Si sta preparando una risposta di cui conosciamo qualche stralcio, emerso nell'ultima assemblea di SOS Geotermia
di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. In una nota stampa del 17 agosto scorso, da noi pubblicata, a firma di Riccardo Clementi, addetto di Enel Green Power alle relazioni con i media territoriali, si ricorda, contro “sedicenti esperti di cicli geotermici” favorevoli al ciclo chiuso a emissioni zero e contrari alle emissioni libere in atmosfera delle centrali “flash” dell’Enel, “il primato ambientale e tecnologico della centrale di Bagnore 4, in Amiata, e, con esso, anche il livello di eccellenza di Enel Green Power e del know how italiano nel settore della geotermia a livello mondiale”. Si specifica che “l’impianto di Bagnore 4 utilizza le migliori tecnologie disponibili per il tipo di fluido presente nel serbatoio geotermico di Bagnore. La geotermia toscana, infatti, è caratterizzata da fluidi geotermici con elevata percentuale di gas che impediscono l’applicazione del ciclo a reiniezione totale del gas. Questa affermazione è suffragata dal fatto che non esistono nel mondo impianti a reiniezione totale che utilizzino fluidi con percentuali di gas maggiore dell’1% … Enel Green Power ricorda di aver brevettato, realizzato e attivato in tutti i 34 impianti geotermici della Toscana gli impianti AMIS (Abbattimento Mercurio e Idrogeno Solforato) e, per le centrali di Bagnore, anche un innovativo impianto di abbattimento ammoniaca che, indipendentemente dalla percentuale di gas, consentono di abbattere quasi totalmente i gas incondensabili cosicché dalle torri di raffreddamento esce per oltre il 99,4% esclusivamente vapore acqueo e CO2 carbon free, su cui sono in corso innovativi progetti pilota per l’utilizzo della CO2 estratta e catturata a fini alimentari”.
Anche in un recente convegno svoltosi a Cernobbio, di cui abbiamo pubblicato i resoconti ufficiali redatti da Geotermia News, l’Enel ha ribadito di rappresentare “un leader mondiale indiscusso nell’energia geotermica: è l’unico operatore in grado di coprire l’intero ciclo del progetto, dalla fase di esplorazione alla costruzione e gestione degli impianti. Caratteristiche maturate in Toscana – a Larderello prospera ancora il più antico complesso geotermico del mondo -, dove la storia della geotermia industriale è nata e prosegue da oltre 100 anni”. Con queste credenziali l’Enel si presenta come soggetto attivo nel processo di decarbonizzazione in corso. L’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace ha commentato che l’azienda “è in prima linea nel processo di profondo cambiamento che sta vivendo il settore. Riconosciamo pertanto l’importanza di politiche che rispondano in modo efficace al rapido progresso tecnologico, e di modelli che promuovano l’innovazione come base per uno scenario d’investimento macro-economico stimolante … con una forza lavoro altamente qualificata e con capacità tecnologiche e di ricerca”.
Sappiamo che i comitati ambientalisti stanno preparando una risposta articolata, della quale conosciamo qualche importante stralcio, emerso nell’ultima assemblea di SOS Geotermia, che qui di seguito in sintesi anticipiamo.
Quella tecnologia che l’Enel dice di aver progettato, realizzato e attivato da sola nei propri impianti, senza far cenno a collaborazioni con il mondo scientifico, trova spesso giudizi critici, e anche negativi, proprio presso alcuni rappresentanti della ricerca. Quelli a cui i vari movimenti ambientalisti hanno dato credito non sono “sedicenti esperti di cicli binari”, come li definisce il comunicato stampa di Enel GP, ma ricercatori e professori universitari, che hanno scritto le loro conclusioni, riprese dai movimenti, nelle più autorevoli riviste internazionali. Questi scienziati potrebbero anche aver sbagliato, ma esponendosi alla verifica della ricerca tecnico/scientifica, mettendoci la loro firma e la loro faccia, appaiono più credibili di chi si sottrae al confronto e ostenta fiducia e sicurezza nel proprio operato, non sempre cogliendo la complessità dei dati forniti da istituti di alto profilo scientifico, come nel caso dei dati sanitari sull’eccesso di mortalità rilevato in Amiata, in cui l’andamento storico è stato confuso con il confronto all’attualità tra i dati attesi e quelli verificati.
Con ogni probabilità confluiranno nel documento dei comitati di prossima pubblicazione anche posizioni del movimento ambientalista note da tempo ma che i rilievi di Enel GP hanno fatto tornare a galla. Ecco una sintesi di queste posizioni. Anche ammesso che le emissioni delle torri di raffreddamento delle centrali siano costituite per il 99,4% da vapore acqueo e anidride carbonica, come afferma l’Enel, nel restante 0,6% sono contenuti anche i peggiori veleni per l’uomo e per l’ambiente, in quantità irrisorie rispetto alle emissioni totali delle centrali ma elevatissime e pericolosissime per la loro nocività e tossicità, sia come elementi singoli, sia nei loro effetti sinergici. Secondo i dati diffusi e validati dall’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPAT) le centrali amiatine emettono notevoli quantità di sostanze e metalli quali arsenico e mercurio – classificati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come cancerogeni di prima classe – ammoniaca – precursore dei PM5 e PM10 secondo gli scienziati Basosi e Bravi, secondo i quali peraltro le emissioni delle centrali geotermiche sono più inquinanti e climalteranti di quelle a carbone con l’aggiunta dell’assurdità che godono di incentivi “carbon free” pagati dai contribuenti nelle bollette elettriche – radon ecc.
L’Enel sorvola su altri aspetti e conseguenze dell’attività geotermica, quali sismicità indotta, subsidenza, abbassamento e contaminazione della falda idropotabile in un monte che dà da bere a circa700.000 abitanti di Toscana e Lazio, argomenti questi su cui più volte, anche in conferenze pubbliche, si è fermata l’attenzione del geologo e vulcanologo Andrea Borgia. Anche qui, come riportato in una pubblicazione di SOS geotermia, con il doppio assurdo che, deroga dopo deroga, prima si è bevuta per anni – e forse per decenni – acqua con livelli di arsenico anche cinque volte superiori a quelli ammessi dall’OMS, poi una volta imposto dall’Europa l’obbligo del rispetto dei parametri, il costo per l’istallazione e la manutenzione degli abbattitori di arsenico nella rete idrica viene posto a carico dei soli utenti.
