Medicina Democratica di Livorno parla di "un'altra energia per un'altra società"
di Fabrizio Pinzuti
LIVORNO. Continuano i commenti, anche polemici, sul referendum sulle trivelle del 17 aprile scorso, sia nel merito diretto dei quesiti che per quanto riguarda gli aspetti giuridici e istituzionali che accumunano l’ultima consultazione referendaria ad altre precedenti. In Italia per considerare valido un referendum deve votare il 50 % + 1 degli elettori. Se questo non avviene (come non avviene dal 1995 ad oggi, ad eccezione del referendum sulla ripubblicizzazione dell’acqua del 2011 rimasto peraltro, come quello sul finanziamento pubblico dei partiti, disatteso e vanificato nelle sue reali istanze che, come nella maggior parte dei casi, vanno oltre la stretta formulazione letteraria del quesito e riguardano problemi e materie di interesse più generale e collettivo), il referendum è considerato nullo e fa perdere ai proponenti il diritto di avere voce in capitolo sulla decisione da prendere. In proposito si fa da più parti osservare che se da un lato il referendum non può essere eluso nelle sue proposte fondamentali, dall’altro il quorum non esiste nella maggior parte dei paesi europei e che anzi il Consiglio Europeo ha già chiesto all’Italia di eliminarlo. Quest’ultimo argomento si sostiene sul traliccio ideologico e giuridico che l’opinione di chi va a votare deve essere presa in considerazione e non vanificata dalla pigrizia o dall’astensionismo, più o meno motivato, degli altri e che le scelte devono essere prese da quella parte di popolo che fa lo sforzo, e soprattutto ha la consapevolezza, di partecipare.
Fra i tanti pareri anche quello che, senza intenzioni consolatorie, considera comunque importante, nonostante il mancato raggiungimento del quorum, l’aver sollevato e portato all’attenzione dell’opinione pubblica il problema delle trivelle in mare e in terra, prima, durante e dopo il referendum, andando anzi oltre il referendum. Ad esempio l’organizzazione Medicina Democratica di Livorno parla di “un’altra energia per un’altra società” e, facendo proprio e condividendo un comunicato del Movimento di Lotta per la Salute di Alessandria, aggiunge: “Noi avevamo vinto prima del 17 aprile. Anzi abbiamo stravinto. Su cinque dei sei quesiti referendari il governo era stato costretto alla retromarcia per evitare il voto: abbiamo sventato un piano scellerato con decine di altre piattaforme. Ogni quesito chiedeva di abrogare norme introdotte dal governo per facilitare le trivellazioni e per estromettere Regioni ed enti locali dalle decisioni. Per cinque quesiti il governo ha dovuto modificare la legge restituendo il potere agli enti regionali. Il sesto regalo, in eterno, alla superlobby dei petrolieri esenti da royalty è stato mantenuto in vita anche per farci schiantare contro il muro del quorum e umiliarci ora e in futuro. Ma il governo ha fallito la trappola: nonostante il boicottaggio al quorum (25.393.170 votanti), nonostante il mancato abbinamento con le amministrative (costato 360 milioni di euro), nonostante il martellante e illegale invito all’astensione, nonostante la gigantesca campagna di silenzio e disinformazione del servizio pubblico e dei giornali amici (il TG1 ad es. ha fatto 13 minuti di informazione in una settimana), nonostante bufale di stampo terroristico per spaventare gli elettori così ben disinformati (es. gli 11 mila posti di lavoro a rischio), nonostante tutto ciò milioni di italiani al voto non sono stati uno zero virgola. Nei referendum del 2000, 2003, 2005 e 2009 votarono dagli 11 ai 13 milioni di italiani. Il quorum fu raggiunto solo nel 2011 (27,6 milioni di voti) ma si votava anche il lunedì. Oltre il 30 per cento degli elettori vuol dire 15 milioni di italiani. 15 milioni in vista del referendum di autunno sulle riforme costituzionali, dove non c’è un quorum, sono un’enormità, sono già la conta degli oppositori del premier. Ogni voto è stato un paletto conficcato nel cuore del governo. E dei petrolieri che non potranno più fare i loro comodi di nascosto. E anche senza quorum, il referendum è l’inizio e non la fine della battaglia. Battaglia sulla moratoria su tutte le trivelle nel Mediterraneo”.