E non era stato ancora nominato ufficialmente...
di Lexdc
SIENA. E alla fine, il grande oncologo ha gettato la spugna. L’arzillo ultraottantenne che si era fatto irretire dalle sirene berlusconiane passando armi e bagagli alla poltrona di presidente dell’Agenzia nucleare italiana per realizzare la seconda era di centrali elettriche alimentate con l’uranio, molla la presa. Si è dimesso curiosamente, ancor prima di aver ricevuto il decreto di investitura formale! Una breve lettera al governo: “Mi sono dimesso da qualche cosa che era nato asfittico e non ha mai preso forma”, tanto che nel frattempo si era dimesso dal Parlamento e si era addirittura offerto di ospitare temporaneamente la sede dell’agenzia a casa sua. Nel frattempo pubblicità a gogò per raccogliere fondi per la sua istituzione nella ricerca, attenzioni e favori dall’establishment nazionale. Certo l’esito del referendum, ora per tutti scontato ma solo qualche mese fa in forse per le scelte “balneari” del governo, devono aver pesato molto sulla sofferta decisione di Veronesi. Di conseguenza l’ente non è mai decollato e addirittura è stata proposta la sua cancellazione con un emendamento in discussione al Parlamento, nella manovra economica in approvazione in questi giorni. Agenzia usa e getta. Puntualizza il professore al Sole 24 Ore: “Avevo accettato solo perche confidavo in un progetto italiano di grande respiro per lo sviluppo della fisica nucleare e delle sue applicazione nell’energia, ma non solo. Cosi? non me la sento. Non voglio certo occuparmi, nella migliore delle ipotesi, solo di scorie”.
Certo è che, dal 2009, quando Berlusconi in pompa magna decretò che grazie agli accordi presi con Sarkozy l’Italia avrebbe vissuto una seconda era nucleare, grazie ai reattori di Areva e alla joint venture Enel-Edf, le nostre istituzioni non si sono date molto da fare per far decollare il progetto. Una prova muscolare di propaganda che ha provocato una reazione popolare furibonda, che ha cancellato la nuova e inutile speculazione nel campo energetico. Ci ha creduto alla fine solo Umberto Veronesi. Che chiude così mestamente una grande carriera. E’ possibile che a ottantasei anni (è nato il 28 novembre 1925 a Milano), si possa perdere colpi e prendere abbagli. Ma che l’Italia non è un paese per giovani lo si sapeva da un pezzo.