Arresto a freddo, ma gli ecologisti hanno molto da contestare al governo nipponico
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di Lexdc
SIENA. Già contestata da Greenpeace e altre associazioni ecologiste l’ultima notizia diffusa dal governo giapponese sulla centrale di Fukushima: il primo ministro nipponico Yoshihiko Noda ha affermato che “i reattori danneggiati della centrale nucleare sono in stato di “cold shutdown”, cioè in arresto a freddo. Il governo giapponese e la Tepco (gestore dell’impianto) avrebbero così messo sotto controllo i reattori di Fukushima rispettando il calendario approvato ad ottobre, che fissava il raggiungimento di questo obiettivo entro la fine del 2011. Seconda fase completata”. La prossima fase prevede la dismissione del sito nucleare, con la completa messa in sicurezza del cantiere per procedere allo smantellamento dei reattori, Il governo avrebbe fretta di dimostrare che la situazione sia in via di miglioramento, rivedendo le zone vietate e le ordinanze di evacuazione, senza tenere in giusta considerazione i livelli ancora alti di radioattività presente in molte aree dell’isola. E infatti batte il tasto Greenpeace: “le autorità giapponesi sono chiaramente ansiose di dare l’impressione che la crisi sia giunta al termine”, dichiara Junichi Sato, direttore dell’associazione in Giappone “ma questo non riflette chiaramente la realtà. Invece di usare i media per alzare una cortina di fumo per nascondere il fallimento negli aiuti alle persone che vivono con le conseguenze del disastro, la priorità del governo dovrebbe essere quello di garantire la sicurezza pubblica e iniziare la chiusura di tutti i reattori nucleari in Giappone”. E rincara la dose affermando che “Tepco non ha raggiunto realmente l’arresto a freddo, quindi né la società né il governo dovrebbe rivendicare che il lavoro è quasi finito. Materiale radioattivo sta ancora fuoriuscendo dal sito e non è dato sapere lo stato esatto delle tonnellate di combustibile fuso all’interno dei reattori. Decine di migliaia di tonnellate di acqua altamente contaminata si trovano ancora nei reattori e negli edifici che contengono le turbine, con perdite in mare avvenute anche la settimana scorsa. La costante minaccia radiattiva posta dal disastro nucleare di Fukushima rimane enorme”. “Moltissime persone – continua Sato – sono ancora a rischio per le radiazioni causate dal disastro senza ricevere adeguato supporto. A distanza di nove mesi coloro che hanno visto le proprie case e città contaminate dalle radiazioni sono ancora in attesa di aiuto da parte del governo e dei risarcimento di Tepco. Finora solo trentacinque case sono state decontaminate, delle migliaia colpite nella città di Fukushima. Le analisi più recenti effettuate da Greenpeace mostrano come ci siano ancora molti punti della città di Fukushima contaminati e che gli sforzi di decontaminazione sono stati finora inadeguati”.
Intanto sulle coste dello stato di Washington negli Usa e di British Columbia in Canada stanno cominciando ad arrivare i primi materiali portati va dallo tsunami del marzo scorso dal Giappone. Gli esperti stimano che tonnellate di detriti arriveranno sulle coste americane nella prossima primavera, una massa incalcolabile che potrebbe variare di consistenza da 5 a 100 milioni di tonnellate. La televisione giapponese Nhk ha intervistato il presidente della Nuclear Regulatory Commission statunitense Gregory Jaczko, che ispezionerà domenica mattina il sito di Fukushima per la prima volta dal giorno del disastro. “La pulizia del materiale radioattivo è difficile e può richiedere decenni”, ha affermato Jaczko; “la dichiarazione di arresto a freddo è una tappa importante del processo di bonifica. Tutto il settore nucleare mondiale è interessato ad avere le informazioni più dettagliate sulle condizioni dei reattori. Le decisioni successive delle autorità nipponiche saranno molto importanti”.