Uno studio della Iea spiega come puntare sulle rinnovabili
di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. Che non solo in Italia ma anche in molti altri paesi manchi una vera e propria politica energetica basata sulle energie alternative, ecocompatibili e rinnovabili, e che il peso delle lobby, non solo sotto il profilo dell’efficienza e dell’efficientamento energetico, rappresenta un’ulteriore divaricazione tra Nord e Sud della terra e produce ulteriore ingiustizia nei confronti dei più poveri, lo ha denunciato, con toni pacati ma fermi e senza atteggiamenti savonaroliani, anche Papa Francesco, con argomenti che travalicano ogni anacronistica e assurda divisione tra laici e cattolici, pur partendo dalla tradizione francescana del creato come dono di Dio.
Sul piano prettamente scientifico ed economico un’ulteriore conferma arriva dall’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) nel suo nuovo World Energy Outlook Special Report on Energy and Climate Change, redatto in vista della Cop 2, ossia della conferenza internazionale sul clima che si svolgerà a novembre a Parigi. Secondo lo studio le emissioni mondiali potrebbero iniziare a calare già nel giro di 5 anni, senza costi aggiuntivi, tagliando i sussidi dei governi alle fonti fossili, evitando di costruire nuove centrali a carbone e puntando su rinnovabili ed efficienza energetica.
Il dossier si apre con po’ di dati incoraggianti: l’intensità energetica mondiale si è ridotta del 2,3% nel 2013 e perfino la Cina ha ridotto le emissioni pro-capite e la carbon intensity, cioè il rapporto tra emissioni di CO2 legate all’energia e il Pil. Con queste premesse – è il messaggio incoraggiante del report – il picco delle emissioni legate all’energia potrebbe essere raggiunto con un anticipo di 10 anni rispetto a quanto previsto negli scenari elaborati finora e necessari a contenere il riscaldamento globale entro i 2 °C dai livelli preindustriali. Affinché ciò accada però i governi devono impegnarsi su 5 linee di azione:
- Ridurre progressivamente l’uso delle centrali meno efficienti e fermare le nuove realizzazione
- Eliminare entro il 2030 i sussidi al consumo di energia da fossili
- Ridurre le emissioni di metano nell’estrazione di gas e petrolio
- Aumentare l’efficienza energetica nell’industria, nell’edilizia e nei trasporti
- Aumentare gli investimenti in rinnovabili dai 270 miliardi del 2014 a 400 miliardi l’anno nel 2030.
A proposito dei sussidi alle fossili, nel documenti troviamo dati interessanti, riassunti nella mappa qui sotto. Ad oggi, si spiega, l’11% delle emissioni mondiali legate all’energia avviene in mercati dove c’è un prezzo della CO2 e il 13% delle emissioni è legato all’energia fossile a consumo sussidiato. Mentre il prezzo medio della CO2 è di 7 $ a tonnellata, la media degli incentivi impliciti è di ben 115 $/ton.
Se i governi seguissero le indicazioni della IEA ci sarebbe un distacco netto tra crescita economica ed emissioni di gas serra. E queste, come detto, inizierebbero a calare entro la fine del decennio e al 2030 si potrebbe registrare una riduzione della carbon intensity del 40%. Al momento, alla luce degli impegni comunicati dalle varie nazioni – Intended Nationally Determined Contributions (INDC) – che il report analizza nel dettaglio, non riusciremo a fermare l’aumento delle emissioni nemmeno al 2030 e non avremmo la correzione di quella “traiettoria” necessaria per centrare l’obiettivo dei 2 °C. Per questo motivo l’Agenzia, in vista di Parigi, invita a tagli della CO2 più ambiziosi che siano monitorati e rivisti ogni 5 anni e ad abbinare all’obiettivo sul clima un obiettivo specifico di lungo termine sul taglio delle emissioni. (Fonte QualEnergia del 15.6.15).