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Geotermia: dibattito sulle centrali a ciclo binario

Una azienda propone la realizzazione di due centrali "innovative" al confine tra Lazio e Umbria

di Fabrizio Pinzuti

AMIATA. Nelle dispute sulla geotermia uno degli argomenti più dibattuti è quello relativo agli impianti per l’utilizzazione dei fluidi, impianti tra i quali quelli cosiddetti a ciclo binario sembrano incontrare attualmente il favore maggiore, soprattutto, ma non solo, per le medie e basse entalpie, perché, a differenza di quelli cosiddetti “flash” non sembrerebbero rilasciare in atmosfera sostanze inquinanti, o rilasciarne molte meno.

Geotermia Italia, che ha presentato al Ministero dello Sviluppo economico un permesso di ricerca nel 2011 e che ha avuto nel 2012 l’approvazione con avvio di procedura di VIA, prevede di utilizzare la risorsa geotermica a media entalpia nell’area nell’altopiano dell’Alfina, tra i comuni di Castel Giorgio e Acquapendente, a cavallo tra Lazio e Umbria, e spiega che gli impianti proposti, adesso al vaglio al Ministero dello Sviluppo, «saranno basati su una innovativa piattaforma tecnologica a ciclo binario, che consentirà di sfruttare serbatoi geologici a media entalpia (a bassa temperatura, intorno ai 140° C), restando ad una profondità di circa 1000 metri».

Gli impianti di produzione elettrica previsti sono due, Torre Alfina ubicato nella regione Lazio, e Castel Giorgio in Umbria e produrranno energia  elettrica con centrali a ciclo binario, che – si legge nella scheda dell’impianto – utilizzano il fluido geotermico come fonte termica per cedere calore a un fluido motore costituito da un fluido organico (diverso dall’acqua), che espandendosi aziona una turbina per la produzione di energia elettrica. Caratteristica di questo tipo di impianti è quella di utilizzare fluidi organici con una temperatura di ebollizione più bassa rispetto all’acqua. Questa tecnica permette di utilizzare serbatoi geotermici a media entalpia, che presentano temperature convenzionalmente considerate fino a 150°C e si trovano molto diffusi a una profondità compresa tra 500 e 3.000 mt. I due impianti saranno alimentati da fluido geotermico alla temperatura di 140° C attraverso due o tre pozzi che prelevano il fluido geotermico alla profondità di circa 1000 m. Il fluido cede calore che è utilizzato per generare energia elettrica, per una potenza pari a 5 MW per ciascuna delle due centrali. Dopo lo scambio termico, il fluido è reiniettato nelle formazioni di provenienza, attraverso i pozzi dell’unico polo di reiniezione che è stato previsto nel comune di Castel Giorgio, verso il quale confluiranno  le due tubazioni interrate che portano il fluido dalle due centrali. Il fluido geotermico – una volta ceduto il calore necessario alla produzione elettrica e prima di essere reiniettato nel sottosuolo – potrà essere impiegato anche per fini civili e industriali oltre a produrre altra energia elettrica sfruttando la sua pressione residua.

«Gli impianti a media entalpia – spiega  l’azienda – garantiscono elevati standard di tutela ambientale e paesaggistica: la produzione non prevede emissioni in atmosfera di fumi, vapori o altre sostanze, essendo basata su un circuito chiuso a ciclo binario; non ci sono rischi per le falde acquifere, grazie alla predisposizione di sistemi anticorrosione e di controllo, anche in remoto e non essendoci emissioni in atmosfera, non c’è alcun impatto olfattivo». Minimi, si afferma, gli impatti anche dal punto di vista paesaggistico, perché «gli impianti pilota avranno dimensioni ridotte, occupando una superficie assai inferiore rispetto a centrali di pari capacità produttiva energetica annuale». Nessun problema neanche di natura sismica «come più volte dimostrato nelle competenti sedi tecniche» spiega l’azienda perché «non andando a modificare in alcun modo lo stato naturale del bacino geotermico, facciamo leva sulla normale e naturale attività sismica del pozzo stesso che, ripetiamo, per propria caratteristica naturale, già produce costantemente, da millenni, micro sismicità». Ad ulteriore garanzia, tutela e tranquillità per la popolazione dell’Alfina, sarà  affidato all’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ente terzo e “super partes”, il costante monitoraggio e controllo, rispetto all’attività sismica, dell’intero territorio con la conseguente pubblicazione dei dati. Geotermia Italia indica anche quali saranno i vantaggi ambientali e le opportunità economiche ed occupazionali per i territori sedi d’impianto. La realizzazione dell’impianto pilota consentirà di non emettere 20.000 t/anno di anidride carbonica e prevede la possibilità di cedere calore a utenze dei comuni di Castel Giorgio e Acquapendente,  di realizzare il teleriscaldamento di centri abitati e fornire calore per uso industriale ed artigianale oltre che turistico prevedendo la realizzazione di piscine termali. E’ inoltre previsto il versamento del 4% del valore dell’impianto (pari a circa 1,5 milioni di euro) al comune di Castel Giorgio, su cui l’impianto insiste oltre alle quote annue stabilite per legge, sulla base della produzione. Riguardo all’occupazione l’azienda indica che in fase di allestimento e costruzione dell’impianto, potranno essere circa 50 le risorse locali impegnate, mentre a regime saranno  circa 20-25 le persone occupate in pianta stabile per cui saranno predisposti specifici percorsi formativi.

