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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Festival della Salute: gli interventi del 13 novembre

SIENA. Pubblichiamo di seguito i vari interventi al Festival della Salute della giornata di oggi (13 novembre).

“Come dovrà essere l’ospedale del futuro? La risposta più corretta è che non esiste un modello di ospedale del futuro, ma dovremo essere in grado di creare una rete di ospedali”. Con queste parole il DG dell’AOU senese Valtere Giovannini ha aperto il suo intervento di oggi al Festival della Salute di Siena, chiarendo che il modello attuale dovrà essere in futuro sostituito da un nuovo approccio, multisistemico e multidisciplinare.

“Per gli interventi di emergenza ed urgenza, dovremo essere in grado di fornire un sistema che garantisca assistenza di prossimità. Questo è ciò che dovranno fare sempre di più gli ospedali di periferia, i pronti soccorso. Intercettare tempestivamente il problema di salute del paziente e gestirlo nella maniera migliore possibile. Per le problematiche più complesse, ma anche di minor incidenza in termini di numeri sul totale della popolazione, servono poi centri di alta specializzazione dove concentrarsi sulle problematiche più gravi e articolate. Il futuro deve essere questo.”

“La pandemia – ha proseguito Giovannini – ha rivelato l’insufficienza di un modello organizzativo che avevamo pensato nei nosocomi del passato. Gli ospedali più pronti hanno reagito a questa patologia sconosciuta attraverso un modello di intervento multidisciplinare, mettendo al fianco di ogni paziente tutte le competenze necessarie per affrontare questa malattia. E’ quello che abbiamo fatto con ottimi risultati nel nostro ospedale di Siena, dove ad oggi si registra, rispetto ad altre realtà, una percentuale bassa di ricoverati che necessitano di terapia intensiva. Siamo intervenuti attraverso il nostro team interdisciplinare, cercando di capire quali fossero le reali necessità dei pazienti e tentando percorsi terapeutici intermedi, usando anche ventilazione non invasiva. Questa strategia ha dato per il momento ottimi riscontri”.

“Passare presto all’ecosostenibile, l’inquinamento fa ammalare”

Salute ed ambiente. Un binomio assolutamente inscindibile e che da sempre caratterizza discussioni e progetti sulla sostenibilità ambientale connessa alla produzione di energia. Un argomento molto dibattuto ed al centro anche delle recenti politiche di recovery fund. Al Festival della Salute di Siena ne ha parlato il professor Alessandro Miani, presidente di SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale).

“Ambiente inquinato – afferma Miani – significa problemi gravi per la salute umana, animale e vegetale. L’aria inquinata è certamente il problema principale e la sfida più importante a livello mondiale, ma ci sono anche l’acqua e la terra che devono essere tutelate. Pensiamo al traffico, all’industria, all’allevamento intensivo, ma anche alle combustioni per il riscaldamento degli edifici. Sono tutte occasioni in cui l’uomo sta violentando l’ambiente. Già oggi con la pandemia abbiamo avuto un primo “alert” importante. Ne avremo altri sempre più frequenti perché siamo vicini al crollo degli ecosistemi. E’ necessario agire in tempi rapidi, attraverso la transizione energetica, la promozione delle energie rinnovabili e l’abbandono prima possibile del fossile, le cui emissioni agiscono sull’inquinamento atmosferico e sul cambiamento climatico”.

L’Italia è attualmente al primo posto in Europa per numero di morti causati da inquinamento atmosferico. Un problema serio, per la salute, ma anche per i costi connessi al sistema sanitario. “Basta pensare – incalza il Presidente di SIMA – che a livello continentale il solo costo diretto dell’inquinamento sul sistema sanitario per patologie connesse all’inquinamento atmosferico, è di 1600 miliardi di euro all’anno. Una media del 10% del PIL degli stati membri. Stiamo parlando di cifre enormi che potrebbero essere risparmiate soltanto allocando risorse per ridurre l’inquinamento”.

Nel mondo stanno emergendo sempre più opportunità per intervenire su questo aspetto. Una di queste è sicuramente rappresentata dall’idrogeno. “In alcuni paesi nord europei – conclude il Professor Miani – già diversi mezzi viaggiano ad idrogeno, un combustibile che se prodotto dove è possibile produrre energie rinnovabili, costa poco e non inquina. Le energie rinnovabili devono essere implementate e possiamo raddoppiare la nostra capacità di produrle per soddisfare il nostro fabbisogno di mobilità, ma anche di elettrificazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici, che sono la principale sorgente emissiva di inquinamento atmosferico”.

