Disastri irreversibili all'orizzonte, nessuno vorrà pagare le spese di recupero e bonifica
di Lexdc
SIENA. 2400 tonnellate di carburante stivate nella nave da crociera Concordia incastrata tra gli scogli del Giglio sono una possibile emergenza ambientale di primissimo livello. Tutta l’area marina protetta del “Santuario dei cetacei” dall’isola fino alla costa dell’Argentario è in pericolo ambientale ed economico, perché si rischia pure per le prossime stagioni turistiche l’abbandono completo.
La scorsa settimana c’era stato il caso delle quaranta tonnellate di rifiuti tossici che erano stati “scaraventati” in mare dalla furia della tempesta al largo della Gorgona: tutto l’arcipelago toscano è sotto assedio che minaccia la sua distruzione per moltissimi anni a venire, forse per sempre. Sperando che le rotte “fai da te” che in tutti questi anni non sono mai state regolamentate spariscano per sempre: le navi devono fare rotte che siano lontane dalle isole per la reale protezione del Parco Marino.
L’emergenza ambientale ci deve far ricordare che simili eventi legati al naufragio di navi da crociera sono rari, ma succedono: a Santorini (Grecia) il 5 aprile 2007 affondò la nave Sea Diamond, una struttura poco più della metà della Concordia . E ancora lì giace il relitto, perché passata l’emergenza e spesi 4,5 milioni di euro solo per estrarre dalla nave il carburante, il governo greco ha dichiarato di non avere i soldi per il recupero, né le azioni giudiziarie hanno sortito alcun effetto positivo . E comunque 50 delle 400 tonnellate di carburante presenti finirono in mare causando danni. Più eclatante il caso del naufragio del portacontainer greco Rena che, incagliatosi in ottobre in Nuova Zelanda, ha ucciso almeno 20.000 uccelli marini e inquinato decine d chilometri di costa.
Sul caso Gorgona si è così espressa in un comunicato Legambiente: “Quello che non ci spieghiamo – ha aggiunto Umberto Mazzantini, portavoce di Legambiente Arcipelago Toscano – è il perché gli armatori abbiano deciso di far salpare una nave con un carico così pesante e pericoloso senza nessuna precauzione e con condizioni meteorologiche decisamente avverse. Ricordo che in quei giorni il mare era forza 9/10 e il vento di libeccio tirava fino a 120 chilometri all’ora. Su quelle motivazioni è urgente fare chiarezza perché tutta la dinamica di questa vicenda è piuttosto sospetta. Crediamo – conclude Mazzantini – che il Mediterraneo e la sua fauna abbiamo già pagato fin troppo la scelleratezza umana. Non è più tollerabile che ancora oggi avvengano simili incidenti”. Si dovrebbe procedere rapidamente a recuperare e mettere in sicurezza l’enorme quantità di catalizzatori di ossidi di cobalto finita in mare: si potrebbe compromettere in modo molto grave se non irreversibile l’ecosistema marino di tutto il Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, il Santuraio Pelagos e anche la costa maremmana.