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L’Amiata come i Campi Flegrei?

La geotermia non è un problema solo toscano

di Fabrizio Pinzuti

AMIATA. Nell’ambito di Energy Med, la Mostra Convegno sulle Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica (Napoli 27-29 marzo alla Mostra d’Oltremare), si è svolta la Conferenza dei geologi campani che hanno presentato una serie di nuovi dati riguardo alla presenza di risorse geotermiche nel sottosuolo della regione campana. Tra i partecipanti alla conferenza, Marina Iorio, ricercatrice dell’IAMC–CNR (Istituto per l’ambiente marino costiero), ha annunciato la scoperta di un bacino geotermico localizzato nei terreni carbonatici che fanno da substrato ai depositi piroplastico–alluvionali della piana di Mondragone, risorse con le quali potrebbe essere realizzata una rete di teleriscaldamento a servizio di sei scuole pubbliche, con notevoli risparmi per la comunità. Ed è alta anche la potenzialità geotermica dei Campi Flegrei, che assieme a quella di Ischia è stimata in almeno 17 GW.

«In Campania esiste, specie nell’area napoletana, un potenziale elevatissimo – ha affermato Francesco Peduto, presidente dell’Ordine dei Geologi della Campania –  per le peculiari caratteristiche del distretto geovulcanologico del Somma-Vesuvio e dei Campi Flegrei. Ricercatori dell’INGV hanno stimato che la potenzialità geotermica della sola area Campi Flegrei + Ischia è pari ad almeno 17 GW: l’equivalente di due centrali nucleari medio–grandi! C’è in ballo quindi – ha proseguito Peduto – una fonte energetica continua e praticamente inesauribile che potrebbe avvicinare la nostra regione alla quasi indipendenza energetica. Oggi le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica sono sempre più al centro dei piani di azione per la sostenibilità ambientale e noi geologi crediamo e puntiamo molto sulle possibilità di utilizzo e sviluppo della fonte geotermica che è, indubbiamente, la principale alternativa alle fonti energetiche tradizionali». Peduto ha spiegato che «in Campania esistono poi un gran numero di manifestazioni geotermiche con caratteristiche e potenzialità compatibili con gli attuali impianti di sfruttamento della risorse che hanno raggiunto una maturità tecnica ed un’affidabilità molto elevata, ma – ha aggiunto – scontiamo forti ritardi per la scarsa lungimiranza e per l’inerzia della classe politica in passato». Peduto ha poi enunciato gli obiettivi che i geologi campani si pongono riguardo all’energia geotermica: «diventare un punto di riferimento per la comunità professionale e scientifica, per un continuo aggiornamento sullo stato dell’arte delle tecnologie disponibili sul mercato, cosi come sulle frontiere della ricerca e lo sviluppo per le applicazioni più innovative; aumentare la visibilità e la conoscenza delle tematiche geotermiche presso i media ed il grande pubblico; focalizzare ed indirizzare l’attenzione dei centri decisori regionali per la promozione e lo sviluppo dell’energia geotermica quale reale e principale alternativa alle fonti energetiche tradizionali».

Esiste ovviamente l’altra faccia della medaglia, messa in luce da un articolo di Amalia De Simone, apparso sul Corriere della Sera del 1 aprile scorso. “Rocce che si aprono squarciate da lingue di vapore. Nuvole di zolfo, laghi di fango che bolle e potentissimi getti di geyser. Potrebbe sembrare l’ingresso dell’inferno e invece è una delle bocche del supervulcano dei Campi Flegrei. La Solfatara con il suo paesaggio lunare e il Vesuvio con la sua imponenza non sono così suggestivi… Davanti a questa zona c’è Bagnoli, quartiere popoloso ed ex area industriale posta sotto sequestro per una mancata bonifica realizzata solo sulla carta e costata milioni di euro, un’operazione che secondo i pm della procura di Napoli ha addirittura peggiorato la situazione ambientale dell’area. Proprio in quella zona venne previsto e in parte realizzato un progetto di deep drilling e cioè di trivellazioni. Si tratta come ha spiegato più volte l’Ingv (istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) di un progetto internazionale di ricerca scientifica, che ha come obbiettivo il miglioramento della conoscenza della struttura vulcanica e dei meccanismi di attività, con particolare riguardo ai fenomeni bradisismici, attraverso l’installazione in pozzo di sistemi di monitoraggio innovativi. Per L’Ingv il progetto non presenterebbe alcun rischio. Finora le trivellazioni si sono svolte ad una profondità di circa 500 metri. Non tutto il mondo scientifico però si schiera per il progetto: una serie di vulcanologi, e altri studiosi mettono in evidenza la pericolosità dell’azione in un’area così delicata.

