Anche nella vivibile Toscana situazioni nate dalla speculazione han fatto da cassa al disastro naturale
di Lexdc
SIENA. La situazione nella provincia di Siena pare tornata sotto controllo. Nonostante non si siano raggiunti i livelli del grossetano, l’emergenza ha interessato una vasta area nella Valdichiana (Sinalunga, Montepulciano, Chiusi), dove si sono avute perdite sul tabacco non ancora raccolto, ortofrutticoli e semine dei cereali; nella zona dell’Amiata invece danni per smottamenti ed alle attrezzature e macchinari agricoli. Ha molto impressionato la chiusura contemporanea del grande traffico Nord-Sud sulla dorsale tirrenica dovuto alla piena dell’Albegna ad Albinia e alla rottura degli argini del torrente Salcheto alle Tre Berte e del torrente Parce a Montallese che hanno decretato la chiusura rispettivamente dell’Aurelia e dell’Autostrada del Sole. Ma in particolare a Montallese siamo andati vicino a un disastro ambientale. Infatti un capannone pieno di rifiuti speciali agricoli, anche infettivi, di proprietà di Cascina Pulita Srl, è scampato per caso all’invasione delle acque, grazie alla vasca di espansione del Gragnano che ha fatto la sua parte e non è finita ancora nel mirino di qualche costruttore senza scrupoli. Perché l’alluvione è sempre una gran brutta storia, di cui però si tratteggiano le responsabilità nei due giorni seguenti, per poi dimenticare tutto. Anche nella provincia di Siena, però, le scelte operate nella gestione del territorio, nella pianificazione urbanistica e nell’edificazione di quartieri residenziali, aree artigianali e commerciali dovrebbero essere affrontate e riconsiderate criticamente: tanti hanno guadagnato andando a costruire là dove era il “terreno malsano” come dicevano i nostri vecchi. Distratti ma interessati anche nell’azzerare alla speculazione i costi della prevenzione. Perché l’Italia è un paese capace di dimostrare risposte straordinarie nell’emergenza, ma incapace di prevenirla. Con qualche eccezione: Chiusi Scalo, ad esempio, è finalmente riuscita a scampare a quei centimetri d’acqua costante in caso di forti piogge negli anni passati.
A Sinalunga, come sempre, i maggiori danni sono stati provocati dalla rottura degli argini della Foenna, in una piana pregna di acque dove è stato cementificato, dove non è stato posato asfalto, tutto quello che si poteva cementificare. Da Via Casalpiano fino a Via Piave è stato un susseguirsi di laboratori e opifici allagati, che hanno fatto tornare alla mente l’altra alluvione del 2006. E lambendo anche le contrade intorno Via Trento. Non sono mancate le polemiche istituzionali, con il sindaco di Sinalunga a protestare. “Prima di chiedere i danni alla Provincia di Arezzo, il Sindaco di Sinalunga farebbe bene a chiederli a sè stesso” ha controbattuto l’assessore alla difesa del suolo della Provincia di Arezzo Antonio Perferi “visto che buona parte dei problemi che pone sono frutto di scelte urbanistiche che hanno consentito di edificare alcune abitazioni e addirittura una Centrale a Biomasse in area ad alto rischio alluvionale”. Il politico aretino rincara quindi la dose: “Giova ricordare che la Valdichiana è storicamente una valle alluvionale i cui territori sono stati sottratti alla palude, ma che per conformazione geologica e per volontà di antichi “ingegneri idraulici” sono soggetti ad allagamenti. Non a caso questa stessa area è classificata dal Piano approvato dall’Autorità di Bacino dell’Arno, a rischio 3 e 4. Occorre più consapevolezza, da parte di tutti, che le opere di difesa idraulica non potranno mai, da sole, eliminare il rischio, ma soltanto diminuirlo. Vorrei, infine, ricordare al Sindaco – conclude l’Assessore Perferi – che l’intervento di ripristino e di consolidamento dell’argine del Torrente Foenna, sia per quanto riguarda la parte direttamente interessata dalla rottura che per quelle parti risultate indebolite dall’evento di piena del 2006, è stato realizzato, ma ci siamo dovuti fermare per la presenza della condotta irrigua che viene utilizzata dai Comuni di Sinalunga e Lucignano anche come soccorso idrico estivo, la cui delocalizzazione costa milioni di euro”.
La polemica a Sinalunga c’è stata anche tra il Comune e alcuni macapitati cittadini a cui la Foenna ha fatto visita direttamente in casa. Dopo le prime 48 ore nessuno aveva più un alloggio. L’emergenza era rientrata e quindi niente posti asciutti per chi aveva ancora il fango in casa. Una disorganizzazione che, è il caso dirlo, è stata pagata solo e sempre dalle fasce più deboli della popolazione.
Ma quanta acqua è caduta? “Sono bastati due giorni di piogge intense” ha detto il presidente di Publiacqua a Firenze, Erasmo D’Angelis, “per far passare l’Arno dalla siccità più lunga del secolo al superamento del primo livello di guardia a Nave a Rovezzano e ad Incisa”. Poche parole che rendono bene l’idea di quanto sia piovuto sul complesso della regione Toscana. C’è da tenere conto che, a causa del cambiamento climatico in corso, non è possibile fare modelli di previsione adeguati all’evolversi della situazione. Nei prossimi anni il numero di fenomeni “estremi” potrebbe salire e con esso anche la portata. Come finanziare la prevenzione e le opere necessarie? Rinunciare, se la lobby delle armi lo permettesse, anche a uno solo dei 130 F35, cacciabombardiere Lockheed da combattimento che la nostra Aeronautica “deve” assolutamente comprare e a cui il Ministero della Difesa non intende assolutamente rinunciare, potrebbe essere un punto di partenza interessante. Vale 650 milioni di euro la protezione della nostra vita, una cifra sufficiente per mettere in sicurezza tutta la Toscana, da Massa all’Amiata. I morti ad Albinia chiedono il nostro rispetto.