Per le centrali amiatine, NoGesi propone un'inchiesta parlamentare per stabilire se le emissioni di quelle strutture siano meritevoli di incentivi pubblici
di Fabrizio Pinzuti
ROMA. Domani 5 novembre a Roma, presso l’aula dei gruppi parlamentari, la Rete nazionale NoGesi (No alla Geotermia Elettrica, Speculativa e Inquinante), costituita da SOSGeotermia assieme ad altre realtà italiane, presenta al Governo le proposte con i criteri per stabilire sia dove la Geotermia si può fare senza pericoli per la salute, l’ambiente e le attività produttive già esistenti, sia dove non si dovrebbe fare. (vedi proposta nel sito).
Le proposte, per lo più prodotte da ricercatori universitari competenti, ma sostenute anche da vari Sindaci e Deputati di diversa appartenenza ), sono state realizzate a seguito della Risoluzione Parlamentare della primavera scorsa, che ha impegnato il Governo a modificare il quadro normativo esistente, fissando 12 punti innovativi. Per le centrali flash dell’Amiata, la Rete NoGesi propone una Inchiesta Parlamentare per stabilire se le emissioni delle centrali geotermiche dell’Amiata sono meritevoli di incentivi pubblici e se è necessaria la dismissione delle 5 centrali oggi in esercizio (si allega la proposta 8).
Proposta della Rete Nazionale NO Geotermia Elettrica, Speculativa e Inquinante in merito alla Risoluzione delle Commissioni Ambiente ed Attività Produttive della Camera dei Deputati (n. 8-00103 «Produzione di energia da impianti geotermici»).Allegato alla nota della Rete Nazionale NOGESI del 15. 10. 2015, prot. geo.800a (def.)
- Proposta relativa al problema geotermia in Amiata (contributo di SOS Geotermia)
8.1. Premessa
E’ da anni che gli abitanti dei comuni amiatini, attraverso comitati per l’ambiente e con il sostegno di Associazioni nazionali accusano la Regione Toscana ed ENEL Green Power di inquinamento ambientale e sanitario dovuto alle centrali geotermiche dell’Amiata. Le proteste, sempre supportate da studi di esperti del settore, trovano oggi piena conferma nella ricerca scientifica che ha posto all’attenzione della comunità internazionale “la geotermia di impatto dell’Amiata”. Ci riferiamo in particolare a due recenti studi del prof. Riccardo Basosi dell’Università di Siena (*) e del dott. Mirko Bravi:
- 1. Environmental impact of electricity from selected geothermal power plants in Italy pubblicato dal Journal of Cleaner Production, Volume 66, 1 March 2014, Pages 301–308. Nelle conclusioni si legge: “In questo studio è stato usato un metodo di valutazione ambientale per analizzare l’impatto ambientale in atmosfera della produzione di elettricità da centrali geotermiche. In alcuni casi l’impatto della produzione di elettricità da geotermia è perfino maggiore di quello della produzione di elettricità da combustibili fossili. L’analisi mostra che la produzione di elettricità dalle centrali geotermiche dell’area del Monte Amiata non può essere considerata “carbon free” … Inoltre il Potenziale di Acidificazione (ACP) dell’elettricità prodotta dalle centrali geotermiche considerate qui è 2,2 volte maggiore rispetto alle centrali a carbone (della stessa potenza). Nel caso del campo geotermico di Bagnore questa differenza aumenta di un fattore 4,4” ed inoltre “L’inquinamento prodotto da gas “ad effetto serra” emessi delle centrali geotermiche in Amiata è quasi simile a quello di una centrale a carbone di uguale potenza”. I due studiosi concludono la loro ricerca con questo pesante giudizio: “In ogni caso il profitto finanziario non può essere il principale criterio nel processo decisionale per lo sviluppo di centrali geotermiche nell’area dell’Amiata”.
