Facile profitto per le aziende col decreto Berlusconi del 2010 che liberalizza la ricerca geotermica
di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. Nel 2013 l’Italia ha raggiunto un eccesso di capacità disponibile di energia elettrica rispetto alla domanda di punta di ben 24,8 GW. La conferma di questa overcapacity arriva e viene certificata da Terna, attraverso la voce dell’amministratore delegato Matteo Del Fante in occasione di un’audizione alla Commissione Industria del Senato il 7 ottobre 2014. (vedi)
Rispetto al 2003 – ha spiegato Del Fante – la capacità necessaria a coprire la domanda di punta è rimasta pressoché invariata, passando da 53,1 a 53,9 GW, mentre la capacità disponibile è salita da 54,4 a 78,7 GW, con un margine di riserva passato da 1,3 a 24,8 GW. Non sarà forse inutile ricordare, a conferma dell’autorevolezza della fonte, che Terna è il principale operatore europeo di reti per la trasmissione dell’energia elettrica, con 63 800 km di linee elettriche di alta tensione in Italia, anche se gli utenti finali del servizio elettrico non sono clienti diretti di Terna ma delle società di distribuzione e vendita dell’energia.
Interessante anche una tabella di Terna sull’evoluzione del mix produttivo. Nel 2009, anno di svolta nella produzione delle energie rinnovabili, si aveva una produzione netta di 281 TWh (multiplo del Wattora – Wh – equivalente a 1012 Wh, ndr), ripartita nelle seguenti percentuali: 74 termica, 19 idrica, 4 geotermica e da biomasse, 3 eolica e fotovoltaica. Nel 2013 la produzione è passata a 279 TWh, ripartita percentualmente in: 62 termica, 19 idrica, 6 geotermica e da biomasse, 13 eolica e fotovoltaica. Si è avuta insomma negli ultimi cinque anni per i quali si dispone di dati certi una massiccia espansione delle cosiddette fonti rinnovabili intermittenti. L’eccesso di potenza è dovuto anche alla forte crescita degli impianti a ciclo combinato a gas, avvenuta dal 2002 al 2011; dal 2003 al 2013 si sono aggiunti circa 21,8 GW di potenza da termoelettrico e circa 27 GW di potenza da eolico e fotovoltaico.
A questo punto sorge spontanea la domanda: perché nuove centrali quando abbiamo potenza elettrica in eccesso? E perché ci si chiede con sempre maggiore insistenza in Amiata e nella provincia di Grosseto – non solo da parte dei Comitati ambientalisti o di operatori economici direttamente coinvolti ma da settori e strati sempre crescenti dell’opinione pubblica – costruire decine di impianti industriali – siano essi geotermici, eolici, fotovoltaici – in territori da sempre votati all’agricoltura di qualità e al turismo? La domanda non è retorica ed è rivolta a istituzioni precise: Regione Toscana e Provincia di Grosseto, l’una promotrice, oltre che dei vari protocolli di intesa con l’Enel, dell’accordo con la Rete geotermica dell’aretino Gori per fare 10-15 centrali geotermiche sull’Amiata e dintorni, l’altra promotrice di un “Distretto delle energie rinnovabili” nei territori di competenza. La richiesta di sempre maggiori quantità di energia e la necessità di un ampliamento e della differenzazione delle fonti, è stata risposta frequente ma poco convincente, e lo è ancor meno alla luce delle precisazioni di Del Monte.
In crescita, non solo nei comitati e nei forum ambientalisti, il numero di chi pensa che se si togliessero gli (a questo punto inspiegabili) incentivi alle “rinnovabili” (e su questo termine ci sarebbe da discutere), nessuno penserebbe di costruire questi impianti – costosi e poco produttivi, a detta anche di molti “addetti ai lavori” – in Amiata, in provincia di Grosseto e in nessuna altra parte d’Italia. Sarebbe insomma il facile profitto assicurato dal famigerato decreto Berlusconi del 2010 sulla liberalizzazione – o deregulation, secondo altri – della ricerca geotermica ad attrarre tante aziende.
Ultima considerazione di certi movimenti ecologisti: “il profitto arriva dalle nostre bollette, cioè dalle nostre tasche, grazie ai politicanti di tutti gli schieramenti, del tutto indifferenti ai disastri che provocano. L’ultimo paradosso, la ciliegina sulla torta, è che il 70% delle aziende che producono energia cosiddetta rinnovabile in Italia non sono italiane. Quindi i soldi delle nostre bollette finiscono fuori del nostro paese. Cornuti e mazziati, come si diceva una volta…” (Fonte QualEnergia 9/10/2014).