Ci sono questioni che riguardano il bene comune, non si può eludere il popolo
di LEXDC.
SIENA. Nel caos informativo che ha preceduto lo svolgimento dei referendum sono passate sottotraccia due notizie provenienti dal Giappone che danno la misura di quanto sia profondo, incontrollabile e incalcolabile il danno che un incidente atomico può provocare.
La prima riguarda la scoperta del tè radioattivo a Shizuoka, una città a 350 km da Fukushima, ma vicina a Tokyo, dove è molto sviluppata la coltivazione delle foglie da tè e la loro commercializzazione. Cesio radioattivo: il disastro economico è sicuro, quello ambientale è acclarato. Ma altro che fascia desertica di sicurezza di 30 km intorno alla centrale nucleare: gli effetti della radioattività stanno arrivando per ogni dove nell’isola di Honsu, la più grande dell’arcipelago giapponese.
La seconda riguarda il mare. Secondo Tepco (il principale attore del disastro nucleare in quanto proprietario della centrale atomica) “Il 16 maggio, stronzio-90, ad un livello 53 volte superiore alla norma di sicurezza è stato rilevato in campioni prelevati all’interno di una insenatura utilizzata esclusivamente dalla centrale nucleare”. Lo stronzio ha un’emivita relativamente lunga, 29 anni, e se inalato può accumularsi nelle ossa e causare il cancro. Le conseguenze sui molluschi e sulla fauna ittica (di riflesso sull’uomo) sono pressoché incalcolabili (tanto per cambiare).
Il valore in borsa del titolo Tepco è già vicino allo zero, l’azienda fallirà e i danni li pagheranno i contribuenti che acranno così subito due volte le avventure e le disgrazie del nucleare. L’avventura nucleare è marcia fin dalla sua definizione, tutto quello con cui viene a contatto è destinato a triste fine, come il futuro che attende Areva (monopolista nucleare francese) e il suo attuale mentore Sarkozy.
Nonostante ciò la indiscutibile vittoria del referendum contro la seconda era nucleare italiana è arrivata lo stesso: a vincere è stata la comune percezione che la materia nucleare non possa essere completamente di padronanza dell’uomo, padronanza non solo tecnica ma anche economica, perché la necessità di “fare utili” delle imprese capitalistiche spesso fa a cazzotti con concetti come sicurezza, qualità del costruire, futuro degli uomini e delle cose. Una diga può saltare, come il Vajont, ma i suoi danni si esauriscono nella corsa travolgente dell’acqua verso il mare. Gli errori nucleari durano secoli e possono essere irreversibili sulla natura umana.
Dal Giappone è arrivato un carico immaginario di tè radioattivo che è stato recapitato a Palazzo Grazioli, a Palazzo Chigi e al Parlamento Italiano: il desiderio di spartirsi, con la realizzazione di 4 centrali nucleari, una somma di 40 di miliardi di euro in acciaio, costruzioni e forse tangenti spacciandoli per futuro economico ed energetico dei nostri figli si può imporre a dei sudditi supini, ma non al Popolo, in quanto insieme di persone come li descrive la nostra Costituzione. Non su tutto può impunemente legiferare il Parlamento, solo perché conclave di eletti al più alto livello, né si può cercare di fermare il potere decisionale del popolo con strumenti coercitivi o disinformativi. Naturalmente questo vale per tutto, non solo per il nucleare, ma ci sono materie che riguardano il bene comune che sono più uguali delle altre. Come potrebbe essere anche il futuro di Siena. Quello che personalmente ci intristisce di più, in questa storia, è ben spiegato da Oscar Giannino, esponente di punta del Comitato per il No: siamo davanti a un governo che ha fatto delle leggi e che, di fronte a un referendum, non spiega e non difende la bontà delle sue scelte, nemmeno a rischio di sconfessione con la sconfitta nell’urna. Quasi come un truffatore alla “Totò e il Colosseo” che ci prova sempre, ma se scoperto pronto a dire: “Che c’entro io? Eri tu che non avevi detto nulla in contrario”