La revoca di una decisione presa dalla Pubblica amministrazione è legittima se fondata sul malumore della popolazione
di Fabrizio Pinzuti
RIETI. Importante non solo in sé ma anche e soprattutto per le prospettive che apre sul piano della giurisprudenza, la sentenza del TAR del Lazio depositata lo scorso 8 settembre. Chiamati ad esprimersi su una controversia tra il Comune di Borgorose, in provincia di Rieti, e una ditta privata che si era vista prima assegnare poi revocare l’incarico della cremazione dei defunti, i giudici hanno rilevato nella delibera con cui il comune revocava il bando “alcuni profili inerenti una nuova valutazione dell’interesse pubblico” vale a dire “la manifestazione da parte della popolazione del comune della contrarietà alla realizzazione dell’opera e l’interesse primario, dunque, a rispondere ai bisogni manifestati dalla stessa popolazione”. Per il tribunale “tale motivazione rende prevalenti le ragioni di opportunità della nuova scelta, con conseguente conferma della qualificazione del provvedimento in termini di revoca”.
Non si è discusso insomma di correttezza o meno di procedure amministrative o di cavilli burocratici; l’importanza della sentenza va oltre il costituire un precedente inusitato perché potrebbe inserire nella giurisprudenza il concetto per cui una delibera può essere revocata anche a gara assegnata e addirittura a lavori iniziati. La sentenza del TAR, oltre ad essere corretta sul piano formale, reca una novità importante: per la prima volta si dice con chiarezza che la revoca della decisione presa dalla Pubblica amministrazione è legittima se fondata sul malumore della popolazione. Si deve naturalmente trattare di un malumore diffuso e non solo dei soluti rumori della piazza o dei soliti gruppi che ostentano lo snob delle deformazioni e delle sofisticazioni.
Non si possono dare interpretazioni troppo estensive della sentenza, ma è chiaro che essa fa pesare in maniera e in misura diversa dal passato la volontà popolare espressa in termini ampi. Come afferma in una conversazione con Formiche.net Massimiliano Atelli, magistrato di lungo corso per anni in servizio al ministero dell’Ambiente e profondo conoscitore della materia degli appalti, “non si deve e non si può decidere “contro” la volontà popolare, ma il Paese neppure può permettersi che gli enti locali si rimangino troppo spesso decisioni già prese di fronte, talora, a minoranze rumorose”. Anche la giustizia amministrativa riconosce comunque che l’interesse pubblico non può prescindere dal parere dei cittadini, quando essi sono cittadinanza attiva. Per il magistrato Atelli “il punto è politico: occorre offrire strumenti ad un decisore politico in forte crisi di fiducia, anzitutto in se stesso. Il principio base che andrebbe introdotto con legge, in modo chiaro e lineare, è quello del ‘parliamone prima’ che comporta disponibilità e capacità di ascolto preventivo della comunità, per sapere prima, e non dopo, se è d’accordo o no”. Si ripropone insomma il tema della necessità di un diverso rapporto con i cittadini sia da parte delle amministrazioni pubbliche che di soggetti privati. Se i rapporti con i cittadini fossero impostati in maniera più aperta, anche in sintonia con la direttiva 42 del 2001 della Comunità Europea che invita gli amministratori a consultare e informare i cittadini nel caso di opere che presentano un impatto ambientale, probabilmente molti casi di proteste e opposizioni sarebbero mitigati, e altri forse sarebbero riconsiderati dai proponenti, dato che a volte anche grandi opere vengono approvate prima di una seria valutazione di impatto ambientale. Ma quello dell’elusione e dell’inosservanza delle disposizioni emanate dalla Comunità Europea, anche in tema di diritti del cittadino e di ambiente, è argomento che meriterebbe una trattazione più ampia e dettagliata.
Una diversa considerazione dovrebbe trovare anche il cosiddetto effetto “Nimby”, acronimo di Not in my back yard, non nel mio giardino; non è detto che costituisca sempre una malattia o una sindrome diffusa di egoismo o di personalismo, come suggerirebbe l’acronimo; talvolta la sua valenza è sociale e non presenta solo aspetti e risvolti negativi. Geotermia. rigassificatori, Tav, Tap – il gasdotto che porterà in Italia il gas dall’Europa orientale sul quale si sta combattendo da mesi una battaglia per quel fazzoletto di terra che dovrebbe ospitare il terminale del gasdotto – potrebbero trovare risposte nuove.