- 2. Geotermia d’impatto pubblicato sulla rivista QualEnergia del Giugno/Luglio 2015, dove i due ricercatori aggiornano la loro analisi sul potenziale di tossicità per l’uomo delle centrali amiatine, tenuto conto che le emissioni di ammoniaca di questi impianti contribuiscono in maniera rilevante alla formazione di particolato fine PM10 e PM2,5 di origine secondaria. Il costo per danni sanitari dovuti alle emissioni di ammoniaca negli USA è stato recentemente quantificato in 100 dollari al Kg. dai risultati di uno studio (2013) di due chimici dell’Università di Harvard: F. Paulot e D. J. Jacob, Hidden Cost of U.S Agricultural Exports: Particulate Matter from Ammonia Emissions, in “Environmental Science & Technology”, Già nel 2005 il Report CAFE aveva calcolato che per l’Italia il danno prodotto dalle emissioni di ammoniaca ammontava mediamente a 20,5 Euro al Kg. Nel 2005 le emissioni di ammoniaca hanno raggiunto 546,9 kg/h (dato ARPAT).
8.2. La proposta
Dismissione delle 5 centrali presenti nelle due aree geotermiche dell’Amiata.
Questi i motivi che stanno alla base della richiesta:
8.2.1.La geotermia del monte Amiata, per la natura dei fluidi geotermici, immette quotidianamente in atmosfera tonnellate di inquinanti nocivi per la salute e per l’ambiente. Il primato degli impianti amiatini è ben noto, tanto che è la stessa Regione ad evidenziarlo nella DGRT 344/2010 dove scrive:
→pag. 14: “I fattori di emissione dei vari inquinanti presentano differenze significative, talvolta anche rilevanti, fra le due aree sopra indicate. – (Area geotermica Amiatina e Area geotermica tradizionale) – I fattori di emissione più alti per la quasi totalità degli inquinanti si registrano nell’area geotermica dell’Amiata”;
→pag. 21, Arsenico (As): “Va ricordato che l’impianto AMIS ha un’influenza marginale su questo inquinante. Per quanto riguarda l’Amiata l’incremento registrato dal 2003 al 2007 è ascrivibile essenzialmente alla diversa composizione del fluido geotermico che ha presentato negli anni un aumento della composizione percentuale di arsenico”;
→pag. 25, Mercurio (Hg): “Il grafico 2.8 mostra come le emissioni specifiche di mercurio siano estremamente differenti tra l’area tradizionale e quella amiatina a causa della differente composizione del fluido geotermico, con quest’ultima che presenta valori più alti anche di un fattore 10”;
→pag. 26, Anidride carbonica (CO2): “l’emissione specifica di anidride carbonica al 2007 risulta molto maggiore per le centrali dell’area amiatina (852 t/GWhe) con valori più che doppi rispetto all’area tradizionale (308 t/GWhe)”. Sempre riguardo al CO2 si legge che una centrale termoelettrica alimentata a metano a cogenerazione ne produce circa circa 350 t/GWhe ed una centrale termoelettrica alimentata a olio combustibile circa 700 t/GWhe. In questo caso il primato nelle emissioni di CO2 delle centrali amiatine va ben oltre il settore geotermico, supera addirittura le centrali a olio combustibile per raggiungere quelle a carbone, come è stato documentato dallo studio Bravi-Basosi: Environmental impact of electricity from selected geothermal power plants in Italy. A proposito del CO2 i due studiosi nell’articolo “Geotermia di impatto”, scrivono: “Il Protocollo di Kioto e l’IPCC hanno considerato fino a ora tutti i tipi di centrali geotermiche senza emissioni di CO2 e di gas climalteranti, adottando il concetto – ormai dimostratosi errato – che le emissioni naturali di CO2 delle zone geotermiche siano paragonabili a quelle causate dallo sfruttamento energetico delle stesse zone, trascurando la variabile temporale. Non hanno lo stesso effetto ambientale emissioni prodotte nell’arco di trent’anni di vita di una centrale o emissioni naturali di pari entità che si generino in 100.000 anni.”;
