Il decreto non è inserito nel Milleproroghe approvato di recente
di LEXDC SIENA
SIENA. Dal primo gennaio 2011 la rivoluzione dell’ ecopackaging sarebbe potuta essere una realtà ambientale in Italia, che per una volta si sarebbe potuta classificare prima e all’avanguardia in Europa. Nel decreto milleproroghe infatti non si è inserito, al contrario di come annunciato con forza dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, il decreto attuativo della legge 296 di quattro anni fa che ha messo al bando definitivamente i sacchetti di plastica, probabilmente in obbedienza ai desideri della lobby di Unionplast che sotto la direzione di Enrico Chialchia è il riferimento associativo dei produttori di plastica italiani. Addirittura l’associazione ha preannunciato una dura battaglia di retroguardia con ricorsi al Tar.
Ormai i danni procurati negli oceani da masse di sacchetti di plastica che si biodegradano rilasciando sostanze inquinanti sono acclarati, e la messa al bando è ;un atto dovuto in tutto il mondo: il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente ha calcolato che ogni anno uccidono 100mila mammiferi marini, come tartarughe, balene ma anche molti uccelli di mare, oltre a danneggiare l’agricoltura e la pesca. L’isola di immondizia chiamata “Pacific Trash Vortex” è un’enorme massa di spazzatura composta soprattutto da plastica, estesa tra i 700mila e i 10 milioni di Km2, che galleggia nell’Oceano Pacifico a Nord delle Hawaii. I sacchetti usa e getta hanno una vita brevissima, ma per produrli occorrono grandi quantità di petrolio e possono rimanere nell’ambiente da 15 a 1000 anni prima di essere smaltiti del tutto, distrutti dai raggi ultravioletti e dal calore.
Molte catene della grande distribuzione, in attesa dello stop ufficiale, tuttavia, hanno già cominciato a farne a meno, rinunciando al vecchio sacchetto “a canottiera” in favore dello shopper in bioplastica o in carta, che sicuramente sono meno pratici e resistenti del vecchio, ma non inquinano e sono riciclabili. Spesso l’iniziativa è partita dalle amministrazioni locali: 150 comuni, con Torino capofila, ne hanno vietato l’impiego o hanno promosso campagne per scoraggiarne l’uso come “Porta la sporta”, lanciata nel 2009, o campagne proposte da associazioni come quella proposta dalla Coldiretti e chiamata “Compostiamoci meglio”. Le polemiche non sono mancate, anche a Siena dove vengono distribuiti i sacchetti ecologici: spesso portare la spesa a casa diventa un’impresa, le buste si rompono con facilità in presenza di confezioni con spigoli vivi come quelle dei salumi, termosaldate.
Si dovrebbe dare spazio a carta, iuta, bioplastica. E portarsi la sporta da casa sarà sicuramente la scelta più virtuosa, oltre a ridurre la spesa per i sacchetti che, incidendo per la cifra di 5 centesimi l’uno, possono costare 20 euro all’anno per famiglia. Forse non tutti sanno che gli italiani sono tra i maggiori utilizzatori di sacchetti d’Europa, che nel nostro continente si consumano circa 100 miliardi di pezzi all’anno, di cui un quarto importati dall’Estremo Oriente, con un fabbisogno di centinaia di migliaia di tonnellate di petrolio. Sarebbe un bel risparmio per la nostra bolletta energetica, ma sembra che gli interessi di alcune centinaia di aziende del settore plastico siano più importanti della salute dei cittadini italiani e della natura. potete vedere da soli nei fossi ai lati delle strade quanti sacchetti abbandonati sono stati gettati.