L'europa ci chiede il rilancio delle rinnovabili
Di LEXDC. SIENA. In materia energetica, fortissime tenaglie si sono strette intorno al governo Berlusconi in questi giorni. La tragedia di Fukushima ha azzerato la salivazione di tutti i nuclearisti italiani e le velleità affaristiche di Marcegaglia e C. sulla realizzazione della seconda era nucleare italiana, che perfino Tremonti aveva definito fondamentale per la ripresa economica del Bel Paese. Dall’altra parte le nuove preoccupazioni espresse dalla Comunità Europea, che vede nel ritardo del ripristino degli incentivi sulle energie rinnovabili un problema che non consentirà all’Europa di centrare gli obbiettivi già stabiliti per i prosimi anni. Perciò nel giro di due giorni il governo ha cambiato di 180 gradi la percezione dei problemi, istituendo prima una moratoria di un anno sul nucleare, che nelle intenzioni del ministro Romani dovrebbe “narcotizzare” il prossimo referendum e far riflettere sulle inesistenti tecnologie “sicure” che nemmeno in Francia, paese dove sarebbero state inventate dalla multinazionale pubblica Areva (logico che Sarkozy cercasse per lei buoni affari), nessuno crede più che esistano. Dall’altra consideriamo che gli incentivi sul fotovoltaico e le rinnovabili in genere erano veramente esagerati (tanto le pagano i cittadini nelle voci e sottovoci della bolletta Enel per permettere gli affari oscuri sull’eolico come denunciato da Report e sul geotermico che rinnovabile non è) al punto di far uscire allo scoperto la lobby del cemento (e ce ne va tantissimo, di cemento, nella costruzione di una centrale nucleare, mentre in un tetto fotovoltaico non ce ne va per niente) che stima il sovrapprezzo in bolletta pari a 20 milioni di euro. Bella cifra, comunque bazzecole, quisquilie, pinzillacchere: vorrebbero farci spendere 7/8 miliardi di euro pubblici (stima attuale, salvo imprevisti) nella costruzione di una centrale nucleare per risparmiare loro 200 milioni di euro in dieci anni! E allora il governo ha tirato fuori il decreto sul Quarto Conto Energia sulle Rinnovabili che si può riassumere così: “saranno aiutati i piccoli impianti, le centrali solari costruite su discariche e per risanare zone molto degradate come gli stabilimenti abbandonati o i terreni contaminati. Incentivi a chi investe in ricerca e innovazione. Invece, un freno agli investimenti puramente speculativi mirati ad arraffare quanti più contributi possibile”. Speriamo sia vero, in un mese e mezzo lo Stato aveva distrutto l’unico settore economico nazionale in vera e forte espansione, sarebbe ora che si facesse una vera “programmazione” e si ripartisse.
Sono un po’ calate in questi giorni le notizie sul disastro giapponese, ma sappiamo che la situazione resta gravissima e, per una fascia importante di area della prefettura di Sendai, si prospetta la desertificazione nucleare del territorio per molti secoli. Ad esempio, nell’ultimo mese gli abitanti della città di Namie, al di fuori della zona di evacuazione iniziale, sono stati esposti a 17.000 microsieverts, circa 1,7 Rems, cioè 17 volte il livello annuo consentito negli Usa per gli esseri umani che non lavorano in un impianto nucleare. Gli abitanti di Namie sono in lista di attesa per essere trasferiti in 4 diverse città entro aprile. Si attendono anche studi che riescano a misurare la reale radioattività delle acque marine, che sembrano compromesse e di cui non si conosce la pericolosità e l’espansione negli oceani. Eppure il Giappone era considerato il paese nucleare più affidabile del mondo, ma anche lì nel nome del Dio Denaro molte spese indispensabili erano state procrastinate sine die e adesso si raccolgono i cocci. Ora stanno cercando di inventarsi un programma di stabilizzazione che dovrebbe portare nel giro di alcuni mesi sotto controllo tutti i reattori della centrale di Fukushima, ma il danno a livello 7 (il massimo) è già stato raggiunto. Il conto da pagare è salatissimo e la Tepco non sembra in grado di poterlo sostenere: finirà tutto sulle spalle dei cittadini, quindi pensarci bene con il nucleare! L’ente governativo Ispra, in Italia, continua il monitoraggio della radioattività e il bollettino del 18 aprile recita: ”I valori riscontrati non hanno alcuna rilevanza dal punto di vista radiologico e sono tali da non costituire alcun rischio di tipo sanitario”. E’ così anche nel resto dell’Europa dalla Lettonia alla Grecia, con l’evidente eccezione di località come Sellafield e La Hague dove insistono le principali attività nucleari europee. Fra una settimana ci sarà l’anniversario dei 25 anni dal disastro nucleare di Chernobyl in Ucraina. E dopo così tanto tempo arriva anche l’allarme che il “sarcofago” in cui avevano rinchiuso col cemento il reattore, non sia più in grado di mantenere. Col pericolo che nuove irradiazioni possano distruggere addirittura tutta l’Ucraina. Un comunicato della Fondazione Akhmetov di Kiev dice che “Il problema della sicurezza nucleare è una questione di vita o di morte dal quale dipende il futuro dell’Ucraina. Bisogna regolarli prioritariamente. Una cupola di confinamento deve essere costruita al di sopra del quarto reattore”. Ecco la differenza tra un terremoto e un disastro nucleare: nel primo caso non possiamo farci niente e passa subito, nel secondo avremmo potuto evitarlo e le conseguenze le paghiamo per secoli. Anzi le pagano i nostri pronipoti, senza averne avuto alcuna colpa.