→pag. 40, Ammoniaca (NH3): “si nota come queste emissioni siano concentrate essenzialmente nell’area Amiata, dove l’emissione specifica di NH3 per centrale è di circa 620 tonnellate contro le 100 tonnellate nell’area tradizionale Val di Cornia, le 120 tonnellate nell’area tradizionale Travale-Chiusdino e le 160 nell’Area tradizionale Larderello”. Riguardo a questo inquinante, il primato assoluto e incontrastato appartiene all’area geotermica di Bagnore. E’ ARPAT a dichiararlo nel Monitoraggio dell’impatto ambientale della produzione geotermica del 2006: “La presenza di ammoniaca nei fluidi geotermici è ubiquitaria, con flusso di massa che mediamente è dell’ordine della decina di Kg/h, ma che può avere dei massimi con ordine di grandezza delle centinaia di Kh/h come nel campo che alimenta la centrale di Bagnore 3”. Sono migliaia le tonnellate di inquinanti “con caratteristiche tossicologiche ed eco tossicologiche rilevanti” – così definiti da ARPAT – scaricati in atmosfera con ricadute sul territorio e su centri abitati: acido solfidrico, mercurio, arsenico, radon, ammoniaca, acido borico, anidride carbonica, metano e altro ancora, alcuni dichiaratamente cancerogeni. Le emissioni giornaliere delle centrali Enel nell’aria amiatina con i filtri AMIS attivi sono le seguenti:
anidride carbonica (CO2): 821,226 tonnellate;
metano (CH4): 12, 295 tonnellate;
acido solfidrico (H2S): 1927,2 chilogrammi;
mercurio (Hg): 446,4 grammi;
arsenico (As): 58,32 grammi;
ammoniaca (NH3): 5700 chilogrammi;
acido borico (H3BO3): 21,84 chilogrammi
(dati ARPAT 2011).
8.2.2. Grave situazione sanitaria, nei comuni geotermici della Toscana meridionale (Area Amiata), emersa dalla ricerca epidemiologica (2010) condotta dalla Fondazione Monasterio, dal CNR di Pisa e dall’ Agenzia Regionale di Sanità. La ricerca ha evidenziato il +13% di mortalità maschile rispetto ai comuni limitrofi non geotermici e alla media regionale, dato che diventa il + 30% di morti per tumori nei comuni di Abbadia S.Salvatore, Piancastagnaio e Arcidosso. Ad oggi sono ancora in corso indagini e approfondimenti su questi risultati;
8.2.3. Interferenza tra acquifero superficiale idropotabile e acquifero geotermico profondo, con conseguente abbassamento della superficie della falda superficiale e consumo di acqua potabile a fini industriali – (l’acquifero amiatino fornisce acqua all’intera maremma toscana, parte di quella laziale e parte della provincia di Siena per una popolazione che nei periodi estivi raggiunge le 700.000 unità). Il collegamento tra i due acquiferi era stato escluso dalla studio dell’Università di Siena (unica eccezione tra le decine di studi redatti nel corso degli anni, gran parte prodotti dalla stessa ENEL). Ecco cosa si legge nelle conclusioni delle: “Osservazioni sullo studio dell’Università di Siena sull’area del Monte Amiata in rapporto allo sfruttamento geotermico” redatte del Settore Tutela del Territorio e della Costa e Settore GC di area vasta Grosseto-Siena della Regione Toscana in data 6.03.2009: “… In base alle conoscenze geologiche sull’Amiata (ed in mancanza nello studio di specifiche obiezioni ad esse) si ritiene quindi che esista un collegamento idraulico tra le falde, mediante le faglie e le fratture, i camini vulcanici ed infine con il contatto diretto tra le vulcaniti e le formazioni della Falda Toscana. Resta pertanto aperta la questione relativa alla definizione dell’ordine di grandezza del collegamento idraulico.”;
8.2.4. Inquinamento delle acque causato dalla risalita di gas, in particolare l’arsenico, presente nel campo geotermico. Questo fenomeno, riscontrabile già da decenni nelle acque dei comuni dell’area geotermica tradizionale della Val di Cecina, è presente anche in alcuni sorgenti dell’Amiata. L’Acquedotto del Fiora nelle Osservazioni al progetto per la costruzione della centrale geotermoelettrica Bagnore 4, inviate al Settore V.I.A della Regione Toscana in data 17.02.2006, scriveva: “… Tale preoccupazione nasce innanzitutto dall’aumento tendenziale del tenore in Arsenico nella risorsa effluente dalle sorgenti del Fiora, come mostrato nel grafico allegato costruito sulla base delle analisi regolarmente eseguite da questa Azienda. Come è noto, l’Arsenico è uno degli elementi che caratterizzano i fluidi geotermici dell’intera area e di quelle limitrofe (campo geotermico di Larderello)”;
