Papa Francesco tratta temi di inquinamento globale e cambiamento climatico
di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. Non è un trattato scientifico ma ogni argomento affrontato si basa, ed è comprovato, da dati scientifici. Ha valore spirituale, come dimostra fin dal titolo la ripresa delle prime parole del Cantico Delle Creature (o di Frate Sole) di San Francesco. Ha valore antropologico: l’uomo non è più al centro ma accanto alla terra, che geme e soffre come i poveri del nostro pianeta. Ha valore sociale perché vi si afferma con chiarezza e decisione che tutti siamo corresponsabili del nostro futuro. Stiamo parlando dell’Enciclica di Papa Francesco “Laudato Si”, “sulla cura della casa comune”, con in evidenza i temi dell’ambiente e del cambiamento climatico. Eppure, nonostante questi e tanti altri pregi, l’Enciclica è passata quasi sotto silenzio anche negli stessi ambienti ecclesiastici e come inosservata in quelli politici e scientifici, se si eccettua qualche strumentalizzazione di sedicenti movimenti ambientalisti che vi hanno trovato una conferma o una consonanza delle loro posizioni, naturalmente non considerando che l’enciclica procede con un calore umano e un’autorevolezza loro sconosciuta, ed è per giunta incastonata in una sollecitazione etica e spirituale per i non credenti, e religiosa, per i credenti.
Un testo ampio e di grande attualità che arriva a pochi mesi dal vertice Onu sul clima di Parigi e attraverso il quale il Pontefice affronta la questione dell’inquinamento ambientale, dei cambiamenti climatici, degli OGM, del paesaggio, della mobilità; ma anche il principio di precauzione e la salvaguardia del patrimonio agroalimentare, il problema della diversificazione economica e dello sviluppo dei territori, solo per citarne alcuni.
“Un’Enciclica – afferma Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – che ci chiama anche ad uno scatto di responsabilità e ad una maggiore cultura diffusa basata su una relazione di reciprocità responsabile tra uomo e natura e che coinvolga tutte le persone attraverso un impegno collettivo. Un testo che si rivolge a tutti, credenti e non, e che ‘obbliga’ ad una riflessione sui grandi temi ambientali. Nessuno di noi può tirarsi fuori, neanche i grandi della Terra ai quali spetta una maggiore responsabilità e che da oggi, grazie a questa enciclica, avranno più difficoltà ad eludere le istanze ambientali. Ci auguriamo pertanto che al summit di Parigi la leadership mondiale sappia tener conto del messaggio del Papa”.
Il passaggio dell’Enciclica in cui si afferma che ‘la tecnologia basata sui combustibili fossili, altamente inquinanti – specialmente il carbone, ma anche il petrolio e, a un livello minore, il gas – deve essere sostituita gradualmente e senza ritardi’, è un richiamo all’impegno di tutti, amministratori delegati e leader politici, per l’accelerazione energetica verso fonti pulite e si sposa con la critica dell’Enciclica a ‘coloro che detengono la maggior parte delle risorse e del potere economico e politico […] che cercano di minimizzare alcuni degli impatti negativi dei cambiamenti climatici’, ricordando che l’ingiustizia “climatica” sottende un’ingiustizia sociale.
Sono i più poveri infatti a essere maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici, pur avendo contribuito meno di tutti a causare il problema. Da qui il ragionamento del papa scivola verso temi più umani, come lo scandalo del miliardo e mezzo di persone che vivono sotto la soglia di povertà, quella da lui già definita “miseria globalizzata”. C’è tuttavia un legame inscindibile tra custodia del creato e promozione della giustizia: sono i poveri a subire le più drammatiche conseguenze dello sfruttamento insensato delle risorse del pianeta, della desertificazione, della scarsità e dell’avvelenamento delle acque, della espropriazione di terre coltivabili, dell’inquinamento atmosferico e dell’iniqua distribuzione di materie prime. I poveri sono in intima relazione con la fragilità del pianeta nell’invito di Papa Francesco a cercare altri modi di intendere l’economia, nel sottolineare la grave responsabilità della politica internazionale, la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita.
Degna di nota è anche la parte che riguarda la sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza, che si mostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Nel frattempo i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria. Animano il pontefice altre e ben più profonde consapevolezze sociali e politiche, oltre che religiose, come la necessità di provvedere a nuovi equilibri che non facciano venire meno quello che comunque di buono c’è oggi: “Il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade … prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica, ma anche la libertà e la giustizia … La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente … La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia …”. Bisogna fare in fretta e non esitare a tornare indietro, se necessario: “… se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi … Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro”.
Non manca, né poteva mancare, un anelito religioso nuovo: “passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che «significa imparare a dare, e non semplicemente a rinunciare. E’ un modo di amare, di passare gradualmente da ciò che io voglio a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio. E’ liberazione dalla paura, dall’avidità e dalla dipendenza». Noi cristiani, inoltre, siamo chiamati ad «accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale. E’ nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta».
Per una migliore individuazione dei temi, il testo dell’enciclica, in quasi duecento pagine, è affiancato da titoli sintetici a margine di ogni paragrafo ed è introdotto da una guida alla lettura a firma di una delle protagoniste della vita ecclesiale italiana, la teologa Cristina Simonelli, che da anni ha posto al centro della sua ricerca intellettuale ed esistenziale i temi dell’equità sociale, dei diritti, dell’ecofemminismo e dell’educazione alla pace.