A Fukushima la tragedia diventa sempre più grande
di LEXDC
SIENA. L’ultima notizia che proviene dal Giappone ci dice che la Tepco (Tokyo Electric Power Company) ha ammesso che “più di 100.000 tonnellate di acqua altamente radioattiva è fuoriuscita dai reattori danneggiati della centrale nucleare di Fukushima Daiichi”. La società si dimostra insolitamente allarmistica – ma abbiamo già avvertito in un articolo precedente che il problema di dove finiva l’acqua era sottovalutat o- ed è arrivata ad ammettere che “l’acqua potrebbe traboccare nel giro di un mese durante la stagione piovosa” e di non essere in grado di realizzare un luogo sicuro per immagazzinarla per tempo dopo la filtrazione. Ancora una volta si dimostra quanto sia grave il problema della “disinformazione informata”: le notizie non vengono nascoste, ma raccontate in modo parziale e tendenzioso, se non volutamente omissivo. Siamo a conoscenza che i reattori sono stati danneggiati prima dal terremoto che dallo tsunami e che localmente il sisma ha raggiunto livello sette e non nove come nell’epicentro, dai dati forniti dalla Tepco a metà maggio. C’erano ben 53 sismografi dentro la struttura di Fukushima… Però la compagnia ha diffuso a livello di informazione di massa la sensazione che invece il disastro sia il frutto di un combinato terremoto/tsunami/distruzione delle dighe. Chiaramente una fatalità, secondo loro, quindi impossibile da prevedere, mentre prima dello tsunami (circa 50 minuti) già si erano manifestate le gravi anomalie ai reattori e il disastro era in opera. Ci sarebbero comunque centinaia di chilometri quadrati di mare radioattivo a sud, e i danni sulla catena alimentare sono incalcolabili e imprevedibili anche dall’altra parte del mondo.
Evidentemente per Ispra, l’agenzia di controllo per la sicurezza nucleare in Italia, la tragedia giapponese è ormai un ricordo da dimenticare, una emozione da diluire, in vista dei referendum certo non graditi al governo. L’ultimo aggiornamento dei dati risale allo scorso 19 maggio, prima della legge-truffa che in teoria ci doveva privare della consultazione. Ci racconta di una serie di numeri ormai vecchi e superati per la triste realtà nel Sol Levante, “disinformazione attiva” potremmo chiamarla. Forse voluta o forse no, incomprensibile comunque, vista la gravità della situazione da non sottovalutare e che ci porta novità negative costantemente. Ci dice inoltre, con la solita formuletta che abbiamo riportato più volte, che “I valori riscontrati in Italia sono in generale accordo con quelli rilevati negli altri paesi europei, non hanno alcuna rilevanza dal punto di vista radiologico e sono tali da non costituire alcun rischio di tipo sanitario”. Saremmo più contenti di leggere e farvi sapere che i valori del 19 maggio sono tali ancora oggi 4 giugno, nonostante i venti che si muovono incessantemente nell’atmosfera terrestre e che la radioattività si può misurare ma non vedere.