8.2.5. Le centrali geotermiche Enel attualmente in funzione in aree ad alto rischio sismico cat. 2 (classificazione sismica della Regione Toscana del 2012) sono cinque: BAGNORE 3, Bagnore 4 (Santa Fiora) e PC3, PC4 e PC5 (Piancastagnaio). Queste centrali operano con una potenza complessiva di 120 MW. L’area dove è stata costruita la nuova centrale di Bagnore 4, attiva dal 2014, è indicata anche come area ad alto rischio frane;
8.2.6 La centrale di Bagnore 4 (40 MW) è stata costruita all’interno del SIC, SIR e ZPS Monte Labbro e dell’Alta Valle dell’Albegna incluso nella RETE NATURA 2000;
8.2.7. Danni per centinaia di milioni di Euro, dovuti alle emissioni di ammoniaca, quantificati in USA in 100 dollari al Kg. dai risultati dello studio (2013) di due chimici dell’Università di Harvard, F. Paulot e D. J. Jacob: Hidden Cost of U.S Agricultural Exports: Particulate Matter from Ammonia Emissions, in “Environmental Science & Technology”, XII, Questi risultati sono stati confermati anche da una recensione di Erik Stokstad pubblicata sulla prestigiosa rivista “Science” del 17 January, Vol 343. Già nel 2005, come detto in premessa, il Report CAFE (Clean Air for Europe) aveva calcolato che per l’Italia il danno prodotto dalle emissioni di ammoniaca ammontava mediamente a 20,5 Euro al Kg.
8.2.7. Tutte le centrali utilizzano una tecnologia ormai obsoleta denominata “flash”: il fluido geotermico estratto dai pozzi viene separato in due parti: una parte di vapore che viene inviata in turbina e poi dispersa nell’aria con l’utilizzo di filtri e una parte liquida che viene re-iniettata nel sottosuolo. Riguardo alla nuova centrale di Bagnore 4, nell’articolo del prof. Basosi e del dott. Bravi: Geotermia d’impatto pubblicato sulla rivista QualEnergia del giugno/luglio 2015, si legge: “… Riteniamo quindi anomalo che il nuovo impianto realizzato a Bagnore da 40 MW, inaugurato a fine 2014, non rispetti i limiti previsti dalla stessa Regione nella DGRT 344, dato che la tecnologia utilizzata (flash + abbattitore) non è quanto di più tecnologicamente avanzato disponibile oggi dal punto di vista ambientale, ma probabilmente solo la scelta più conveniente dal punto di vista economico-finanziario”. I due studiosi parlano anche di tecnologie a ciclo chiuso ORC (Ciclo Rankine Organico), facendo presente che queste soluzioni nel corso degli anni sono state migliorate e modificate per meglio adattarsi anche ai fluidi ad alta entalpia e alle alte concentrazioni di gas incondensabili. Nel 2014 uno di questi impianti è stato inaugurato a Ngatamariki in New Zeland.
La “geotermia d’impatto dell’Amiata” rende necessaria una seria inchiesta da parte del Parlamento e dei Ministeri competenti MISE, MATTM e Ministero della Salute.
(*) – Il Prof. Riccardo Basosi è ordinario di Chimica Fisica presso l’Università di Siena, è stato nominato dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, tra i Rappresentanti italiani nel Comitato di Horizon 2020, Programma quadro della ricerca europea per il periodo 2014-2020. Rappresenta l’Università di Siena nel soggetto gestore del PIERRE, è presidente del Comitato Tecnico Scientifico dello stesso Polo di Innovazione ed è membro, per il sistema della ricerca, del Comitato di Indirizzo Tecnologico del DTE-Toscana. Inoltre il prof. Basosi è: Direttore del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Siena e Delegato del Rettore per l’energia e l’alta tecnologia; Direttore del Master per l’Uso Razionale ed Efficiente dell’Energia (Energy Manager), Siena; Membro del Comitato Tecnico Scientifico Energia presso la Regione Toscana; Membro del Comitato Scientifico dell’ISSI (Istituto Sviluppo Sostenibile Italia); Delegato italiano per il progetto europeo COST P15.) doc.geo.800b (def.) – del 15.10.2015