“In tempi di Covid torna il mutuo soccorso”, dibattito con Marco Gaiba ed Enrico Montanari

Bastano cinque euro per iscriversi; e se non si sceglie un piano omnicomprensivo, solitamente il fatto di beneficiare della mutua nazionale consente di avere i servizi integrativi di Reciproca. E’ una società di mutuo soccorso, nata un anno fa dalla fusione di Salute Toscana e Fare Mutua che ha già 95 mila soci in Toscana ed Emilia Romagna principalmente, nel Lazio e nelle Marche in prospettiva.

Marco Gaiba, vicepresidente di Reciproca, l’ha presentata ai microfoni di Franz Campi nel corso del Festival della Salute 2020. “Partiamo dall’assunto che il Servizio Sanitario Nazionale – ha detto Gaiba – svolga una funzione universale, sia cioè l’asse portante del welfare. La nostra funzione è quella di integrare, quella di dare maggior sicurezza ai cittadini-associati. Li sosteniamo con il rimborso, l’indennità o la partecipazione alla spesa”.

Reciproca ha un proprio sito dove è abbastanza semplice comprendere costi e benefici, giacché basta riempire un form per avere il preventivo. Di particolare impegno e orgoglio per Gaiba è il sostegno dato in tempi di Covid. “E’ stata una nostra scelta unilaterale. Chiunque sia associato e risulti positivo a un tampone godrà di un sostegno di 40 euro per ogni giorno di quarantena. Avevamo programmato il sostegno fino al 30/9, ma visto il riaccendersi della pandemia l’abbiamo prorogato fino al 31/12”.
Altro orgoglio di Reciproca è la collaborazione in totale affiatamento con la rivista Elisir e Salute. Il suo direttore, il medico Enrico Montanari, ha spiegato in cosa si differenzia dalle altre riviste. “In un momento in cui sul web si trova di tutto – ha detto Montanari -, abbiamo deciso di rafforzare la correttezza dell’informazione sanitaria, facendo scrivere solo medici e ricercatori. Siamo consapevoli che da un buon esito della prevenzione, le malattie possono ridursi dal 30 al 70 per cento. E siamo anche ottimisti sul fatto che in attesa dei vaccini, una risposta possa arrivare dagli anticorpi monoclonali che vanno sostituendo le terapie di plasma iperimmune. E’ tuttavia vitale non ammalarsi tutti insieme per far sì che Il SSN sia in grado di assisterci e, fatto su cui insistiamo, riguarda l’alimentazione: l’assunzione costante di vitamine tra cui C e D è importante. Un organismo forte reagisce meglio”.

Benessere e salute mentale – Tavola rotonda Dipartimento di Medicina molecolare e dello sviluppo UniSi

La pandemia da Covid 19 ha provocato una serie di problemi per quanto riguarda l’ambito sanitario, ma non meno trascurabili sono le conseguenze anche a livello psichico, meno visibili ma non per questo meno meritevoli di grande attenzione. Se ne è parlato alla Tavola rotonda ”Benessere e salute mentale durante e dopo la Pandemia COVID – 19: strategie per migliorare la qualità della vita.” A cura del Dipartimento di Medicina molecolare e dello sviluppo dell’Università di Siena.

“I disturbi mentali sono aumentati in questo periodo – afferma il professor Andrea Fagiolini – abbiamo moltissimo stress che ha portato ad un incremento di malattie come l’ansia o la depressione. E’ una situazione difficile, dove si ha timore di ammalarsi o di avere persone care che si ammalano. Qualcuno reagisce con tristezza e preoccupazione, qualcuno sfocia in depressione o ansia”.

Siamo tutti esposti a questo problema ed anche a chi non esprime patologie più gravi, capita di avere  sintomi come stanchezza o insonnia. Chi sviluppa la malattia sono spesso le persone più predisposte, sole, che hanno meno supporto o che sono già affette da altre malattie fisiche o mentali. Poi c’è anche un altro tipo di stress, legato all’ambito lavorativo, frequente in coloro che hanno problemi professionali ed economici. Ci sono persone disperate per questa cosa.

L’importante – conclude il professor Fagiolini – è tener presente che la tristezza è spiacevole ma normale. Quando la tristezza diventa estrema o eccessivamente durevole ed associata a sintomi come la disappetenza o l’insonnia, allora vale la pena fare un controllo e capire se può essere utile un aiuto per affrontare queste difficoltà”. 

