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Teleriscaldamento in Toscana: se n’è parlato a Piancastagnaio

i tetti di Piancastagnaio

di Fabrizio Pinzuti

PIANCASTAGNAIO. “Perché così poca gente?”, ha chiesto e si è chiesto l’ingegner Massimo Montemaggi, responsabile di Enel Green Power, nel suo intervento al seminario “Il teleriscaldamento geotermico. Le esperienze in Toscana”, tenutosi mercoledì scorso a Piancastagnaio. La scelta di un giorno feriale, come suggerito da qualcuno in sala, può aver impedito a qualche pianese la partecipazione all’evento, ma sicuramente a tenere lontana la popolazione è stato il fatto che quella del teleriscaldamento a Piancastagnaio è diventata la “novella dello stento”, titolo e inizio di una filastrocca con cui si finge di voler raccontare ai bambini una inesistente novella senza mai proseguire oltre la ripetuta e monotona proposta di raccontarla, e, in senso figurato, cosa che si ripete in modo noioso e monotono o di affare che va molto per le lunghe senza arrivare a una conclusione.

E’ un argomento di cui, tra promesse e rinvii, si dibatte in paese da almeno cinquanta anni e intanto chi ha dovuto eseguire o rinnovare l’impianto, si è visto costretto a scegliere e investire su altre soluzioni tecnologiche che ora non possono essere ripudiate. Lo stesso sindaco Vagaggini, introducendo il dibattito, ha fatto notare che Piancastagnaio, pur essendo uno dei primi comuni geotermici – l’attività dell’Enel ha qui preso avvio all’inizio degli anni 60 – è ancora sprovvisto di un impianto di teleriscaldamento e poche sono state le adesioni quando si è aperta la possibilità di fruizione della risorsa per le zone artigianali e industriali. Anche Montemaggi ha riconosciuto del resto che “dovevamo concretizzare prima l’iniziativa del teleriscaldamento”. Questo non vuol dire ovviamente che a determinare l’attuale situazione abbiano contribuito problemi reali, a cominciare da quelli economici, burocratici, gestionali e organizzativi. “Il 90% della spesa di un teleriscaldamento – ha specificato Montemaggi – va nell’impiantistica della rete e il 10% nella fonte energetica. Gli investimenti si ammortizzano se c’è un’utenza. E questo spiega la diffusione nell’Europa del Nord; non è l’Italia ad essere sempre in ritardo. La spesa per un impianto che serva 1000 famiglie si aggira sui 12- 13 milioni di euro. L’impianto dovrebbe essere pubblico e realizzato dal Comune, che può attuare una politica tariffaria più attenta, senza recuperi veloci dell’investimento, facendone un patrimonio di tutti i cittadini. Durante la realizzazione, sfruttando gli scavi, possono altresì essere realizzate o rinnovate altre tecnologie e impianti utili al cittadino. Altro attore è lo Stato che concede contributi sia di allaccio che di facilitazioni fiscali o di certificati bianchi. Finita l’opera il Comune la cede in concessione a ditte di gestione, facendosela pagare a canone concordato. Terzo attore è il Cosvig (Consorzio di sviluppo delle aree geotermiche), che può anticipare una parte dell’investimento. Altro attore è l’Enel che fornisce la risorsa a prezzi convenienti, di puro costo, intorno a 1/20 del prezzo del metano. Il costo maggiore per il cittadino è rappresentato dall’impianto, che deve durare decenni. Ultimi attori sono proprio i cittadini, che devono trovare la convenienza economica e funzionale. Si tratta insomma della creazione di un valore condiviso, anche di sostenibilità economica e ambientale. Il cittadino deve vedere crescere la qualità della vita, evitando snervanti adempimenti burocratici e dare il ptoprio contributo per ridurre l’inquinamento. Si pensi a quanto gasolio può essere risparmiato, sia per il consumo che per il trasporto”.

Per l’ingegner Carcioffo, vicepresidente di AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano), “il teleriscaldamento è una tecnologia versatile e può essere utilizzata con una molteplicità di fonti (geotermia ma anche gas naturale, biogas e/o incenerimento dei rifiuti, biomasse ed esistono anche piccole esperienze di solare termico). Al di là del tipo di alimentazione utilizzata, il teleriscaldamento è uno strumento che consente di abbattere sensibilmente l’impatto ambientale della somministrazione di calore negli edifici”.

Una tecnologia promettente che, tuttavia, ci vede in Europa come il proverbiale fanalino di coda nella classifica dei paesi che ne fanno utilizzo. Anche le condizioni climatiche del nostro paese non ne favoriscono la diffusione, e non a caso  in Italia i principali impianti di teleriscaldamento sono localizzati nel nord (Brescia, Torino, ecc.), fissando intorno al 4,5%  la popolazione nazionale servita, ed è bene ricordare che la parte del leone tra le fonti che li alimentano spetta ancora al gas naturale.

Di teleriscaldamento geotermico in particolare ha parlato Sergio Chiacchella, direttore generale di CoSviG, portando l’esperienza toscana in questo settore. “La geotermia è innanzitutto una fonte identitaria, che caratterizza in maniera inequivocabile i territori su cui insiste, sin dall’antichità. Il nostro paese e la nostra regione sono stati i primi al mondo ad utilizzare questa fonte per la produzione di energia elettrica e la nostra tecnologia e know how è esportata in tutto il mondo”.

