Studio sulle politiche e sui costi
di Fabrizio Pinzuti
SIENA. Competitività delle imprese UE, tra il mito del caro energia e quello dell’innovazione. Questo il tema affrontato su QualEnergia del 13 marzo 2014 dallo studioso Luca Bergamaschi. E’ fantasia l’elevato costo dell’energia. Le ‘ambiziose’ politiche climatiche ed energetiche sarebbero responsabili dell’aumento dei prezzi in Europa. Uno sguardo rapido ai fatti mostra che questa osservazione è più mito che realtà. Le industrie ad alta intensità energetica hanno dichiarato privatamente ai loro azionisti che il portabandiera della politica climatica europea, ovvero il sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas serra, non rappresenta una minaccia per le loro operazioni nell’UE. Analisi della Commissione Europea supportano questa posizione: uno studio recente sui costi e prezzi dell’energia mostra che le tasse e imposte per il finanziamento delle politiche climatiche ed energetiche sono l’elemento più piccolo dei prezzi dell’energia nella maggior parte degli Stati Membri. Inoltre per la maggior parte delle imprese i costi dell’energia non sono un motivo di preoccupazione perché rappresentano solo una quota minima dei costi totali.
In Germania, per esempio, più del 90% delle imprese manifatturiere spende meno del 2% del reddito per l’energia. Solo per alcune industrie ad alta intensità energetica, come l’industria cantieristica, chimica e dell’acciaio, i costi dell’energia superano il 6% del reddito. Tuttavia queste industrie corrispondono solo al 2% dell’economia tedesca e la maggior parte non paga gli oneri per le fonti rinnovabili attraverso ampie detrazioni fiscali. Le concessioni che il governo tedesco offre a queste industrie sono cresciute del 20% nel 2014 per un ammontare totale di 5,1 miliardi di euro. Ciò che in realtà sta trascinando in alto i prezzi dell’energia sono l’aumento dei prezzi globali dei combustibili fossili e la crescente dipendenza dell’UE dalle importazioni fossili. Dal 1990 a oggi i prezzi del petrolio e del carbone sono aumentati del 60 e del 35% rispettivamente, trainati dalla crescente domanda energetica delle economie emergenti. Tra il 1990 e il 2011 la domanda cinese è aumentata del 75% ed è in continua crescita. Allo stesso tempo l’Europa sta aumentando la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, passando dal 40% nel 1990 al 54% nel 2011.
Nel 2012 l’Europa ha speso più di 500 miliardi di dollari solo per il petrolio. Ciò di cui invece l’Europa ha bisogno per proteggere la competitività delle sue imprese è la valorizzazione della competitività industriale in un mondo globale in continuo affollamento e che ha fame di risorse naturali, basata su un approccio del ‘fare più con meno’ che crea nuove opportunità di business e accresce competitività e produttività delle industrie europee. Secondo la IEA (Agenzia Internazionale Energia) il modo migliore per proteggere l’industria dall’aumento dei prezzi dell’elettricità è attraverso una più ampia promozione dell’efficienza energetica: produrre di più diminuendo il bisogno di energia in modo da gestire e controllare i costi totali.
Come mostra uno studio recente di Climate Strategies, c’è un potenziale enorme, per lo più inutilizzato, per investire nell’adozione di tecnologie che riducono il fabbisogno energetico delle imprese e migliorano l’efficienza energetica delle operazioni e degli impianti industriali esistenti. Tuttavia la IEA riconosce che senza un’azione mirata dei governi per incoraggiare le imprese a mobilitare gli investimenti necessari, anche quando questi si ripagano da soli, il potenziale economico per migliorare l’efficienza energetica e generare nuove entrate non sarà sfruttato. Analogamente, l’OCSE calcola che nel caso di una robusta implementazione delle misure di efficienza energetica il profitto dei settori del ferro e dell’acciaio dell’UE aumenterà dello 0,5% nel 2035 grazie ad una migrazione della produzione dai paesi meno sviluppati verso l’Europa a fronte della riduzione dei costi di produzione. L’attuale politica europea orientata a fissare gli obiettivi climatici ed energetici al 2030 offre l’opportunità di guidare le imprese con successo attraverso la nuova era dell’economia sostenibile e proteggerle dai rischi che l’aumento dei costi dell’energia pone. Per avere successo la comunità industriale europea non ha bisogno di importare la rivoluzione ma di iniziare la propria.
