Due studi pubblicati su riviste internazionali dal team di ricerca guidato dal professor Antonio Giordano
Due studi che aprono nuove prospettive per la cura del mesotelioma pleurico, conosciuto come il “tumore dell’amianto”: sono i lavori pubblicati recentemente su riviste internazionali dal team di ricercatori dell’Università di Siena, dell’Istituto Tumori di Napoli-CROM e della Temple University di Philadelphia, coordinato da Antonio Giordano, professore di Anatomia ed istologia patologica pressol’Ateneo senese, genetista di fama internazionale e da anni in prima linea nella battaglia contro il cancro.
“Il mesotelioma – spiega il professor Giordano – è un tumore molto aggressivo che ha origine dalla trasformazione neoplastica del mesotelio, il sottile tessuto che avvolge la cavità pleurica e altri organi interni e ha come principale fattore responsabile l’esposizione all’amianto. Lo sviluppo ha un tempo di latenza molto lungo; ciò vuol dire che possono trascorrere molti anni tra l’esposizione all’amianto e il manifestarsi della malattia. Non a caso, vari studi, ne ipotizzano un picco di incidenza nel prossimo decennio”. “La diagnosi di malattia – continua Giordano – è spesso tardiva e al momento non esistono modalità curative. La prognosi, pertanto, resta particolarmente infausta con una sopravvivenza media molto bassa, inferiore a due anni, e con poche eccezioni”.
L’equipe di Giordano, oltre a studiare a livello molecolare gli effetti deleteri dell’amianto sull’organismo per trovare nuovi bersagli farmaceutici e possibili marcatori per una diagnosi precoce, è impegnata a saggiare nuove possibili terapie molecolari che potrebbero più velocemente trovare un impiego clinico, arrivando velocemente al paziente.
Nello studio pubblicato sulla rivista americana _Cell Cycle_ i ricercatori hanno testato l’effetto di nuovi agenti antitumorali su cellule di mesotelioma.
In questo lavoro sono stati utilizzati dei farmaci ideati per riattivare la proteina P53, uno dei più importanti ‘oncosoppressori’ noti, che viene disattivato nella maggior parte dei tumori umani.
Sulla stessa linea il secondo lavoro, pubblicato sulla rivista internazionale _Cancer Biology and Therapy_. In questo studio gli autori hanno testato, per la prima volta nel mesotelioma, una nuova droga, l’MK-1775, in combinazione con il cisplatino. “Come avevamo ipotizzato, l’MK-1775 ha sensibilizzato selettivamente le cellule di mesotelioma all’azione genotossica del cisplatino” afferma il primo autore del lavoro, Paola Indovina dell’Università di Siena, Assistant Professor presso lo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, della Temple University di Philadelphia.
“I nostri studi – conclude il professor Giordano – frutto della stretta collaborazione tra l’Istituto Tumori di Napoli-CROM, l’Università di Siena e la Temple University di Philadelphia, sono mirati alla identificazione di nuove terapie molecolari promettenti per il trattamento del mesotelioma che potrebbero essere velocemente traslate alla clinica. L’MK-1775, ad esempio, è già in fase di sperimentazione clinica per altri tipi di tumori in diversi studi negli Stati Uniti. Il mesotelioma ha già fatto troppe vittime: la ricerca scientifica, ha risentito di tutti gli interessi economici legati all’utilizzo dell’amianto, e ora deve raddoppiare il passo per offrire nel più breve tempo possibile delle possibilità di cura”.
“Il mesotelioma – spiega il professor Giordano – è un tumore molto aggressivo che ha origine dalla trasformazione neoplastica del mesotelio, il sottile tessuto che avvolge la cavità pleurica e altri organi interni e ha come principale fattore responsabile l’esposizione all’amianto. Lo sviluppo ha un tempo di latenza molto lungo; ciò vuol dire che possono trascorrere molti anni tra l’esposizione all’amianto e il manifestarsi della malattia. Non a caso, vari studi, ne ipotizzano un picco di incidenza nel prossimo decennio”. “La diagnosi di malattia – continua Giordano – è spesso tardiva e al momento non esistono modalità curative. La prognosi, pertanto, resta particolarmente infausta con una sopravvivenza media molto bassa, inferiore a due anni, e con poche eccezioni”.
L’equipe di Giordano, oltre a studiare a livello molecolare gli effetti deleteri dell’amianto sull’organismo per trovare nuovi bersagli farmaceutici e possibili marcatori per una diagnosi precoce, è impegnata a saggiare nuove possibili terapie molecolari che potrebbero più velocemente trovare un impiego clinico, arrivando velocemente al paziente.
Nello studio pubblicato sulla rivista americana _Cell Cycle_ i ricercatori hanno testato l’effetto di nuovi agenti antitumorali su cellule di mesotelioma.
In questo lavoro sono stati utilizzati dei farmaci ideati per riattivare la proteina P53, uno dei più importanti ‘oncosoppressori’ noti, che viene disattivato nella maggior parte dei tumori umani.
Sulla stessa linea il secondo lavoro, pubblicato sulla rivista internazionale _Cancer Biology and Therapy_. In questo studio gli autori hanno testato, per la prima volta nel mesotelioma, una nuova droga, l’MK-1775, in combinazione con il cisplatino. “Come avevamo ipotizzato, l’MK-1775 ha sensibilizzato selettivamente le cellule di mesotelioma all’azione genotossica del cisplatino” afferma il primo autore del lavoro, Paola Indovina dell’Università di Siena, Assistant Professor presso lo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, della Temple University di Philadelphia.
“I nostri studi – conclude il professor Giordano – frutto della stretta collaborazione tra l’Istituto Tumori di Napoli-CROM, l’Università di Siena e la Temple University di Philadelphia, sono mirati alla identificazione di nuove terapie molecolari promettenti per il trattamento del mesotelioma che potrebbero essere velocemente traslate alla clinica. L’MK-1775, ad esempio, è già in fase di sperimentazione clinica per altri tipi di tumori in diversi studi negli Stati Uniti. Il mesotelioma ha già fatto troppe vittime: la ricerca scientifica, ha risentito di tutti gli interessi economici legati all’utilizzo dell’amianto, e ora deve raddoppiare il passo per offrire nel più breve tempo possibile delle possibilità di cura”.