di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. Per far meglio comprendere ai lettori la portata dell’inquinamento da mercurio recentemente emerso da uno studio del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze che dal 2009 ha un progetto di ricerca con il gruppo di lavoro guidato dal Professor Pilario Costagliola, si riporta l’indagine nella sintesi redatta dal gruppo “per un’altra città”, all’opposizione in Consiglio comunale a Firenze dal 2004 al 2014 come lista di cittadinanza, poi diventata laboratorio per partecipare alle vertenze sul territorio e dare voce alle realtà di movimento anche attraverso la rivista La Città invisibile.
“Gli studi dell’Università di Firenze riportano concentrazioni di mercurio tra 25 e 1500 mg/kg per le calcine presenti nella zona del Monte Amiata, valori nettamente superiori al limite di 5 mg/kg previsto dal DLgs 152/06 per i suoli industriali. Le concentrazioni di metilmercurio nei campioni di calcine variano da 340 a 26000 nanogrammi per grammo. Nell’area in cui il cinabro veniva lavorato le concentrazioni di mercurio al suolo risultano molto alte (da 150 a 400 mg/kg), diminuiscono poi progressivamente all’allontanarsi dalla zona arrivando ad un valore di 0,64 mg/kg a 3 km di distanza dagli stabilimenti di distillazione. Le concentrazioni trovate nel suolo nell’area di Abbadia San Salvatore per il metilmercurio vanno da 7,9 a 45 ng/g.
I campioni di acqua raccolti dal gruppo dell’Università di Firenze nell’area di Abbadia San Salvatore contengono concentrazioni molto variabili di mercurio da 0,0032 a più di 1,4 µg/L. Anche alla confluenza tra Paglia e Tevere si hanno concentrazioni oscillanti da 0,00078 a 0,32 µg/L. Il metilmercurio nelle acque varia da 0,1 a 3 ng/L nell’area di Abbadia San Salvatore e da 0,02 a 0,53 ng/L a valle e lungo il Tevere. Il rapporto tra la concentrazione totale di mercurio e quella di metilmercurio è notevolmente più alta nelle acque che nei sedimenti, probabilmente perché la metilazione batterica avviene principalmente negli ambienti acquatici.
La concentrazione di Hg nei campioni di muscoli dei pesci d’acqua dolce, raccolti a diverse distanze da Abbadia San Salvatore e dal distretto minerario amiatino, variano da 160 a 1200 µg/kg (peso umido). A distanze maggiori dal distretto, lungo i fiumi Paglia e Tevere, le concentrazioni diminuiscono notevolmente pur rimanendo in generale elevate, da 52 a 560 µg/kg. Lo studio del gruppo di ricerca dell’Università di Firenze (Rimondi et alii, 2012), sebbene sia stato condotto solo sui pesci erbivori, che solitamente contengono concentrazioni minori di mercurio dei pesci carnivori più in alto nella catena alimentare, dimostra comunque la persistenza della contaminazione di Hg nel sistema Paglia/Tevere e la biodisponibilità del mercurio.
Inoltre una grande percentuale dei campioni raccolti supera le linee guida U.S. EPA 2009 (United States Environment Protection Agency) per il metilmercurio ai fini della sicurezza per il consumo umano, ossia 300 µg/kg”.
Tanti gli interrogativi che lo studio solleva. Eccone alcuni:
– è solo il Paglia, affluente del Tevere, ad essere inquinato o lo sono anche gli altri fiumi che nascono dall’Amiata, quali il Fiora, l’Albegna, l’Orcia e altri corsi d’acqua minori?
– L’inquinamento interessa solo le aree in cui è stata svolta attività estrattiva o è anche un fenomeno naturale legato alle caratteristiche geologiche dell’antico vulcano?
– Quali effetti ha avuto la dismissione incontrollata dell’attività mineraria sia sull’inquinamento sia su un’eventuale dispersione e contaminazione delle acque superficiali e profonde?
– Qual è l’effetto combinato del mercurio prodotto dall’attività estrattiva con quello emesso dalle centrali geotermiche?
– Territori che hanno subito tali impatti, possono sopportare altri “carichi” o interventi industriali?
– Esistono possibilità di bonifica reali al di là degli interessi di professionisti e di aziende interessate?
– Qual è il ruolo delle amministrazioni pubbliche?
– Le società che hanno realizzato con il mercurio profitti da capogiro possono essere chiamate in causa o paga pantalone e tutte le conseguenze, anche quelle non economiche, ricadono sui cittadini?
– Esiste un quadro normativo-legislativo che consente di mettere in atto misure protettive o mitigatrici?
– Oltre il ruolo di indagine la scienza è in grado di suggerire rimedi o alleggerimenti delle conseguenze?
Il dibattito è aperto.