Il dibattito resta acceso e molti Stato hanno spento i reattori di vecchia generazione
di LEXDC SIENA
SIENA. Gli ambientalisti mondiali non credono a un’unghia dei comunicati stampa del governo giapponese. Non ci vuole tanta fantasia, visto che le notizie che continuano a arrivare sui media ufficiali denunciano un aggravarsi della situazione e i tecnici, che in queste ore hanno dovuto abbandonare i posti di lavoro nelle centrale di Fukushima Daijchi perché il livello delle radiazioni non è più tollerabile dall’organismo umano, stanno usando acqua di mare per spegnere i reattori, cosa che comporterà la loro completa inutilizzabilità futura.
Giornalisti indipendenti nipponici sembra che siano arrivati al municipio di Futaba, a due chilometri dall’epicentro, per misurare e verificare il livello di contaminazione con i loro occhi, rischiando la propria vita. Le misure rivelate con altre due apparecchiature variano da 20 a 1.000 micro-sievert all’ora (da 0,02 a 1 mS v/h). Un mSv rappresenta il livello del limite annuo autorizzato in Francia per l’esposizione della popolazione all’irradiamento radioattivo artificiale. In una sola ora un giapponese riceve la dose massima annuale. Il francese “Sortir du nuclear” riporta la dichiarazione di Ryuichi Hirokawa, il giornalista che ha effettuato la misurazione: «Quando ho fatto un reportage a fine febbraio 2011 a Cernobyl, il tasso di radioattività era di 4 milli-Röntgen/ora (0,04 mSv/h) a 200 metri dal reattore incidentato. Nella città di Pripyat, a 4 km dal reattore di Cernobyl, il livello era di 0,4 milli-Röntgen/h».
Evacuazione nel raggio di 20 km. intorno all’epicentro della centrale di tutta la popolazione, e disposizione di sigillarsi in casa per un raggio di altri dieci km. I venti di sud-est spingono una parte della nube radioattiva verso Tokyo, da cui sono stati evacuati tutti gli stranieri: queste le misure del governo giapponese. Stato di allerta sulle coste russe del Pacifico, e gran parte della massa nuvolosa avrebbe preso la via dell’oceano in direzione Hawaii. Ha aggravato ulteriormente la situazione il fatto che sia esploso anche il reattore n. 4, che veniva dato per spento, ma il cui combustibile spento si è surriscaldato, generando idrogeno e provocando esplosioni, come dichiarato dal portavoce del governo giapponese Yukio Edano.
Vasta eco nell’Europa, non solo tra le fila ambientaliste: in Germania la Merkel ha ordinato la chiusura temporanea di almeno 7 centrali nucleari, e ciò pochi mesi dopo avergliene allungato la vita per decreto. La Svizzera sospende tutte le iniziative sul nucleare. Perfino Putin, in Russia, ha ordinato un rapido studio sul settore per verificare le possibilità di incidenti simili a quello che sta sconvolgendo il Giappone.
La dottoressa Silvia Bucci dell’Arpat di Firenze ci ha descritto il modus operandi in Italia per gestire queste emergenze: “La rete italiana delle Agenzie Regionali è già stata preallertata da ISPRA, con la richiesta di intensificare le misure sul particolato atmosferico, che in caso di emergenza sono le più sensibili per rilevare una eventuale contaminazione anche piccola in aria. I risultati delle misure vengono trasmessi a ISPRA per confluire nella banca dati nazionale. In Toscana i dati relativi alle misure di Cs-137 nel particolato atmosferico (misurato a Firenze come punto della rete nazionale) e di dose da radiazione gamma in aria (misurata in continuo in 8 stazioni della rete regionale, ma c’è anche una rete nazionale gestita da ISPRA) sono nella norma”.
“Alla luce di ciò, il preallarme in Italia è da considerarsi una misura cautelativa” prosegue la dr. Bucci ”finalizzata ad alzare il livello di attenzione sulle misure che vengono effettuate anche in situazione normale, in alcuni casi con frequenze più diradate o su matrici un po’ diverse. Nel caso “sfortunato” che non fosse possibile controllare i reattori esplosi e ci fosse rischio concreto di avere contaminazione anche sul territorio italiano, entra in funzione il Piano di emergenza nazionale, che prevede l’invio dei dati al CEVaD, organo tecnico della Protezione Civile, che effettua le valutazioni sulle misure protettive da intraprendere per tutelare la popolazione”.
Dopo il disastro di Chernobyl, evidentemente, l’Italia non ha partorito solo il referendum che cancellò la prima era nucleare italiana, ma fu realizzata questa rete di prote zione. Peccato solo che ancora non sia riuscito a leggere i dati dei risultati dei rilevamenti da solo senza doverli chiedere all’Arpat.