di Fabrizio Pinzuti
MONTICELLO AMIATA. Stracolmo di gente domenica pomeriggio il “teatrino”, come lo chiamano i Monticellesi; era presente mezzo Monticello, accorso per capire e per decidere quali iniziative intraprendere dopo che i tecnici della Regione Toscana hanno deciso di non assoggettare a VIA il permesso di ricerca denominato Monte Labro, che prevede una piazzola di perforazione in una località non distante dall’abitato e in prossimità di un santuario. Nell’assemblea organizzata da Agorà Cittadinanza Attiva non si è sentita una sola parola favorevole al permesso di ricerca. Nessuno accetta l’istallazione di impianti sentiti incompatibili con le vocazioni della zona e con le attività intraprese. Più che interessi in conflitto si tratta però di un attaccamento, anzi di radicamento, alla terra che ha pochi uguali. Chi ha deciso a Firenze e chi ha fatto domanda di concessione non conosce questa realtà e non sa che vespaio ha sollevato e quale opposizione troverà. Sviscerati nei vari interventi i molteplici aspetti del problema. Romina Sani, sindaco del Comune di Cinigiano nel cui territorio è compreso Monticello, ha esposto i temi della nota indirizzata alla Regione con cui si chiede la revoca del decreto e ha ricordato l’esempio di Alberto Aluigi, il monticellese proprietario del terreno in cui dovrebbe sorgere la piazzola di perforazione che ha scritto al presidente Rossi una lettera semplice ma piena di significato sulla sua indisponibilità a cedere il fondo. “Competenza e rispetto” da parte della Regione, ha richiesto il sindaco di Seggiano Giampiero Secco. “C’è una situazione rovesciata dei Comuni sulla media entalpia, da tutti rigettata, rispetto all’alta entalpia, accettata invece attraverso un protocollo di intesa da più enti territoriali”, ha precisato Jacopo Marini, primo cittadino di Arcidosso e presidente dell’Unione dei Comuni dell’Amiata Grossetana. “Le amministrazioni pubbliche e le aziende hanno tutte investito su produzioni agricole di qualità”, ha commentato Franco Giannetti, in rappresentanza del Comune di Casteldelpiano. Tanti, come ricordavamo, gli interventi di semplici cittadini. I rappresentanti di una comunità stabilitasi a Selva, frazione di Santa Fiora, hanno ricordato di aver scelto l’Amiata come terra libera in cui crescere i figli. “I dati raccolti attestano la nocività degli impianti, ma dovrebbe bastare il semplice dubbio per fermarli. La geotermia non fa neppure le differenze occupazionali e non esistono territori sacrificabili e danni collaterali accettabili. Una prospettiva a impatto zero per tutti è quello che abbiamo chiesto agli amministratori. Alcuni popoli, come i Curdi, hanno compreso la scommessa dell’ambiente e anche noi dobbiamo capire che la nostra è una montagna di lupi”. Giovanni Barbagli, consigliere di Cinigiano, ha sottolineato che un tecnico che redige un decreto, come quello della Regione, che è l’esatto inverso di quello che politicamente viene proposto, rappresenta la mancanza della certezza del diritto. Per Marcello Bianchini, ex sindaco di Arcidosso, l’aver accettato la geotermia è come la perdita di verginità per una donna. I sindaci e gli amministratori devono seriamente minacciare di dimettersi quando vengono scavalcati e non possono rappresentare la voce della comunità. Devono provvedere ad emettere un’ordinanza per motivi di salute quando ci sono gli sforamenti. “Non c’è bisogno di Via, è stato precisato da una signora che ha ricordato solo il suo nome, Manuela. Gli studi già esistenti avrebbero dovuto portare già alla chiusura degli impianti. Nessuna compensazione vale la vita degli abitanti. Dobbiamo seguire l’esempio dei cittadini della Val Di Susa che hanno imparato a difendersi: si parte e si torna tutti insieme. Non è u no slogan, è una pratica. La montagna è di tutti, non si compra e non si vende”. E’ stato ricordato anche che se il governo non ha ancora provveduto a mantenere la promessa di una revisione dell’attuale normativa, è anche per le posizioni di Renzi, che in Cile ha parlato della geotermia toscana come di un vanto nazionale. Merisio, di Agorà, ha ricordato che la Regione si è impegnata a produrre 150 MW di energia geotermica aggiuntiva, mentre nel PAER si riduce in proporzione la quota di energia da impianti fotovoltaici, il cui sviluppo potrebbe soddisfare buona parte dei fabbisogni, se non tutti. “Se dura questa tendenza, 15 centrali non ce le toglie nessuno. E’ stato previsto il traguardo europeo dei 20.20.20 (20% di emissioni in meno di CO2, 20% in più di energie rinnovabili, 20% in meno di consumo di energia primaria, entro il 2020 ndr) e l’energia geotermica rientra in questo piano. Sono 65,4 i milioni di euro per i certificati verdi in ragione dell’energia prodotta dalle centrali, pagati da tutti nelle bollette”. C’è stato anche chi ha fatto presente che le 100 tonnellate di vapore acqueo emesse giornalmente dalle centrali alterano il clima, chi ha ricordato lo spaesamento di cittadini ed amministratori di fronte alle misure della Regione e dei vari governi, che gli amministratori devono rispondere a chi li ha eletti, che già nell’anno 1982 all’ospedale di Pisa la maggioranza dei tumori osservati proveniva da Larderello. A conferma dell’unanimità di intenti nessuno si è tirato indietro quando è stata ricordata la necessità di un contributo per le spese legali del ricorso al TAR. Qualche contenuto mugugno per l’assenza del capogruppo regionale del PD Leonardo Marras, che aveva assicurato la sua presenza.