Relazione tra attività estrattiva e sisma in Emilia?

di Fabrizio Pinzuti

AMIATA. E’ possibile una relazione tra sismicità e attività di trivellazione, ricerca ed estrazione del sottosuolo? La domanda che tante volte è rimbalzata nei tavoli della comunità scientifica, senza mai trovare unanimità di giudizi, a proposito della geotermia e della frequente attività sismica riscontrata in Amiata, si è fatta più pressante dopo il disastroso terremoto in Emilia del 2012. Non esiste una prova provata della relazione ma il fatto che sia l’Amiata che l’Emilia abbiano una lunga storia di lavorazioni sotterranee giustifica e legittima la domanda. In Amiata l’attività geotermica ha avuto inizio poco dopo il 1960, in Emilia il sottosuolo era sfruttato dal 1940, quando già si estraeva il petrolio tra Mirandola, Fossa e Concordia. Ne dà notizia il geologo modenese Antonio Scaglioni, esperto di quei territori, già componente della commissione provinciale sul deposito gas citando un testo sulle attività estrattive in Emilia Romagna dell’ autore Attilio Scicli, edito nel 1972 da Artioli di Modena. Il testo riferisce che negli anni ’50 si tentò una ricerca più approfondita a Quarantoli, senza successo, pur essendo arrivati a 2700 metri. Nel 1965 nasceva la concessione “Mirandola”, che coinvolgeva anche il Cavone. Furono aperti 67 pozzi, di cui 31 erano ancora attivi nel 1970, quando venivano estratti 2 milioni e mezzo di metri cubi al mese. «Questa estrazione – spiega oggi Scaglioni – può avere portato all’alterazione degli equilibri ipogei, che non è da escludere abbiano contribuito a favorire poi gli eventi sismici del 2012. Le risposte dei fenomeni geologici non sono quasi mai immediate». Insomma, è da tempo che a Mirandola e dintorni le estrazioni alterano il sottosuolo. «Non è una novità che la Regione avesse già da tempo ammesso la possibilità che l’ estrazione di petrolio dal Cavone potesse provocare la sismicità di bassa intensità che interessava la nostra zona prima dei terremoti del 2012», conferma Scaglioni, citando gli atti della Regione. Scaglioni ricorda anche che la notizia all’ epoca non trovò eco. A rinvigorire il significato della domanda ci ha pensato recentemente un articolo della rivista Scienze, qui di seguito riassunto nei punti fondamentali: «Due terremoti mortali che hanno colpito il Nord Italia nel 2012 potrebbero essere stati innescati dalle estrazioni di petrolio in un campo locale, secondo una equipe internazionale di geologi…». L’articolo si sofferma sul fatto che «i risultati sono stati presentati alla Regione Emilia Romagna almeno un mese fa, ma che i politici a livello sia regionale che nazionale ne temono gli effetti, e ne stanno ritardando la pubblicazione». «Benché formulate con cautela, le conclusioni della commissione potrebbero portare i presidenti regionali a negare i nuovi permessi, e anche le estrazioni in corso potrebbero essere sospese». Poi Science informa sulla Commissione Ichese (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region), formata da due geologi italiani e tre geologi stranieri. E spiega che nel suo rapporto, datato febbraio 2014, la Commissione esclude qualsiasi correlazione con il giacimento di 3.7 miliardi di metri cubi di gas (a Rivara di Modena), poiché «all’epoca dei terremoti le trivellazioni dovevano ancora iniziare». Ma indica un altro sito: «il campo petrolifero di Cavone, posseduto e gestito da Gas Plus per cui secondo le conclusioni del rapporto, non si può escludere “che le attività a Cavone possano avere innescato il sisma del 20 Maggio, il cui epicentro si trova a 20 km di distanza”». Poi il punto chiave dell’ articolo: «Variazioni di sforzi e pressioni all’ interno della crosta terrestre, dovute sia all’ estrazione di greggio che all’ iniezione di fluidi pressurizzati per facilitarne l’uscita, possono non essere stati sufficienti, spiegano gli esperti, a produrre un terremoto così violento, ma è possibile che la faglia responsabile dell’evento del 20 maggio si trovasse già vicina al punto di scivolamento, e che le variazioni prodotte dall’ uomo nella crosta, benché estremamente piccole, siano state sufficienti per “innescare” il terremoto. A sua volta il sisma avrebbe prodotto le variazioni di stress che hanno poi innescato l’evento del 29 Maggio». «La Commissione – conclude – è giunta a queste conclusioni esaminando la correlazione fra le aumentate estrazioni dal campo di Cavone nel mese di aprile e l’ aumento di sismicità registrato nella zona prima del 20 maggio». Si viene oggi tra l’altro a sapere che la Regione certificava che “non può essere esclusa un’influenza delle attività di estrazione e reiniezione sulla sismicità meno profonda (scosse con ipocentri a profondità comprese tra i 1000 e i 3000 metri)», parlando delle estrazioni di gas e petrolio al Cavone, con reiniezione di fluidi, poche settimane prima dei terremoti che hanno devastato la Bassa nel maggio 2012. Parole dell’assessore regionale Paola Gazzolo, rivolte dopo gli accertamenti dell’epoca al consigliere Mauro Manfredini, che proprio sulla questione Cavone e sulle estrazioni e reiniezioni nel sottosuolo aveva presentato a dicembre 2011 un’interrogazione. Si scopre così, spulciando negli atti dimenticati della Regione, che la stessa Regione ammetteva una possibile relazione Cavone – terremoti, ma prima del maggio 2012 e molto prima delle così discusse conclusioni della commissione Ichese. Stesse conclusioni, ma oggi con una portata assai diversa, perché di mezzo c’ è stato un terremoto devastante. Lasciamo da parte tutti i commenti e le speculazioni politiche, né siamo certamente noi a voler speculare su certi grotteschi imbarazzi dei politici chiamati in ballo dalla vicenda. Quello che ancora una volta preme sottolineare è che in Amiata come In Emilia, ma la storia vale anche per il Lazio, La Campania, l’Umbria, la Sardegna e per tutte le altre zone dove si attuano “coltivazione e ricerca” del sottosuolo, il principio di precauzione (“nel dubbio astenersi”), che pure è raccomandato da organismi come le Nazioni Unite, tante volte (troppe volte) deve cedere il passo a più forti interessi. E se non è provata una relazione certa tra perforazioni e attività sismica, i rischi che si corrono sono sicuramente noti. Vale la pena correrli?