«Minime sollecitazioni come una perforazione possono innescare grandi effetti perché la caldera dei Camp Flegrei è un sistema molto instabile – spiega Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Ingv di fama internazionale -. Con delle ricerche negli ultimi decenni abbiamo dimostrato che anche con una piccola fratturazione in profondità, si possono innescare processi di amplificazione di infiltrazione dei fluidi nelle rocce, aumenti di temperatura e deformazioni del suolo». Con Mastrolorenzo siamo andati proprio a Pisciarelli: in questa zona c’è la più interessante attività fumarolica: «Questo fenomeno è solo un piccolo indizio di quello che succede in profondità nella caldera dei Campi Flegrei. Qui anche una piccola perforazione può indurre processi bradisismici, sequenze sismiche. Data la natura di criticità del sistema perforazioni in profondità potrebbero innescare anche un processo di fratturazione che potrebbe portare ad un’eruzione. Non possiamo collegare con certezza i due eventi ma un anno e mezzo fa, dopo le trivellazioni a Bagnoli, si verificò una sequenza sismica di oltre 200 scosse in poche ore. Ribadisco che non è possibile allo stato mettere con certezza in correlazione le due cose ma questo fenomeno ci dice chiaramente quanto il sistema sia instabile. Nelle Azzorre, due anni fa, è stata fatta una trivellazione simile a quella eseguita a Bagnoli in un’area vulcanica e lì (la notizia è stata tenuta sotto silenzio), ci fu un’esplosione e intorno al pozzo esploso ci sono state delle fratture che hanno devastato l’area per centinaia di metri e ora stanno raggiungendo città vicine. Questo anche perché non sappiamo nel tempo dopo sollecitazioni di territori con queste caratteristiche cosa possa avvenire». Con il sequestro dell’area per la mancata bonifica le trivellazioni si sono fermate. Dopo un esposto firmato da alcuni comitati di cittadini e in particolare dal comitato rischio vulcanico, il pm Stefania Buda ha aperto un fascicolo e sta indagando su tutta l’operazione. La sua attenzione si concentra in particolare su due filoni. Uno che riguarda prevalentemente l’aspetto economico e della spesa pubblica e l’altro invece che si concentra proprio sulla pericolosità dell’operazione. L’inchiesta si inserisce in quella più ampia che ha portato al sequestro dell’ex area Italsider. Per quanto riguarda il primo filone, gli inquirenti stanno verificando se e come siano stati impiegati fondi pubblici e se eventualmente ci siano stati sprechi con particolare attenzione alla regolarità delle procedure. Il secondo filone invece prende in considerazione una serie di studi nelle aree vulcaniche che evidenziano la pericolosità di determinate operazioni in certe zone. Nel fascicolo del pm viene richiamata una ricca casistica internazionale, ci sono anche decine di studi e una serie di consulenze che evidenziano la pericolosità delle perforazioni per la vicinanza del centro abitato. In particolare in una delle consulenze della procura, viene chiarito che dal punto di vista scientifico quel tipo di trivellazioni sarebbero poco utili non potendo fornire informazioni aggiuntive rispetto a quelle già acquisite negli anni e tenendo conto anche che in quell’area c’erano già state trivellazioni tra gli anni ‘70 e ‘80. Il consulente dunque conclude che non c’è alcuna necessità scientifica di questo tipo di perforazioni. Un altro aspetto indagato dalla procura riguarda l’inquinamento: essendo quell’area fortemente inquinata ed essendo stata interessata da una «finta bonifica», gli investigatori stanno verificando se anche le trivellazioni possano aver peggiorato la situazione in relazione ad eventuali contaminazioni delle falde. I cittadini dell’area già un anno e mezzo fa, si organizzarono per contestare l’operazione. «Non sappiamo nulla di certo su queste trivellazioni. – spiega Minola Fusco, attivista del movimento cinque stelle – Abbiamo avuto solo rassicurazioni generiche dall’Ingv. Non sappiamo come sono stati spesi i soldi e se fossero soldi pubblici. In questo caso sarebbe interessante capire perché non siano stati spesi per la sicurezza dei cittadini e per un piano di evacuazione, visto che si parla sempre di mancanza di risorse. Abbiamo chiesto spiegazioni sia al Comune (in precedenza l’amministrazione guidata da Rosa Russo Iervolino non aveva dato il nulla osta alle trivellazioni) che a chi dell’Ingv ha voluto questo progetto di darci chiarimenti ma nessuno ci ha dato risposte esaustive». «Per questo – incalza Clelia Modesti del comitato rischio vulcanico – ho voluto presentare un esposto, perché tutto venga a galla, perché si sappia cosa hanno fatto e perché i rischi sono ignoti e tutt’ora persistenti e qui in zona siamo ancora senza un piano di evacuazione». «Se ci fosse un’eruzione sarebbero a rischio oltre 3 milioni di persone per le quali non ci sarebbe scampo – aggiunge Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Ingv – Insieme con la collega Lucia Pappalardo abbiamo scoperto che tra il Vesuvio e i Campi flegrei c’è un unica camera magmatica e quindi un’eventuale evento avrebbe proporzioni incredibili. Siamo di fronte ad un supervulcano, uno dei più pericolosi al mondo, non c’è un serio piano di evacuazione e in più si cominciano operazioni che non sappiamo quali fenomeni possano innescare. Il principio di precauzione dice che se non conosciamo come si può evolvere un fenomeno innescato dall’uomo, bisogna evitare di agire»”.

Chi pensava che di geotermia e dei suoi problemi si dibattesse solo in Toscana ha di che ricredersi, ed anzi in proposito è oggetto recente di studio, dopo il terremoto dell’Emilia del 2012, la possibilità che opere di trivellazione e di ricerca nel sottosuolo, analogamente a quanto si sospetta per l’attività geotermica, abbiano effetti anche sulla sismicità. Presto un aggiornamento su questo argomento.

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