SIENA. Competitività delle imprese UE, tra il mito del caro energia e quello dell’innovazione. Questo il tema affrontato su QualEnergia del 13 marzo 2014 dallo studioso Luca Bergamaschi. E’ fantasia l’elevato costo dell’energia. Le ‘ambiziose’ politiche climatiche ed energetiche sarebbero responsabili dell’aumento dei prezzi in Europa. Uno sguardo rapido ai fatti mostra che questa osservazione è più mito che realtà. Le industrie ad alta intensità energetica hanno dichiarato privatamente ai loro azionisti che il portabandiera della politica climatica europea, ovvero il sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas serra, non rappresenta una minaccia per le loro operazioni nell’UE. Analisi della Commissione Europea supportano questa posizione: uno studio recente sui costi e prezzi dell’energia mostra che le tasse e imposte per il finanziamento delle politiche climatiche ed energetiche sono l’elemento più piccolo dei prezzi dell’energia nella maggior parte degli Stati Membri. Inoltre per la maggior parte delle imprese i costi dell’energia non sono un motivo di preoccupazione perché rappresentano solo una quota minima dei costi totali.
In Germania, per esempio, più del 90% delle imprese manifatturiere spende meno del 2% del reddito per l’energia. Solo per alcune industrie ad alta intensità energetica, come l’industria cantieristica, chimica e dell’acciaio, i costi dell’energia superano il 6% del reddito. Tuttavia queste industrie corrispondono solo al 2% dell’economia tedesca e la maggior parte non paga gli oneri per le fonti rinnovabili attraverso ampie detrazioni fiscali. Le concessioni che il governo tedesco offre a queste industrie sono cresciute del 20% nel 2014 per un ammontare totale di 5,1 miliardi di euro. Ciò che in realtà sta trascinando in alto i prezzi dell’energia sono l’aumento dei prezzi globali dei combustibili fossili e la crescente dipendenza dell’UE dalle importazioni fossili. Dal 1990 a oggi i prezzi del petrolio e del carbone sono aumentati del 60 e del 35% rispettivamente, trainati dalla crescente domanda energetica delle economie emergenti. Tra il 1990 e il 2011 la domanda cinese è aumentata del 75% ed è in continua crescita. Allo stesso tempo l’Europa sta aumentando la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, passando dal 40% nel 1990 al 54% nel 2011.
Nel 2012 l’Europa ha speso più di 500 miliardi di dollari solo per il petrolio. Ciò di cui invece l’Europa ha bisogno per proteggere la competitività delle sue imprese è la valorizzazione della competitività industriale in un mondo globale in continuo affollamento e che ha fame di risorse naturali, basata su un approccio del ‘fare più con meno’ che crea nuove opportunità di business e accresce competitività e produttività delle industrie europee. Secondo la IEA (Agenzia Internazionale Energia) il modo migliore per proteggere l’industria dall’aumento dei prezzi dell’elettricità è attraverso una più ampia promozione dell’efficienza energetica: produrre di più diminuendo il bisogno di energia in modo da gestire e controllare i costi totali.
Come mostra uno studio recente di Climate Strategies, c’è un potenziale enorme, per lo più inutilizzato, per investire nell’adozione di tecnologie che riducono il fabbisogno energetico delle imprese e migliorano l’efficienza energetica delle operazioni e degli impianti industriali esistenti. Tuttavia la IEA riconosce che senza un’azione mirata dei governi per incoraggiare le imprese a mobilitare gli investimenti necessari, anche quando questi si ripagano da soli, il potenziale economico per migliorare l’efficienza energetica e generare nuove entrate non sarà sfruttato. Analogamente, l’OCSE calcola che nel caso di una robusta implementazione delle misure di efficienza energetica il profitto dei settori del ferro e dell’acciaio dell’UE aumenterà dello 0,5% nel 2035 grazie ad una migrazione della produzione dai paesi meno sviluppati verso l’Europa a fronte della riduzione dei costi di produzione. L’attuale politica europea orientata a fissare gli obiettivi climatici ed energetici al 2030 offre l’opportunità di guidare le imprese con successo attraverso la nuova era dell’economia sostenibile e proteggerle dai rischi che l’aumento dei costi dell’energia pone. Per avere successo la comunità industriale europea non ha bisogno di importare la rivoluzione ma di iniziare la propria.