L'autorizzazione concessa a Petroceltic alle Tremiti apre la strada ad altre
SIENA. (f. p.) Il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato le ricerche di petrolio di fronte ad uno dei gioielli ambientali più importanti d’Europa: le isole Tremiti.
Il 22 dicembre 2015 con decreto n.176 è stato conferito il permesso B.R274.EL alla società Petroceltic Italia srl di fronte ad un paradiso ambientale e su una superficie di 373,70 Km/q e in un’area dalla ricca biodiversità marina verranno utilizzate le tecniche più devastanti come l’air gun per le ricerche di idrocarburi, e siccome siamo in periodo di saldi la Petroceltic Italia pagherà allo Stato italiano per bucare i 373 km/q di fondale marino, la cifra di euro 5,16 per km/q per un totale di 1928,292 euro l’anno.
Altri paradisi ambientali sono in pericolo perché sono in corso di autorizzazione permessi di fronte all’isola di Pantelleria per un’estensione di 4124 Km/q e nel golfo di Taranto per estensione di 4025 km/q a favore della Schlumberger Italiana. Sempre a Pantelleria è stato sospeso un permesso all’Audax Energy, non revocato, in attesa di un idoneo impianto di perforazione. In Italia sono vigenti permessi di ricerca per idrocarburi per un totale di 36.462 km/q di cui 90 sulla terraferma, per un totale di 27.662,97 Km/q e 24 nel sottofondo marino per 8.800 Km/q: si sta perforando un territorio equivalente a quello della Lombardia e Campania messe insieme.
E’ in corso una petizione per un referendum, i cui promotori – un vasto fronte che va dai comitati NO TRIV alla Federazione dei Verdi – sostengono che “l’Italia deve fermare le trivelle non i referendum, valorizzare i suoi tesori ambientali, tutelare l’economia della pesca, dell’agricoltura e del turismo che sono messe a rischio dalle tecniche invasive e distruttive di perforazione. Il futuro non è il petrolio, ma una politica energetica 100% rinnovabile perché la lotta ai cambiamenti climatici non si fa bucando la terra per trovare petrolio, ma avviando la modernizzazione dell’Italia che in questo campo è contrastata dalle lobby del petrolio”.