Ne parla Alessandro Pini, professore ordinario di Biochimica dell'università di Siena
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SIENA. Siena è un importante centro per la ricerca e messa a punto di misure per contrastare e neutralizzare il virus erroneamente noto come Covid-19. Ne abbiamo parlato con Alessandro Pini, professore ordinario di Biochimica e direttore del Master in ‘Sviluppo di Farmaci e Applicazione Clinica’ (Drug Development and Clinical application) del Dipartimento di Biotecnologie Mediche dell’Università di Siena.
“Il virus Sars Cov2, più noto alle recenti cronache come COVID-19 – denominazione tecnicamente errata: COVID-19 è la malattia (Coronavirus Disease-19). Il virus si chiama Sars Cov 2 o nCoV2019 (dove ‘n’ sta per ‘new’), è nuovo nel senso che ad un certo punto un virus preesistente che infettava solo alcuni tipi di animali – come i pipistrelli – è mutato in modo tale da infettare anche l’uomo. Il fatto di essere ‘nuovo’ implica che non ci sia nella popolazione mondiale una immunità acquisita e questo in particolare è quello che facilita la sua diffusione in ogni parte del pianeta”.
Ci spiega Pini: “Come ormai noto il virus è molto contagioso, il che non vuol dire però che debba per forza provocare malattie gravi, anzi, ormai è evidente che nella stragrande maggioranza dei contagiati la malattia non si evidenzia affatto o solo con sintomi lievi. E’ però importante non sottovalutare i suoi effetti e quindi cercare di contenere il virus. Questo per due motivi principali: uno, perché in alcuni rari casi la malattia provocata può essere molto seria e, in casi di individui già affetti da patologie importanti, addirittura letale; secondo, la legittima preoccupazione della popolazione di fronte ad un tale battage mediatico al quale abbiamo assistito potrebbe portare in modo fuorviante enormi quantità di individui verso gli ospedali, mettendo in seria difficoltà i presidi sanitari”.
Ma al momento, oltre a seguire le disposizioni governative, cosa consiglia di fare?
“Sarebbe molto utile disporre di farmaci specifici per la neutralizzazione del virus. Purtroppo allo stato attuale non ci sono medicine già pronte. Ed è normale che non ci siano, proprio perché il virus è nuovo, quindi pochissimo conosciuto dal punto di vista biologico, e per fare un nuovo farmaco ci voglio molti anni”.
E dunque che difese ci sono?
“I virus si possono combattere con due tipi di medicinali, i vaccini o i farmaci antivirali. I vaccini vengono usati a scopo preventivo, cioè ci consentono di non prendere mai la malattia anche se veniamo a contatto col virus. Per realizzare il vaccino però bisogna conoscere molto bene la biologia del virus, quali sono le proteine virali che meglio stimolano il nostro sistema immunitario, che tasso di mutazione hanno queste proteine e molto altro. Queste informazioni circa il Sars Cov2 sono ancora parziali, dato il poco tempo che i ricercatori hanno avuto per studiarlo. Cionondimeno alcuni tentativi di preparazione di un vaccino sono già in corso negli Stati Uniti, anche se non ci sono molte informazioni pubbliche sullo stato di avanzamento di questa sperimentazione. Nella migliore delle ipotesi ritengo che non potremo avere un vaccino specifico prima dei prossimi due-tre anni.
I farmaci antivirali sono invece delle molecole capaci di neutralizzare il virus quando questo è già venuto in contatto con l’organismo e ha già iniziato a replicarsi dentro le nostre cellule. Per neutralizzare il virus il farmaco deve legarsi ad una proteina virale e impedirne la funzione. Per essere efficace quindi bisogna che il farmaco sia perfettamente complementare alla proteina del virus, perciò è assolutamente necessario conoscere a fondo la struttura e la funzione delle proteine virali e le possibili interazioni che queste hanno con le cellule dell’organismo ospite. Anche in questo caso le poche conoscenze che abbiamo non permettono di avere un farmaco in poco tempo. Per il Sars Cov2 in Italia si stanno sperimentando alcuni farmaci antivirali già usati per altre malattie, tipo quelli usati generalmente per l’AIDS, ma è un po’ uno sparo nel buio e non è noto per ora nessun dato di reale efficacia di questo tentativo terapeutico”.
E per nuovi farmaci?
“Sviluppare nuovi farmaci è un percorso molto lungo, diviso in varie fasi sperimentali che iniziano con l’individuazione di una molecola potenzialmente capace di inibire l’effetto dannoso del virus, poi una fase preclinica di sperimentazione animale (obbligatoria per legge) insieme alla messa a punto del sistema produttivo del farmaco, e infine la sperimentazione nell’uomo, prima in individui sani e poi in pazienti affetti dalla malattia. Solo dopo queste fasi sperimentali gli enti preposti all’immissione in commercio dei farmaci danno l’approvazione alla produzione e alla vendita. Per essere ottimisti diciamo che per fare un farmaco specifico ci vogliono circa 10 anni. Per avere qualcosa di efficace prima di questo tempo bisognerebbe avere la fortuna che un farmaco già noto per altre applicazioni terapeutiche funzionasse anche per questo coronavirus”.
E nel frattempo che misure si devono adottare?
“Allo stato attuale l’unica opzione di contenimento del virus è seguire le più banali norme di igiene personale, lavarsi spesso le mani, soprattutto dopo starnuti e colpi di tosse, non toccarsi occhi, naso e bocca, non venire in contatto con persone infette, non affollare i presidi sanitari se si hanno sintomi lievi di influenza, e soprattutto, non farsi prendere dal panico generalizzato. Saccheggiare i supermercati, come si è visto fare negli ultimi giorni, è del tutto inutile”.