“In questo contesto di pandemia – ammette la professoressa Arianna Goracci – l’ansia, che è una reazione normale in questi casi e se non sfocia in risvolti patologici, potrebbe anche essere utile per farci stare più attenti a rispettare atteggiamenti protettivi. Diventa patologica quando non ci permette più di anticipare il pericolo in modo corretto creando confusione e non permettendoci di pensare che abbiamo delle risorse per poterlo affrontare. Chi ha questo tipo di problemi non deve provare vergogna, ma anzi il nostro invito è quello di confrontarsi, portando all’attenzione dei medici queste condizioni che sono comuni e comprensibili”.

“L’ansia e la depressione non sono uguali per tutti – afferma il professor Simone Bagnolesi – ma ognuno le sviluppa e le vive a modo proprio. Oggi esistono approcci terapeutici che, con il contributo della persona, ci permettono di analizzare le aspettative ed presupposti con cui noi affrontiamo le difficoltà e che ci provocano stress eccessivo”.

“Una delle conseguenze più comuni di chi soffre di ansia è l’insonnia – chiosa il professor Alessandro Cuomo – che porta alterazioni al benessere fisico e mentale. Possono essere tante le cause: lo stress, lo stile di vita, l’eccessivo uso di alcol o caffeina, un’alimentazione pesante prima di andare a letto o anche semplicemente  l’ambiente della camera da letto, le luci o la temperatura E’ importante capire che il sonno è fondamentale, a maggior ragione in questo periodo in cui viene disassemblata la routine, perché contribuisce al rafforzamento del sistema immunitario. Chi dorme poco non fa un buon servizio a se stesso. La percentuale di persone che hanno questo problema è alta, ma ci sono oggi sistemi per poter intervenire e risolvere questa condizione”. 

La tavola rotonda sul ruolo chiave della prevenzione

Dal Covid-19 ai tumori, dalle malattie sessualmente trasmissibili alle patologie cardiovascolari, oggi il tema della prevenzione è uno dei più dibattuti dalla comunità scientifica. L’importanza della promozione e dell’adozione di stili di vita corretti, il ruolo fondamentale delle strutture sanitarie e dei medici, i possibili rischi che corrono i diversi ambiti del mondo della salute quando la prevenzione scarseggia sono stati al centro di un webinar al Festival della Salute 2020, in corso a Siena fino a domenica 15 novembre in modalità streaming, a causa delle restrizioni per l’emergenza Covid-19.

 Ma cosa significa, oggi, prevenzione in campo medico? Per il dottor Samorindo Peci, ricercatore in malattie neurometaboliche, “oggi assistiamo a continui richiami su questo tema, che in medicina è ben delineato attraverso l’equilibrio tra risorse. La prevenzione in linea generale non può essere standardizzata ma deve essere misurata alla capacità del nostro corpo di gestire le proprie risorse. Questo discorso si applica anche alle problematiche legate al Covid-19: fare movimento, una corretta alimentazione aiutano la capacità di risposta del nostro organismo alle alterazioni dal punto di vista glicemico o del battito cardiaco riscontrate in pazienti Covid”.

“Oggi infatti – ha proseguito Peci nel suo intervento – la tendenza è quella a cronicizzare la malattia e correggerla attraverso il ricorso a terapie farmacologiche: prevenire significa invertire questa tendenza. Nel campo delle malattie neurometaboliche nel mondo asiatico si sta affrontando da tempo il tema del diabete di tipo 3: è una forma non diversa dal tipo 1 e tipo 2 ma non la controlliamo perché non supera la soglia glicemica stabilità dalla comunità scientifica. La conseguenza però è che non correggendo questi valori e non facendo prevenzione, si rischiano danni neuroinfiammatori e una cronicizzazione della malattia”.

Il tema della prevenzione può avere inoltre anche risvolti etici, come ha spiegato il giornalista medico-scientifico Massimo Biondi: “Non dobbiamo considerarlo come un semplice atto da mettere in campo ma va affrontato con un approccio multidisciplinare: questo tema infatti ha implicazioni economiche, scientifiche, etiche legate a scelte che vanno fatte consapevolmente. Il progresso scientifico sta mettendo a disposizione grandi disponibilità come i test genetici che ci permettono di conoscere lo stato di salute dell’individuo e prevedere quale sarà il suo sviluppo psicofisico. Emblematico però – prosegue – è il caso dell’attrice americana Angelina Jolie, che ha sviluppato un tumore al seno e ha deciso poi di sottoporre le figlie a un test preventivo dal quale è emerso il possibile sviluppo di geni legati alla neoplasia. Conosciuto il risultato del test, l’attrice ha deciso di sottoporre le bambine a un intervento di mastectomia. Ecco, questo caso ci pone di fronte a un dilemma: fino a dove dobbiamo e possiamo spingerci? È giusto creare conseguenze di questo tipo ad un individuo? Chi può escludere che in futuro non ci siano approcci terapeutici definitivamente risolutivi di una patologia? Inoltre, la presenza o l’assenza di determinate malattie nell’individuo comporta delle scelte che determinano risparmi, aggravi di costi, una diversa organizzazione del settore sanitario. Tutti aspetti che non possono passare in secondo piano”.

