AMIATA. Il 19 maggio scorso con il voto definitivo del Senato (170 sì, 20 no e 21 astenuti), il Ddl 1345, che introduce norme per i delitti contro l’ambiente nel codice penale, è diventato legge. Il provvedimento, promosso da quasi tutti i partiti e con particolare impegno dal Partito Democratico, dal Movimento 5 Stelle e da SEL, “è una normativa che ci consentirà di contrastare meglio la criminalità organizzata che fa affari proprio sull’inquinamento e di tutelare meglio l’ambiente da chi finora ha commesso reati rimanendo impunito”, ha dichiarato il senatore Massimo Caleo, capogruppo del Pd nella Commissione Ambiente. “Ritengo positivo, prosegue il senatore, che ci sia stata grande la consapevolezza tra le forze politiche sull’assoluta necessità di arrivare al varo definitivo della legge. E’ importante che su un provvedimento fortemente voluto da Pd e governo ci sia stato questo largo consenso”. Disastro ambientale, inquinamento ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e omessa bonifica sono previsti come reati. Il tema è già stato oggetto di attenzione sulle nostre pagine il 20 maggio e ad esse si rimanda per ogni approfondimento. Quello che qui si vuol evidenziare è che non sembrano, o non sembrano solo, schermaglie politiche le prese di posizione contro il testo approvato. Più in particolare è stato oggetto di mira da parte di Peacelink, del coportavoce dei Verdi Angelo Bonelli e dal magistrato Gianfranco Amendola, figura autorevole del diritto ambientale italiano, l’articolo 452 del decreto che recita: “chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni, costituendo disastro ambientale l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”. Tutto ruota sull’inserimento dell’avverbio “abusivamente” che sancisce il principio che un disastro ambientale è tale solo se “cagionato abusivamente”.
Fa notare Antonia Battaglia su Micromega del 19 maggio che “un reato ambientale, secondo la norma, sarà tale solo se sarà stato compiuto al di fuori delle norme. Ma nel caso in cui uno stabilimento industriale, una discarica o altro soggetto inquinante fossero provvisti di un’autorizzazione a produrre e a funzionare, non sarebbero abusivi e non potrebbero essere giudicati per disastro ambientale. Con l’approvazione del decreto, prosegue la Battaglia, la salute dei cittadini e l’ambiente passano in secondo piano rispetto ai diritti garantiti agli inquinatori, protetti da autorizzazioni e quindi non abusivi. L’esistenza del delitto ambientale dipenderà, infatti, esclusivamente dalla concessione autorizzativa di tipo amministrativo”. “È evidente, aggiunge in proposito il magistrato Amendola, che punire solo chi cagiona abusivamente un disastro o un delitto di inquinamento rilevante, significa accettare che possa essere lecito o, addirittura, autorizzato un disastro ambientale (con morti, devastazioni ecc.), che non sia però abusivo”. In altre parole basterebbe una semplice amministrazione amministrativa a far cadere ogni ipotesi di reato, indipendentemente dalle conseguenze, fossero anche disastro ambientale. “La legge approvata il 19 maggio, commenta ancora la Battaglia, rappresenta una norma di salvataggio per chi ha inquinato, causato malattia e morte come a Taranto (lo dicono le perizie del Tribunale) e per chi continuerà a farlo, a Taranto come altrove”. Altro punto contestato della legge è la definizione di disastro ambientale come “alterazione irreversibile dell’ecosistema”, “senza che i concetti di “compromissione” e di “deterioramento” dell’ambiente stesso siano ulteriormente definiti, lasciando così ampi margini d’interpretazione. Secondo la Battaglia “l’astrazione della definizione di reato ambientale e il lavoro di ricognizione scientifica che il testo chiama in causa fanno presupporre che il reato sarebbe ipotizzabile solo dopo lunghi anni di studio e di ricerca, visto che per dichiarare “irreversibile” un danno ambientale, si dovrebbe aver già provato a ripristinare la situazione antecedente all’inquinamento, attraverso una serie di tentativi di bonifica e di decontaminazione. Come si misura il danno irreversibile secondo la norma? E perché ci deve essere uno sconto della pena importante per ravvedimento operoso?” Fanno eco a queste considerazioni gli appunti degli comitati e dei forum ambientalisti che notano e fanno notare che secondo questa riforma, o controriforma, “l’Eni, che è stata capace di essere autorizzata a riusare le ceneri di pirite dalla Regione Toscana non sarà più condannabile! E neppure l’ENEL in Amiata!”.