Una corretta gestione discussa nel convegno di Monteroni
MONTERONI D’ARBIA. Tagliare la vegetazione lungo i corsi d’acqua? Se sì, dove? E quanta? Taglio raso o selettivo? Come approcciarsi agli animali semifossori (istrici, tassi, volpi, nutrie), che popolano gli argini? E alla vegetazione aliena? Sono alcune delle domande alle quali hanno provato a dare una risposta gli esperti delle Università toscane nel corso del convegno organizzato dal Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud, alla sala cinema di Monteroni.
“Verso una corretta gestione dall’ambiente ripariale tra rischio idraulico e tutela della biodiversità”, questo il tema della giornata, ha visto confrontarsi i docenti degli atenei, che proseguono nella ricerca portata avanti sui corsi d’acqua delle province di Siena e Grosseto.
Federico Preti, professore dell’Università di Firenze, dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, alimentari e forestali, ha parlato di come “quantificare gli effetti della manutenzione gentile. Dobbiamo tagliare quando solo c’è rischio idraulico – afferma –, ma sempre salvaguardando l’ecologia. Ed evitando di tagliare a monte, perché facendolo potrebbe arrivare più acqua nei centri abitati. E’ un argomento complesso, ma il giusto compromesso si può trovare: adesso abbiamo tanti dati a disposizione, con rilievi in una cinquantina di zone. Elaborandoli possiamo decidere se il taglio è necessario o meno”.
Claudia Angiolini e Leopoldo De Simone, docente e assegnista di ricerca dell’Università di Siena, dipartimento di scienze della vita, hanno invece riflettuto su “influenza di fattori ambientali, disturbo e specie aliene sulla vegetazione ripariale in Toscana meridionale. Lo studio ha riguardato la situazione della vegetazione nel torrente Arbia – spiega De Simone –, occupandosi dei principali fattori che determinano declino o diversità di ogni specie. L’Arbia manca di una fascia tampone tra la vegetazione ripariale e i campi coltivati e la vegetazione ne risente”. “Abbiamo in corso un esperimento sul fiume Ombrone – aggiunge Angiolini – per capire quanto i diversi tipi di taglio impattano sulla vegetazione. Il taglio raso va a impattare prevalentemente la ricchezza di specie arboree e aliene: nel tempo diminuiscono le aliene, mentre c’è un arricchimento nel bosco. E in una ventina d’anni si ha un recupero della vegetazione ripariale soprattutto nella fascia interna, quella più soggetta alle piene”.
Ha invece parlato di “I mammiferi semifossori sugli argini fluviali: implicazioni e azioni gestionali” Francesca Coppola, assegnista di ricerca del team coordinato dal professor Antonio Felicioli dell’Università di Pisa, dipartimento di scienze veterinarie. “In questi tre anni abbiamo provato a trovare azioni alternative, soprattutto sulla gestione della vegetazione – afferma – per limitare i fattori che favoriscono l’insediamento degli animali sui tratti arginati, riducendo così il rischio idraulico causato dal potenziale crollo delle strutture per la presenza di questi mammiferi e delle loro tane. Tagli frequenti, mantenere una vegetazione più rada possibile sono fondamentali per limitarne la presenza”.
“Questo progetto non solo è fondamentale per noi, ma può aprire la strada per tutti i consorzi – auspica Fabio Bellacchi, presidente di Cb6 –. Occorre però capire che la materia è complessa e tiene conto di tanti fattori diversi, non è facile individuare la giusta strategia. Sicuramente il supporto delle università può permetterci un salto di qualità nel nostro lavoro. Nell’interesse dei cittadini, che spenderanno meno e saranno più sicuri, e della biodiversità”.
“Il Consorzio 6 Toscana Sud si è messo in discussione – aggiunge Massimo Tassi, responsabile area manutenzione di Cb6 –, rivalutando tutta una serie di interventi. Il lavoro delle Università ci aiuta a capire meglio la bontà degli interventi sul territorio. Un supporto fondamentale nel duplice obiettivo: realizzare buoni interventi che rendano sicuro il territorio e che siano sostenibili”.
“Abbiamo ottimi indicatori sul breve periodo – osserva Martina Bencistà, responsabile del progetto e moderatore del convegno –, sul lungo dobbiamo invece ancora lavorare. Come era prevedibile durante la ricerca si sono aperti molti altri punti di studio e di osservazione: siamo partiti con un concetto abbastanza semplice e ora si sono aperti scenari anche complessi, come succede negli studi importanti”.
Il Comune di Monteroni d’Arbia ha ospitato l’evento e per il sindaco Gabriele Berni, davanti a una platea importante con altri sindaci della zona, rappresentanti della Regione Toscana, di associazioni di categoria e ambientaliste e di Anbi regionale, con il presidente Marco Bottino e il direttore generale Fabio Zappalorti (che è anche dg di Cb6), è stata anche l’occasione per fare il punto sulla situazione idraulica del territorio. “L’alluvione che ci ha colpito nel 2015 – ha ricordato il primo cittadino – è stata così grave anche per lo stato di abbandono e di incuria dei nostri corsi d’acqua. Fortunatamente con l’arrivo del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud è iniziato un percorso diverso, di collaborazione e di lavori. L’evento del 2015 ha prodotto danni importanti a tal punto che ci ha obbligato a rifare quasi tutti i ponti del nostro Comune. Dell’ultimo rimasto di quelli impraticabili, quello sulla Causa, abbiamo consegnato i lavori in questi giorni. Il nostro – conclude Berni – è un territorio vulnerabile, con un elevato rischio idraulico, abbiamo bisogno di interventi di manutenzione costante che siano fatti bene. Ecco perché un progetto come questo è importante: può farci operare con un metodo scientifico tutelando la popolazione attraverso la riduzione del rischio e la tutela dell’ambiente con la salvaguardia della biodiversità”.