“I costi della mancata prevenzione sono enormi e difficili da monetizzare e includono anche quelli immateriali come la sofferenza e i decessi – aggiunge Luca Revelli, chirurgo endocrino e vascolare e docente dell’Università Cattolica di Roma -. Restando all’attualità, il lockdown, duplice perché riguarda sia le chiusure previste dei Dpcm sia l’isolamento dell’individuo, ha portato alla paura di andare dal medico di base o in ospedale allontanando dagli screening fondamentali per la diagnosi precoce. Sono già quasi 1 milione  – conclude nel suo intervento al Festival della Salute 2020 – gli esami spostati per la paura di essere contagiati e la conseguenza è che il trend a cui abbiamo assistito negli ultimi anni del calo della mortalità per i tumori rischia un’inversione di tendenza”.

Salute e prevenzione, ovviamente, vanno di pari passo anche nei reparti ospedalieri e Carlo Talucci, infermiere del Policlinico Gemelli di Roma lo sa bene: “In linea generale si procede a una mappatura, di tipo aziendale e di reparto, dei rischi a cui personale sanitario e utenza esterna sono sottoposti. Quando un paziente entra in ospedale viene fatta una valutazione globale dell’esposizione ai rischi come quello di cadute, malnutrizione, lesioni da decubito. A ciò si aggiungono i pericoli per gli operatori sanitari come quello biologico: la prevenzione in questo caso non può prescindere dalla diffusione presso la popolazione della cultura di un corretto lavaggio delle mani e dell’utilizzo di dispositivi di protezione individuali. L’adesione ancora oggi è troppo bassa: molti non utilizzano mascherine idonee, altri la indossano lasciando scoperto il naso”.

Concetti ribaditi dall’internista Micaela La Regina, della direzione sanitaria ospedaliera de La Spezia. Il suo intervento si è concentrato sugli eventi avversi: “Vale a dire qualsiasi evento connesso con l’assistenza sanitaria che però non è intenzionale, atteso, ma provoca un danno al paziente. Alcuni vengono intercettati, altri non causano conseguenze ma nella maggior parte dei casi ci sono danni di diversa gravità e la struttura si deve attivare per apportare correzioni utili ad evitarli in futuro. Un esempio può essere quello dell’errore medico come la morte o reazione grave dopo un emotrasfusione o dimenticare una garza dopo un intervento chirurgico: oltre ad essere indesiderati e non voluti, possono essere prevenuti partendo dalla diffusione di una cultura della sicurezza all’interno delle strutture ospedaliere”.

Altra tematica di stretta attualità è quella che lega ambiente e prevenzione. Dalla Terra dei Fuochi all’ex Ilva, passando per fenomeni meteo estremi e l’emergenza Covid-19. Concetti espressi da Alessandra Fabri CTER, Dipartimento Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità: “Degrado ambientale e cambiamenti climatici rappresentano una crescente minaccia per la salute. Bisogna fare tutti qualcosa nel presente: la pandemia che stiamo vivendo è l’esempio estremo dello stretto rapporto tra ambiente e salute: infatti è stata ampiamente dimostrata la relazione tra l’inquinamento atmosferico e il profilo di salute delle popolazioni di determinate aree geografiche”. C’è poi la questione della giustizia ambientale, o “environmental justice” come viene definita in ambito accademico: “Il principio secondo cui tutte le persone hanno diritto a una eguale tutela ambientale perché ancora oggi esistono disuguaglianze nell’accesso a questo tipo di risorse – sottolinea Fabri – Proprio per questo è importante prevenire situazioni di rischio per le società fragili, come aree contaminate di vaste dimensioni classificate come pericolose che necessitano di interventi di bonifica. In questo senso prevenzione significa allora caratterizzare rischi per la salute e mettere in campo politiche utili a costruire un ambiente sano e sostenibile riducendo l’esposizione a sorgenti malsane”.