 Non sono dello stesso avviso gli ambientalisti, che sottolineano le conseguenze nefaste per il territorio. «Una valanga di osservazioni contrarie (ben 40 osservazioni negative), sono arrivate da tutto il territorio coinvolto: privati, associazioni, decine di comuni umbri e laziali, la Provincia di Viterbo, la Regione dell’Umbria gli ambientalisti e poi grandi preoccupazioni vengono sempre più manifestate da deputati e da esponenti delle regioni Umbria e Lazio. In queste osservazioni molto preoccupate vengono sollevate fondate argomentazioni – sostenute da esperti e con dati scientifici – connesse alla sicurezza dei cittadini, alla deturpazione dei territori, al possibile inquinamento dei bacini idrici, al forte rischio sismico, ai gravi impatti sul lago di Bolsena».

Proprio sulle centrali a ciclo binario si è fermata l’attenzione del vulcanologo e scienziato Andrea Borgia, chiamato di recente dal Ministero dell’Ambiente degli USA in qualità di ricercatore al Lawrence Berkeley National Laborator, per lavorare su progetti geotermici, proprio per i suoi studi sull’Amiata. In base alla sua esperienza diretta Borgia afferma che “le centrali, tipo le attuali di Enel, ormai riescono a farle praticamente solo in Italia; Enel avrebbe dovuto già da molti decenni realizzare le centrali a ciclo binario che sono certamente molto più “environmental friendly” di quelle a “scarico libero” ed a “flash” nel campo geotermico! Le centrali attuali, invece, sono talmente inquinanti ed obsolete che tutte le società di geotermia che operano in Toscana propongono anche per l’Amiata centrali a ciclo binario! La tecnologia utilizzata attualmente in Amiata è in assoluto la forma più inquinante di produzione di energia elettrica, dannosa per l’ambiente e per la salute…”. Su quelle a ciclo binario il vulcanologo afferma che ce ne sono “di vario tipo e dipende molto dal posto dove vengono realizzate. Non si può fare di tutt’erba un fascio. Per esempio relativamente alle risorse idriche superficiali, se vengono sviluppati campi profondi (oltre circa i 2000 m) e si utilizza una depressione dell’acquifero (depressione che deve essere misurata rispetto a quella anteriore allo sfruttamento) molto bassa (in genere 3 massimo 5 bar), con prelievo da pozzo centrale tramite pompa di profondità e reiniezione in almeno tre punti circa 500-1000 m ai lati della zona di prelievo alla profondità del serbatoio (quindi tutto dalla stessa piazzola) anche con ulteriore acqua di ricarica (spesso viene utilizzata l’acqua delle fogne dei paesi), l’impatto sulla risorsa idrica superficiale dovrebbe essere praticamente nullo (questo non vuol dire che non debba essere valutato). Ma questo tipo di sfruttamento, mentre potrebbe essere redditizio direttamente per le persone che hanno bisogno di riscaldamento e di energia elettrica, non so quanto possa essere redditizio per un’impresa dedita solo a far soldi… Da un punto di vista tecnico presenta in ogni caso molte problematiche da risolvere legate alla precipitazione dei sali ed alla essoluzione dei gas… Per la parte idrica, queste sono le questioni da esaminare in un progetto. Dato che la depressione del sistema idrotermale è la causa maggiore di danni ambientali in genere, agendo come sopra si riducono (non si eliminano) praticamente anche tutti gli altri impatti (subsidenza, sismicità, ecc.). Rimane in ogni caso il problema dei sali e dei gas. Che se ne fa? Vengono immessi additivi (solventi, acidi?) per mantenerli in soluzione?”. Insomma par di capire che una centrale completamente sicura ancora deve essere pensata. Il mondo è bello perché è vario.

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