ROMA. Pronuncia di grande interesse in materia di tutela ambientale quella con la quale il Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2016, n. 3059) ha respinto il ricorso della Saras s.p.a. contro la sentenza T.A.R. Sardegna, Sez. II, 2 ottobre 2015, n. 1057, che a sua volta aveva respinto il ricorso contro la dichiarazione di improcedibilità emessa dal Servizio Valutazioni Ambientali (S.V.A.) della Regione autonoma della Sardegna quale drastica conclusione della procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) relativa al progetto di perforazione esplorativa per la ricerca di gas naturale a due passi dallo Stagno di S’Ena Arrubia.
Con le basi giuridiche su cui poggia e i richiami legislativi cui rimanda, la pronuncia segna una pagina giurisprudenziale importante per una migliore salvaguardia non solo delle coste della Sardegna e per le ricerche e per l’estrazione di fonti energetiche di natura fossile – che ne costituiscono l’oggetto specifico – ma per tutto il Bel Paese. In pratica sono state accolte le argomentazioni della Regione autonoma della Sardegna, del Comune di Arborea e dell’interveniente associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, con una ampiamente argomentata gamma di motivazioni. Andando oltre gli aspetti propri della sentenza, Il Consiglio di Stato fa giustizia della tesi secondo cui “la valutazione di impatto ambientale negativa non possa fondarsi su aspetti diversi da quelli propriamente ambientali”, differenziando le materie “ambiente” e “paesaggio”.
Il massimo consesso di Giustizia amministrativa stende un vero e proprio sintetico compendio del tema: “sul piano definitorio ambiente e paesaggio sono concetti fortemente compenetrati, al punto che il secondo costituisce l’aspetto visibile del primo. ‘Paesaggio’’ indica «la morfologia del territorio», cioè «l’ambiente nel suo aspetto visivo» (cfr. Corte cost., 21 ottobre 2011, n. 275; 22 luglio 2009, n. 226, 30 maggio 2008, n. 180; 7 novembre 2007, n. 367; 5 maggio 2006, n. 182 e 183; 14 dicembre 1993, n. 430; 11 luglio 1989, n. 391; 30 dicembre 1987, n. 641). Entrambi rappresentano profili strettamente connessi della salvaguardia della preesistenza del contesto naturale e si correlano a esigenze primarie dell’individuo, trovando ciascuno un fondamento costituzionale nell’accezione ampia di tutela del paesaggio (art. 9), per la complessità dell’ambiente in combinazione con quella della salute (art. 32)”. E ancora: “a questo riguardo, è da richiamare la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale espressasi con riguardo all’art. 9 o al riparto di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni nella materia della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», enumerata alla lett. s) del secondo comma dell’art. 117 Cost. (tra le altre si ricordano – oltre le già citate – le sentenze 23 marzo 2012, n. 66; 23 giugno 2008, n. 232; 30 maggio 2008, n. 180; 6 febbraio 2006, n. 51)”. La stessa giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che nell’ambito della valutazione di progetti aventi impatti ambientali, enti e amministrazioni pubbliche competenti “siano titolati ad esprimere il loro giudizio anche su profili di carattere paesaggistico”.
Non si tratta solo del riconoscimento del ruolo e delle competenze degli enti amministrativi territoriali quali voce delle popolazioni e delle compagini sociali in esse rappresentate, in primis di quelle impegnate nella difesa del territorio, per tutelare ambiente e contesto economico-sociale minacciati. Molti osservatori di consolidate esperienze giuridiche vi vedono un’evoluzione e un adeguamento al dettato costituzionale, finora poco o nulla seguito, nonostante il suo alto profilo, dettato che, primo caso nella storia, pone la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico tra i principi fondamentali della Stato (art. 9), stabilendo nel contempo precisi limiti (art. 41) a un certo tipo di sviluppo e all’iniziativa economica privata, che, è bene ricordarlo, non è completamente libera, non potendosi svolgere in contrasto con l’utilità sociale, o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”, come ricordato recentemente anche da alcuni sindaci più attenti e sensibili.
Pronunce come questa del Consiglio di Stato forse sarebbero state impensabili solo qualche tempo fa, in un momento di prevalenza della produzione dell’energia su ambiente, paesaggio, territorio e dell’arroganza della speculazione energetica rappresentata da pretesi beneficatori. Sono passati dall’entrata in vigore della Costituzione ben 68 anni e siamo su alcuni argomenti ai primi timidi inizi della sua applicazione, tanto per ricordare che prima di pensare a modificarla sarebbe il caso di attuarla. Intanto prendiamo atto della pronuncia che costituirà un importante precedente per casi analoghi che si dovessero presentare. E sicuramente si presenteranno …