Sempre in tema di prevenzione e salute, un altro aspetto molto importante affrontato alla tavola rotonda del Festival della Salute 2020, è quello legato agli incidenti domestici e sul lavoro. Al Festival della Salute ne ha parlato Marinella De Maffutiis, capo ufficio stampa ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi sul Lavoro): “La casa, che riteniamo uno dei luoghi più sicuri della nostra quotidianità, in realtà è quello dove si registra il numero maggiore di infortuni e molti riguardano proprio coloro che svolgono attività in ambito domestico come le casalinghe o le colf”. Ma come si possono prevenire questo tipo di infortuni? “Si parte dalla base che nulla accade per caso ed è fondamentale avere una percezione chiara dei rischi che corriamo quando si svolge un’attività. Mi viene in mente l’uso dei telefonini che ci distraggono molto anche in casa: la distrazione però non è una causa – spiega De Maffutiis – ma un effetto perché non abbiamo calcolato i rischi di ciò che stavamo facendo”.

Infine, un cenno alla pandemia nei Paesi in via di sviluppo e a come è stata gestita. Secondo Paul Kateta, chirurgo d’urgenza all’Ospedale di Bergamo “nei Paesi africani il sistema sanitario è meno attrezzato e dunque durante questa pandemia ha giocato molto sulla prevenzione, a partire dalla chiusura delle frontiere e da misure di contenimento come il lockdown poiché molti dei contagi arrivavano dall’estero. La scelta inoltre è stata quella di promuovere e contribuire all’innalzamento delle difese immunitarie, dato che la presa in carico del paziente non è ottimale in numerose strutture ospedaliere”.

“Zero Emissioni: più salute per tutti”

In questo periodo di pandemia è venuto prepotentemente alla ribalta il tema dell’inquinamento collegato ad una maggiore trasmissibilità del Virus Covid19. Al Festival della Salute di Siena ne ha parlato il professor Leonardo Setti, docente della facoltà di Chimica Industriale all’Università di Bologna, che ha collaborato ad alcuni studi con ricercatori di diverse università italiane, sul tema della correlazione tra l’elevata presenza di particelle inquinanti nell’aria e la trasmissione del virus.

“L’inquinamento – afferma il professor Setti – non solo nuoce gravemente alla nostra salute, ma è stato dimostrato che aumenta gli effetti del virus. Le ricerche che sono state condotte dalla nostra equipe hanno preso in esame il campionamento delle emissioni legate all’inquinamento delle particelle PM10 (particolato atmosferico) analizzando la correlazione tra la diffusione del virus e l’elevato numero di particelle presenti nell’aria. Questo perché l’aria inquinata diventa più statica ed il particolato che resta sospeso crea al virus delle autostrade per diffondersi in maniera più facile”.

“L’ipotesi che è stata fatta – prosegue il Professore di Chimica Industriale – è che probabilmente le micro gocce che fuoriescono dalla bocca, hanno una buona probabilità di aggregarsi al particolato e stabilizzarsi così nell’aria raggiungendo distanze più importanti rispetto a quelle considerate di sicurezza. E’ per questo che occorre avere particolare attenzione in quelle aree o anche all’interno degli edifici, dove la concentrazione di polveri è più alta, perché diventa più elevato il rischio di contaminazione”.

“Medicina di precisione, quando l’ingegnere affianca il dottore”  

Il professor Francesco Dotta, prorettore alla sanità dell’Università di Siena è intervenuto oggi al Festival della Salute parlando di Medicina di Precisione, che sta entrando sempre di più a far parte del nostro sistema sanitario.

“La medicina di precisione può essere definita come un paradigma innovativo che prevede diagnosi, cura e prevenzione di numerosissime patologie, tenendo conto delle caratteristiche del singolo paziente, dell’ambiente e del sistema sanitario”. 

Nata in ambito oncologico, si è poi successivamente sviluppata anche in altri contesti medici come le malattie metaboliche, cardiologiche, ma più in generale in molti altri ambienti clinici. Questo nuovo tipo di approccio tiene conto dell’eterogeneità della patologia nel singolo paziente, fornendo indicazioni più precise per eseguire diagnosi ed assegnare cure migliori.

“Per rendere efficace la medicina di precisione – conferma il Professor Dotta – occorre creare un team di professionisti che mettano a sistema le loro competenze. Il medico da solo non è più sufficiente, ma deve essere affiancato da figure professionali di tipo informatico, matematico, ingegneristico. Solo così si ottiene il massimo da questa nuova tecnologia.

