Le grandi catene di distribuzione sono già corse ai ripari
di Fabrizio Pinzuti
SIENA. Nell’ultimo numero di Report (31 maggio) di Milena Gabbanelli è stata ribadita, con il parere di illustri nutrizionisti e esperti di merceologia, la nocività dell’olio di palma. Il problema dell’utilizzazione di questo grasso in molti prodotti da forno non è solo sanitario; per dar spazio alle coltivazioni di palma – da cui si estrae l’olio sempre più richiesto dal mercato per il suo costo notevolmente inferiore ad altri grassi quali il burro, l’olio di mais, girasole, sesamo, vinacciolo – si bruciano infatti le foreste tropicali. 140mila sono state le firme raccolte dalla petizione promossa da Great Italian Food Trade e da “Il Fatto Alimentare”, perché siano introdotti provvedimenti legislativi atti ad azzerare l’utilizzazione dell’olio di palma. Sembra che da parte di molte associazioni di consumatori, di nutrizionisti e di salutisti non ci si contenti più solo dell’obbligo, introdotto dal 1 gennaio di quest’anno, di indicare in etichetta l’elenco preciso degli ingredienti, evitando dizioni generiche, quali grassi vegetali o simili, quasi a voler nascondere la presenza di questo elemento.
E’ probabilmente per questi fermenti che 15 catene di supermercati hanno iniziato il processo di riduzione e sostituzione del grasso tropicale: Coop, Esselunga, Carrefour, Iper, Despar, Primia con i marchi Basko, Poli, Tigros e Iperal, Crai, Ikea, Ld Market, Picard, MD discount, U2. Con ogni probabilità la lista è destinata ad allungarsi, come è destinato ad essere seguito l’esempio di Alce Neo e Gentilini che già da tempo sfornano prodotti “palma free” – più recente sembra l’adesione di Misura. Battaglia vinta dunque? Roberto La Pira, giornalista e tecnologo alimentare, segnala sul “Il Fatto Alimentare” del 25 maggio scorso che la lobby italiana dei dolci sta per investire 55 mila euro per convincere direttori di quotidiani e tv che l’olio di palma fa bene alla salute, non distrugge le foreste ed è eccellente, secondo un progetto denominato “Piano di comunicazione sul problema dell’olio di palma” in discussione negli uffici di Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta), piano che dovrebbe essere affidato a un’agenzia di Roma.
I 55 mila euro previsti per i primi 6 mesi verranno utilizzati per “incontri conviviali (one to one)” con i top media (categoria che secondo il documento comprende direttori e capiredattori di quotidiani e televisioni e giornalisti specializzati). Agli incontri dovrebbero partecipare “nutrizionisti autorevoli che diano credibilità ai messaggi soprattutto sul fronte della salute e nutrizione” ed esperti nel campo della sostenibilità “disponibili ad agire come endorser dei nostri messaggi sia verso i media sia verso pubblici istituzionali”. Non è ancora nota la lista degli illustri nutrizionisti e degli esperti nel campo della sostenibilità che dovrebbero partecipare alle colazioni con i direttori e fornire un supporto per gli aspetti collegati alla salute e all’ambiente. Il piano prevede anche una “relazione privilegiata con 30-50 top media e top blogger” oltre ai “10 incontri one to one conviviali o in redazione” con i direttori. Poi ci dovrebbero essere 2 incontri a Milano e 1 a Roma destinati complessivamente a 30-35 giornalisti selezionati da Aidepi. Ci possiamo solo augurare, conclude La Pira, che i vari direttori e capiredattori, quando dovranno scrivere sull’olio di palma, mantengano un approccio critico e oggettivo, e non subiscano pressioni dal fatto che l’Aidepi raccoglie i più importanti investitori pubblicitari italiani del settore alimentare, che versano ogni anno agli editori, cifre milionarie”.