pensare contemporaneamente a cose diverse, può contribuire alla modalità di pensiero originale, cioè alla creatività. "Più sarete aperti verso le nuove informazioni, le nuove idee, maggiormente sarete capaci di compiere delle scelte intelligenti e accurate. Se avete 50 idee" afferma Peterson "probabilmente solo 2 o 3 saranno valide. Dovrete essere capaci di distinguerle, altrimenti ne verrete inondati".
Secondo Carson, dello stesso gruppo di ricerca, sembra probabile che il basso livello di inibizione latente ed una eccezionale flessibilità di pensiero possano in alcune condizioni predisporre alla malattia mentale e in altre alla produzione creativa. Per esempio nelle fasi precoci della schizofrenia, frequentemente caratterizzate da intuizioni profonde, sensazioni mistiche ed esperienze religiose, avvengono nel cervello delle modificazioni biochimiche che portano alla scomparsa di inibizione latente. Quindi la malattia mentale non è un presupposto necessario alla creatività, ma ne condivide alcuni aspetti cognitivi e substrati biologici.
*medico psicoterapeuta