A Siena abbiamo la fortuna di avere tanti ambiti di ricerca sulla medicina di precisione, che spaziano in vari ambiti. Fondamentale in questo senso la collaborazione tra Università ed Azienda Ospedaliera Senese, ma anche con TLS, che rappresenta un asset fondamentale per la ricerca biomedica in Toscana, per mettere a sistema le varie conoscenze ed utilizzarle poi con i pazienti”.

“Contro l’inquinamento atmosferico, la foresta a quattro ruote”

All’indomani della condanna inflitta all’Italia dalla Corte di Giustizia europea per il superamento dei limiti consentiti sulla qualità dell’aria tra il 2008 e il 2017, al Festival della Salute 2020 di Siena (13/11 ore 13:00), si è parlato di “Zero emissioni, più salute per tutti – Inquinamento dell’aria e salute ai tempi del covid”.

Massimo Agostinelli, Senior Manager di Enel X (divisione Emobility country Italia) ha testimoniato l’importante contributo che dà la propria azienda che ha finora installato 11 mila colonnine di alimentazione elettrica sul territorio italiano e intende raggiungere le 28 mila entro il 2022.

Agostinelli ha spiegato che i motivi dell’inquinamento sono molti ma, soprattutto in area urbana, incide la mobilità delle auto a combustibile fossile. L’inquinamento si deve alle Co2 e al particolato; lo provocano il funzionamento dei motori a scoppio, ma anche l’attrito frenante e il rotolamento sul selciato.

Pur riconoscendo che in anni recenti, la politica di rigore sulle omologazioni dei veicoli ha ridotto l’inquinamento, sembra proprio che le auto di nuova generazione ibride o totalmente elettriche rappresentino il futuro, in quanto annullano le immissioni quanto alla combustione e beneficiano della rigenerazione della frenata con i convertitori di energia cinetica.

Partendo da dati medi raccolti da Ispra e Politecnico, Enel X ha voluto creare un algoritmo i cui dati sono utilizzati nell’attuale campagna di comunicazione. Posto che un albero che assorbe anidride per rilasciare ossigeno apporti un beneficio di un 1,8 kg annui all’ambiente, gli attuali veicoli alimentati dalle colonnine di Enel X equivalgono già a migliaia di alberi, di qui lo slogan “foresta a quattro ruote”.

La ricerca bioetica in tempi di pandemia

Il professor Carlo Petrini è il direttore dell’Unità di Bioetica e presidente del Comitato Etico dell’ Istituito Superiore di Sanità e il suo prezioso intervento al Festival della Salute di Siena non poteva che essere incentrato sul tema dell’Etica in questo particolare momento storico.

“La ricerca bioetica deve rispettare alcuni principi fondamentali – ammette il Professore – tra questi ce ne sono due che sono scientifici oltre che etici: il valore che, tradotto, significa portare miglioramenti nella salute e nella conoscenza; e la validità, ovvero il rigore metodologico.

Inoltre vanno tenuti in considerazione anche altri principi, come l’equa selezione delle persone, la valutazione dei rischi e dei benefici della sperimentazione e più in generale il primato della persona, che deve prevalere rispetto all’interesse della società e dell’avanzamento della scienza.”

Questi criteri possono essere bilanciati a seconda delle circostanze, ma nessuno può essere ignorato.

“L’emergenza scaturita dalla pandemia ha portato uno scossone anche sotto il profilo etico oltre che sociale – ammette il Professor Petrini – Viviamo in un’attesa universale del vaccino anche da parte di chi ne ha sempre contrastato la cultura. E questo ha portato ad una grande accelerazione nelle procedure. Approvazioni che necessitavano di sei mesi adesso si risolvono in una settimana. Tutto questo è positivo, purché vengano rispettati criteri scientifici sui quali non si può derogare.”

Infine un accenno sulle nuove ricerche e gli studi che riguardano il DNA umano. Un modo per  avere indicazioni sulla predisposizione del singolo individuo verso certi tipi di malattie. Anche in questo caso si pone più di un problema etico…

“Occorre grande attenzione – conclude il presidente del Comitato Etico dell’ISS – perché i test forniscono risposte basate su delle probabilità, ma con margini di incertezza enormi. Rischiamo di fornire informazioni non precise e di creare inutili allarmismi. Anche perché, per alcune malattie cronico/degenerative soprattutto di tipo neurologico, non abbiamo risorse terapeutiche e quindi sapere che in età avanzata potremmo essere soggetti ad un maggiore rischio di una patologia potrebbe non servire a niente se non a farci preoccupare. Così come può accadere che nel corso di approfondimenti sul DNA si incorra in un “incidental finding”, ovvero una scoperta imprevista, anch’essa con ampi margini di incertezza. Si pone a quel punto anche un problema di diritto all’informazione da parte dei pazienti, ma anche di diritto a non essere informati”.

