Importare radioattività? No, grazie! Greenpeace scuote la Francia
di LEXDC
SIENA. Dalla Francia arriva la notizia che il tè verde radioattivo sia stato intercettato all’aeroporto de Gaulle di Parigi in una partita proveniente dal Giappone. Le foglie contengono il doppio del cesio tollerato, secondo le autorità francesi. Si tratta di un lotto di 162 chili di foglie secche, provenienti dalla regione di Shizuoka. Effettivamente con gli effetti collaterali della diffusione della radioattività c’è poco da scherzare. Il Daily Yomiuri on line ci racconta la storia di un allevatore anonimo di Soma, nei pressi della centrale di Fukushima, che dopo essere stato costretto a uccidere i suoi capi di bestiame a causa delle radiazioni e dell’embargo del governo sull’area contaminata, si è suicidato lasciando un biglietto con scritto “Vorrei che non ci fosse mai stata qui una centrale atomica”. Le piccole storie di sconfitta personali si intrecciano con le grandi storie di un paese. La recessione del Giappone è un fatto evidente, causato dal triplo disastro terremoto/tsunami/nucleaare, con conseguenza: 1-il crollo della produzione elettrica e quindi dell’industria che ha causato danni importanti a tutta l’esportazione nipponica (a cominciare dai componenti per automobili), 2-il crollo delle vendite di prodotti agricoli, 3-il costo della ricostruzione del Nord del paese che appare spropositato, e che comunque determinerà la desertificazione nucleare per secoli di una vasta area del territorio che, per beffardo caso del destino, era definita “l’area verde e agrituristica del Giappone”.
E, poiché non ci sembra il caso di abbassare la guardia, troviamo piuttosto strano che il sito di Ispra (www.isprambiente.gov.it), l’agenzia governativa per la radioprotezione in Italia, abbia l’aggiornamento della situazione nel nostro paese arretrato alla data del 1 giugno 2011. Non solo sulla situazione nell’Est asiatico e nel territorio della prefettura di Fukushima, dove Tepco ha dovuto ammettere l’incapacità di trattare l’acqua radioattiva che ha pompato nei reattori e che potrebbe tracimare, e ha dovuto affidare alla francese Areva una commessa multimilionaria per intervenire. Per quello che riguarda l’Italia, al primo giugno il bollettino recitava che tutto è a posto e i valori sono nella norma pre-Fukushima. Ma il tè radioattivo ha viaggiato dopo questa data, e forse sarà il caso di controllare più tempestivamente le cose… e ci chiediamo se veramente lo sviluppo di un paese con un simile gigante energetico d’argilla sia stata la scelta giusta. Ora il Giappone torna indietro, patendo un danno irreversibile.
Forse sarebbe il caso di allargare l’insieme dei controlli ambientali dal pericolo nucleare ad altri fattori di inquinamento. L’associazione francese “Sortir du nucléaire” sta cercando di bloccare la costruzione di una centrale nucleare Epr (la stessa che il premier sognava di realizzare in Italia) a Penly con la motivazione che essa porterà la distruzione dell’habitat delle specie animali protette. La vittoria del sì nel referendum italiano ha lasciato il segno oltralpe, visto che recentissimi sondaggi dicono che i francesi non sono più favorevoli alla costruzione di nuovi impianti nucleari. Anzi, proprio Greenpeace ha lanciato una campagna in Francia per costringere il governo a interrogarsi sull’uscita del paese dall’era nucleare, sull’esempio di Germania e Svizzera. «Tre Paesi confinanti con la Francia hanno deciso di non fare più ricorso all’energia nucleare, la giudicano troppo rischiosa per le loro popolazioni. Il territorio francese conta 58 reattori nucleari, alcuni sono situati vicino alle frontiere tedesche, italiane e svizzere – spiega Yannick Rousselet, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace France – Le decisioni dei nostri vicini europei porranno fatalmente dei problemi diplomatici per la Francia. Intestardendosi nella scelta nucleare, I nostri governanti fanno correre dei rischi a tutta l’Europa. Come si è potuto, sfortunatamente, constatare a Chernobyl o a Fukushima, quando si produce un incidente nucleare, la contaminazione è totalmente incontrollabile e si estende evidentemente largamente al di là delle frontiere di un Paese. Oggi il problema che si pone per i nostri vicini è quella di sapere se continueranno ad accettare che la Francia faccia correre loro il rischio nucleare mentre hanno deciso di non ricorrere più a questa energia troppo costosa e troppo cara».