È bene ricordare infatti che l’Italia è il primo produttore di elettricità da fonte geotermica nell’Unione Europea e il sesto al mondo.  Ma come sappiamo non esiste solo la produzione di elettricità, ma anche l’uso diretto della frazione calore dei fluidi geotermici. E tra le numerose applicazioni di uso diretto del calore troviamo proprio l’alimentazione di reti di teleriscaldamento. Le aree interessate dalla geotermia in Toscana sono caratterizzate da una bassissima densità abitativa e questo comporta un elevato costo dell’investimento iniziale per realizzare un sistema di teleriscaldamento. “Questo è probabilmente l’unico punto critico di questa tecnologia, ma una volta installata, come dimostrano gli esempi ormai consolidati sia nella zona geotermica tradizionale, sia in Amiata, i benefici superano ampiamente i costi”.

Il primo esempio di teleriscaldamento geotermico urbano in Italia è del 1955 a Larderello, anche se si dovrà aspettare il 1985, con il teleriscaldamento di Castelnuovo Val di Cecina per il primo impianto di concezione “moderna”. A questi sono seguiti gli altri impianti e le estensioni delle reti per completare un quadro che adesso vede coperti (oltre appunto a Castelnuovo Val di Cecina) anche i Comuni di Pomarance, Monterotondo Marittimo, Monteverdi Marittimo, Santa Fiora, Montieri, Radicondoli (in corso d’opera) e per ultimo, in ordine temporale, Chiusdino i cui lavori sono in fase d’appalto. Impianti che nel 2014 (i dati relativi al 2015 sono ancora in elaborazione) hanno consentito un risparmio di 28.000  tonnellate di petrolio equivalente (TEP) ed evitato l’immissione in atmosfera di 61.000 tonnellate di CO2. Dati che -insieme alle cifre relative al sempre crescente ricorso alle pompe di calore geotermiche- disegnano un quadro in cui la geotermia appare come una fonte straordinariamente dinamica, dalle enormi prospettive di sviluppo e su cui continuare ad investire.

A Emanuele Ghelardi, responsabile di uno studio di progettazione, il compito di illustrare alcune particolarità tecniche e costruttive dei moderni impianti di teleriscaldamento geotermico, evidenziando in particolare le possibili soluzioni ai problemi di ripristino ambientale a seguito degli interventi di posa delle reti. Dopo gli aspetti tecnico costruttivi di un rete di teleriscaldamento, Roberto Amidei, ne ha illustrato gli aspetti gestionali prendendo come riferimento l’esperienza dell’azienda GES di cui è direttore. GES (Geo Energy Service) è una società in house del Comune di Pomarance che, attraverso un processo di fusione con Monteverdi Energia, oltre agli impianti storicamente gestiti sta prendendo in carico anche i teleriscaldamenti del vicino comune di Monteverdi Marittimo e della frazione di Canneto. Tra le principali difficoltà riscontrate è l’utilizzazione di impianti costruiti in tempi diversi e quindi con tecnologie differenti e che necessitano di una progressiva standardizzazione. Inoltre Amidei ha evidenziato la necessità di rendere modulabile l’offerta di calore, a seconda dei vari periodi dell’anno.  Una peculiarità positiva degli impianti di teleriscaldamento è quella di poter utilizzare fluido geotermico non idoneo alla produzione di elettricità e che una volta estratto rischia di non essere utilizzato. Con il teleriscaldamento invece si può sfruttare questa ulteriore fonte a costi ridotti (4 su 7 impianti gestiti da GES utilizzano proprio questa risorsa). I risparmi per l’utenza domestica con la rete di teleriscaldamento ammontano a circa 500 euro all’anno, considerando non solo le economie per il riscaldamento ma anche il risparmio dei consumi elettrici nelle lavatrici/lavastoviglie, essendo gli impianti moderni predisposti anche per la fornitura di acqua sanitaria.

Nella seconda sessione, dedicata ai “Teleriscaldamenti nell’area geotermica visti dalle Amministrazioni”, è spettato ad alcuni amministratori raccontare il loro “teleriscaldamento”. In particolare sono intervenuti Loris Martignoni (sindaco di Pomarance), Nicola Verruzzi (sindaco di Montieri), un rappresentante del Comune di Santa Fiora, ed Emiliano Bravi (sindaco di Radicondoli), ciascuno portatore di una diversa esperienza nell’uso del calore della terra. A concludere la giornata, una tavola rotonda dedicata a quelle che sono “Le opportunità per gli operatori economici”, all’interno della quale sono intervenute le aziende Vapori di Birra (birrificio geotermico), GeoSerra e Parvus Flos (serre geotermiche) e Comunità del Cibo a Energie Rinnovabili che -in modi diversi- sono riuscite a trarre vantaggio dal ricorso ad un’energia sempre più sostenibile e amica dell’ambiente.

Particolarmente ascoltato è stato l’intervento di Silvia Sabatini e di Gabriele Guerrini, della pelletteria Garland di Piancastagnaio, che hanno ricordato che l’impianto è stato realizzato perché relativamente vicino alla fonte, con emissioni vicino allo zero e costi contenuti, a conferma di un’energia con una collaudata tecnologia che strizza l’occhio alla lotta ai cambiamenti climatici e consente tangibili risparmi economici nei bilanci familiari e aziendali.

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