“Il Covid spegne il desiderio: non ci sarà baby-boom”

Il Covid “raffredda” gli entusiasmi e riduce la libido. La paura di ammalarsi, l’ansia per il futuro incerto, la mancanza di vita sociale, non facilitano i rapporti a due e fanno calare il desiderio.
“L’amore ai tempi del Covid ha perso entusiasmo. Non credo ci sarà il baby-boom come molti avevano previsto con l’obbligo di stare in casa per il lock-down – lo sostiene la professoressa Roberta Rossi, presidente nazionale della Federazione nazionale di sessuologia, intervenuta al Festival della salute per parlare degli effetti del Coronavirus sulla sessualità -, quando non siamo tranquilli ne risente anche la sfera sessuale, nella situazione specifica poi, con lo stato d’animo turbato dall’incertezza, in pochi se la sentono di mettere al mondo un figlio. Forse l’aumento delle nascite ci sarà quando si tornerà alla normalità dopo aver sconfitto il virus”.
L’obbligo di stare in casa nei mesi primaverili e che torna anche in queste settimane per buona parte del Paese, non ha fatto riavvicinare le coppie?
“La convivenza h24, se per alcune coppie è stata la riscoperta dello stare insieme, ha rinforzato l’intimità e la vicinanza, per molti altri è invece risultata difficile. Abituati a condividere solo poche ore al giorno, si sono ritrovati a passare insieme l’intera giornata, a dividersi gli spazi di casa, spesso anche con i figli e con tutte le problematiche del caso. La difficoltà della convivenza forzata, la mancanza di rapporti sociali e le preoccupazioni hanno acuito situazioni di tensione e la scintilla del desiderio s’è spenta”.
Per lei, professoressa Rossi, chi ne ha risentito di più, però, sono stati i giovani e i single…
“Pensiamo che il bacio, la vicinanza, il contatto fisico sono per eccellenza a rischio contagio, quindi chi non ha una relazione fissa non più rischiare di ammalarsi per iniziare una storia d’amore. Pensiamo ai ragazzi alla loro prima esperienza di innamoramento. Durante l’adolescenza ci si avvicina all’altro, si scopre il suo corpo e quali sensazioni può suscitare. Non potendo incontrare i loro coetanei hanno perso un momento importante della loro vita che, sicuramente, recupereranno quanto tutto sarà passato ma che per adesso a loro è negato”.

Mauro Berruto lancia il Manifesto per lo Sport: 13 punti programmatici per un futuro migliore dello sport di base

Si chiama “SPORTIVI – L’Italia che si muove” e si pone l’obiettivo, in questo momento storico molto complicato per tutti, di mettere lo sport al centro (e non di fianco o addirittura in disparte) di una possibile rinascita. Si tratta di un “manifesto”, che attraverso 13 punti accuratamente dettagliati, argomenta i motivi per cui lo sport oggi non può e non deve essere abbandonato a se stesso.

A lanciare l’idea è Mauro Berruto, una laurea in filosofia, ma soprattutto una carriera di altissimo livello come coach di volley. Ex CT della nazionale italiana (con cui tra le altre cose ha conquistato un bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012), oggi lavora facendo formazione manageriale. Professionista di livello assoluto, ma soprattutto e prima di tutto, un grande uomo di sport, che in un momento così difficile ha deciso di impegnarsi in prima persona. Al fianco del movimento sportivo di base, che ha mostrato grande senso di responsabilità e capacità di seguire le regole, ma è stato pesantemente colpito dalla pandemia.

“Il manifesto non vuole essere l’ennesimo appello o richiesta corporativa – commenta Mauro Berruto nel suo intervento al Festival della Salute di Siena – ma è fondamentale lavorare per tenere in vita il movimento sportivo di base, che è in grave difficoltà. Serve un intervento di sostegno per far sì che il “paziente” sopravviva. E poi, dobbiamo pensare ad un modello futuro diverso da quello attuale che si è frantumato. E dobbiamo farlo adesso, senza aspettare di essere fuori dalla pandemia. La nostra idea è quella di rendere virale un progetto ed una proposta di programmazione e di visione”. 

