Incontro all'Università per spiegare i molteplici progetti sostenuti dall'Onu
Di Max Brod
SIENA. “In un clima di grande difficoltà, soprattutto nel passare dalla pratica all’azione, il nostro primo dovere è fare chiarezza per convincere i nostri contemporanei”. Così esordisce il Principe Alberto II di Monaco nell’aula magna dell’Università di Siena, riferendosi agli sforzi che le Nazioni Unite stanno facendo per sensibilizzare i governi del mondo sul tema del disequilibrio sociale ed ambientale. L’occasione è l’incontro “Il Mar Mediterraneo. Biodiversità e crescente inquinamento: quali prospettive”, evento che vede protagonista Siena come coordinatrice di tutti i paesi del Mediterraneo aderenti a MED Solution, il progetto di studio del nostro “mare comune” dal punto di vista della eco-sostenibilità. MED Solution si inserisce poi nel programma delle Nazioni Unite SDSN (Sustainable Development Solution Network), un network internazionale ed indipendente nato con l’obiettivo di individuare soluzioni per lo sviluppo sostenibile, appoggiato, tra gli altri, dalla “Fondazione Principe Alberto II di Monaco”.
Il Sindaco Valentini ha introdotto il convegno con i saluti di rito e alcune considerazioni di carattere globale: “Siamo ad una partita decisiva: la trasformazione di un sistema di sviluppo che non funziona più. Un sistema che dovrà fare propri i principi della totale eco-sostenibilità”. Principi che, assicura il Sindaco, saranno linee guida per il progetto di Siena Capitale Europea della Cultura nel 2019. Poi conclude: “Poco fa un professore mi ha chiesto di creare una grande parete di verde in uno degli immobili architettonicamente più discussi della città, abbiamo dato la nostra disponibilità”.
Il rettore Angelo Riccaboni, che è membro – insieme al Principe di Monaco – del Leaderchip Council di SDSN, ha illustrato i punti programmatici del MED Solution: inquinamento, energia, il ruolo dell’impresa e – proprio perché riguarda da vicino l’industria farmaceutica presente a Siena – i vaccini per i più poveri. Durante l’illustrazione sono inoltre scorse le immagini dello studio Plastic Buster, che l’Università di Siena ha attivato per contribuire attivamente al progetto di salvaguardia del Mediterraneo, e che ha visto anche la collaborazione del vascello Amerigo Vespucci, il cui capitano era presente alla manifestazione di oggi.
Infine la Prof.ssa Fossi (dell’Università di Siena) ha illustrato nel dettaglio il progetto Plastic Busters, che nasce dall’esigenza di salvaguardare il Mediterraneo rispetto agli impatti antropici, e punta a misurare lo stato di salute del Mare rispetto, appunto, alla plastica che l’uomo produce e riversa in acqua: una quantità aumentata esponenzialmente, se si pensa ai soli sacchetti di plastica, passati da 0 unità (1970) a 500 mln di unità (2011). Scopi del progetto: formare in primis un network (più di 30 istituzioni hanno appoggiato il progetto), valutare quali e quante sono le plastiche inquinanti del Mediterraneo, mappare lo stato di salute del Mare rispetto alle plastiche. Il progetto – che ha già raggiunto risultati qualificati – prevede l’istituzione di un’imbarcazione che faccia una lunga “crociera” nel Mediterraneo: tre mesi per verificare l’inquinamento lungo tutte le coste, grazie ad una nave che sarà anche “casa”, ospitando i ricercatori di tutto il mondo per condividere la problematica dell’eco-sostenibilità e dei “marin litter”, i rifiuti marini. Si potrebbe dire, scherzando, che per realizzare il progetto di tempo ce n’è: “Una bottiglia di plastica può sopravvivere fino a 450 anni in mare” spiega la Prof.ssa Fossi; un dato inquietante, che in realtà rende urgente il correre ai ripari, e fa apprezzare l’importanza e il valore etico di Plastic Buster.