Sono 13 i punti cardine proposti all’interno del Manifesto, partendo da un intervento di sostegno economico alle società, agli operatori del mondo sportivo dilettantistico, ma anche alle famiglie, concedendo loro un bonus per l’attività sportiva dei propri figli. Occorre inoltre intervenire per favorire l’uso da parte delle società delle palestre scolastiche e sostenere chi invece gli impianti li deve gestire, sobbarcandosi costi molto alti in un momento in cui la pratica è fortemente condizionata dalle prescrizioni dei vari DPCM.

“Pensate come sarebbe bello – afferma coach Berruto – se le amministrazioni locali concedessero porzioni di parchi o spazi pubblici alle realtà sportive che sono ferme in questo momento. Per far fare attività non solo ai propri atleti, ma anche a tanti altri giovani e anziani che oggi sono impossibilitati a frequentare le palestre. E poi – prosegue – investirei molto anche su aspetti di cultura sportiva. In un momento in cui i corpi non si possono muovere, la cultura dello sport può diventare oggetto di didattica, ispirando le persone. Se io fossi il Presidente di una squadra di pallavolo, ed avessi ragazze impossibilitate ad andare in palestra, lavorerei sulla cultura e la storia dello sport. Sono certo che in questo modo mi ritroverei in futuro atlete migliori”.

In chiusura si parla anche di economia, perché trascurare questo aspetto oggi sarebbe un errore gravissimo. “Occorre un intervento di sostegno per permettere ai privati di tornare ad investire sullo sport di base – conclude l’ex CT di ItalVolley -. Per consentire a piccole realtà imprenditoriali di poter dare un contributo allo sport, che è un diritto di tutti i cittadini. Purtroppo nella nostra costituzione non viene equiparato ad altri diritti come l’istruzione, ma la pratica sportiva serve per mantenerci in salute.  E quindi oltre che un diritto è anche un dovere.  Perché se ci prendiamo cura di noi stessi contribuiamo a far sì che il sistema sanitario risparmi del denaro, dato che evidenze scientifiche dimostrano che la pratica sportiva incide sulla qualità della vita, sul benessere e sulla salute”.

Infine un invito, quello di visitare la pagina www.culturaitaliae.it/sportivi.  Leggere e sottoscrivere. Al momento sono oltre 12.300 le persone che hanno deciso di combattere questa battaglia a favore dello Sport. Quello sano. Quello per cui vale la pena spendersi personalmente. Anche dopo aver vinto un Bronzo alle Olimpiadi.

Quando la sirena del Covid cominciò a gridare

Una notte infinita, così descrive Angelo Pedone, infermiere ufficiale del corpo militare della Croce Rossa, il suo primo turno fatto all’ospedale San Giovanni XXIII di Bergamo quando scattò l’emergenza Covid a marzo. “Un’esperienza molto forte, la più intensa di quelle che ho vissuto anche prestando servizio negli ospedali militari in zone di guerra. Nei reparti c’era tanto dolore, solitudine e soprattutto la morte. I colleghi infermieri di Bergamo per la maggior parte erano stati contagiati e per questo furono richiesti rinforzi in tutta Italia. Il mio reparto era una sub intensiva, c’erano tanti ricoverati con grandi difficoltà respiratorie. Ci siamo ritrovati in 3 sanitari a dover seguire 30 pazienti, le linee guida erano saltate, i protocolli difficili da rispettare, l’orario di lavoro allungato a 12 ore per la carenza di personale e correvamo da una stanza all’altra per garantire l’assistenza a chi era malato e solo. C’era consentita una pausa ma non l’abbiamo fatta perché mancavano le mascherine, i camici e altri materiali sterili, quindi non potevamo neanche bere o andare in bagno”.

Ha avuto paura di essere contagiato da un virus all’inizio sconosciuto?

“La prima notte ho avuto il terrore di ammalarmi, la mia famiglia, rimasta a Roma, era più preoccupata di me. Dal giorno successivo, vedendo i miei colleghi operare e la necessità di assistenza che c’era, la solitudine dei pazienti, mi è scaturita una forza interiore che mi ha fatto dimenticare il rischio. Dal giorno dopo, sia io che gli altri, siamo entrati quasi in una normalità. In questi mesi ho prestato servizio anche altrove e dico a chi nega la pericolosità di questo virus, di rispettare il dolore di chi si è ammalato, dei parenti delle persone scomparse, di chi si è salvato ma dopo un lungo calvario”.

Qual è il messaggio che vuole dare agli italiani?

“Il corpo militare della Croce Rossa è a fianco di chi ha bisogno, però tutti quanti dobbiamo cercare di attenerci alle regole: indossare la mascherina, il distanziamento sociale, il lavaggio le mani, possono fare la differenza”.

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